La torre nera La torre nera

La torre nera

Letteratura straniera

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Epilogo del viaggio di Roland e del suo ka-tet alla Torre Nera. Riuscirà il pistolero a salire fino all'ultima, angusta stanza in cima alla Torre? Riuscirà ad avere ragione del suo diabolico figlio Mordred e del malvagio Re Rosso? Cosa troverà nell'ultima stanza?



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La torre nera 2023-12-07 15:02:42 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    07 Dicembre, 2023
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Roland si arrabbia con King... E allora Jon Snow?

Il mio percorso verso la Torre Nera non era decisamente cominciato nel migliore dei modi: un primo libro poco convincente, due più validi a livello narrativo ma decisamente lenti e datati, e un interminabile flashback che avrei ridotto di qualche centinaio di pagine; anche le novelle midquel non mi avevano fatto gridare al miracolo. Però ho perseverato, arrivando in primis ad affezionarmi ai protagonisti, ma anche a leggere finalmente dei volumi meglio ritmati, nei quali tutto il world building precedente trova motivo d'essere. Sono quindi approdata con moderato entusiasmo alla prima pagina de "La Torre Nera", curiosa di scoprire se la conclusione si sarebbe dimostrata all'altezza di questa gargantuesca saga.

Ad aprire il volume è la nascita di Mordred, già parzialmente raccontata ne "La canzone di Susannah", poi si passa a narrare di come il ka-tet di Roland tenta di riunirsi nel Medio Mondo, non prima di aver messo al sicuro la rosa nella Manhattan del Mondo Cardine. Una volta superate queste prime difficoltà, i protagonisti sono chiamati a fermare i Frangitori imprigionati nel Devar-Toi -che da decenni stanno picconando mentalmente i Vettori-, ma non sarà questa l'ultima prova da superare per arrivare alla Torre Nera; molti altri ostacoli si pongono sul loro cammino, in entrambe le realtà tra le quali si muovono.

Questo aspetto mi ha lasciata spiazzata: davo per certo che arrivati a questo punto della serie saremmo andati più spediti verso la risoluzione finale, invece la missione di partenza viene continuamente interrotta da quest secondarie e digressioni su personaggi di contorno. Da un lato questo rende ancora più intrigante il già corposo world building della saga, ma dall'altro rallenta il buon ritmo che si era consolidato nei due volumi precedenti. Diventano poi più evidenti che mai gli elementi di retcon ai quali ricorre King per creare collegamenti ai quali dubito avesse pensato vent'anni prima; potremmo però dare una giustificazione a questo aspetto se pensassimo alle tempistiche di pubblicazione della serie.

Non ho apprezzato neppure l'eliminazione fin troppo rapida di personaggi molto importanti: non farò nomi per evitare spoiler, ma si tratta di caratteri ai quali era stato dedicato parecchio spazio nei precedenti volumi, quindi non mi aspettavo proprio venissero tolti di mezzo tanto velocemente. Il problema più evidente riguarda però le scene che il caro Stephen ha scelto di includere in questo volume, e penso in particolare all'intera prima parte, che avrei preferito leggere come finale de "La canzone di Susannah": si sarebbe così dato un maggior senso di conclusione a quel libro, ed al contempo alleggerito un poco questo mattone!

Ma bando alle lagnanze, e passiamo invece agli aspetti positivi. Innanzitutto mi sono piaciute molto le scene multiprospetiche, dal sapore quasi cinematografico, che riescono a dare dinamismo alla storia e nel contempo mostrano dei punti di vista inaspettati; viene infatti dato parecchio spazio ai POV degli antagonisti, palesando come spesso non siano individui puramente malvagi ma mirino soltanto al proprio benessere, mentre Roland ed il suo ka-tet sono pronti a sacrificare qualunque cosa (e chiunque) per impedire il crollo della Torre. Un altro espediente intelligente è quello del foreshadowing, che permette di creare una forte aspettativa nei confronti di alcune scene più emozionanti.

Trovo che l'autore abbia svolto un lavoro inappuntabile per quanto riguarda l'evoluzione dei personaggi principali, che crescono rimanendo però fedeli alla propria caratterizzazione; penso in particolare a Roland, che all'inizio della saga faticavo ad accettare come protagonista, e pur non adorandolo ancora alla follia riesco di certo a capire meglio la sua prospettiva, e credo abbia fatto enormi passi in avanti rispetto a "L'ultimo cavaliere". E nonostante molti siano rimasti delusi, io voglio includere anche il finale tra i punti di forza: penso sia la conclusione perfetta per il tipo di storia che è stata costruita in questi otto libri; il suo retrogusto dolceamaro non sarà per tutti i palati, ma non si può negare che fosse l'epilogo inevitabile.

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La torre nera 2016-09-06 15:32:36 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    06 Settembre, 2016
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"Quale prossima volta? (ah-ah)"

Lieve Spoiler.

E alla fine Roland alla Torre Nera giunse.
Settimo (oppure ottavo se consideriamo La Leggenda del Vento, inserito a posteriori da King fra il quarto e il quinto volume) e ultimo capitolo.
Mi sono accostata con il consueto misto di aspettative (come andrà a finire?), timori (perderò qualcuno di amato? Cosa farò “dopo”?) e angosce (non mi manderà tutto in malora all’ultimo libro, vero?).
King ci fa soffrire (molto), inventa un altro buon numero di personaggi geniali, mette su carta idee strepitose e scrive – forse – l’unico finale possibile (?).
Joe Collins, Irene Tassenbaum, i Frangitori, Patrick Danville. Mordred.
La "fine” di Walter e del Re Rosso.
Jake e Roland che vanno a salvare Stephen King.
Stephen King che ricambia il favore con un post-it contro il vampiro psichico che permette a Susannah di salvare Roland dalla più risibile morte che un pistolero può fare.
Un bambino che disegna la realtà. Letteralmente.
Una Torre che alla fine è qualcosa più che familiare.
E con un Roland che – se possibile, e sembrerebbe di no – ne esce più solo e disperato di quando è entrato.
E un piccolo (ma piccolo) palpito di speranza finale.
Non so dire di più senza spoilerare ulteriormente.

Fra l’altro King questo finale non lo voleva scrivere. O meglio, non voleva farcelo leggere. In effetti aveva messo insieme una sorta di “happy end” per gli altri personaggi e aveva lasciato il pistolero ai piedi della Torre dicendo “va bene, per me finisce qui… se proprio vuoi gira pagina per il finale.”
Tutte le riflessioni sui finali di King sono buone e giuste:
“I finali sono senza cuore.
Un finale è una porta chiusa che nessun uomo può aprire.
Io ne ho scritti molti, ma soprattutto solo per la stessa ragione per cui la mattina prima di uscire dalla camera da letto, mi infilo i calzoni: perché è il costume del paese. (…)
Quella cosa che chiamiamo lieto fine non esiste.
Non ne ho mai trovato uno che fosse alla pari di «c’era una volta».
I finali sono senza cuore.
Finale è solo un sinonimo di addio.”

Tutto vero, buono e giusto, ma io non ci ho neppure pensato a non leggerlo.
So che questo finale ha “spaccato” i fans, io sono del gruppo che lo ha apprezzato.
E molto.
Non solo per il finale in sé, ma perché mette a posto anche quelle due o tre note stonate di Roland che ancora non mi suonavano nonostante il lungo flashback della Sfera del Buio.
Adesso sì.
Ora suona proprio bene, il pistolero.
Non c’è Conan Doyle, non è Sherlock Holmes, non siamo in pieno positivismo, d’accordo. Ma c’è una logica, una coerenza, una speranza.
Davvero un’esperienza grandiosa.

[PS Le note sono sette, i sentimenti umani una manciata etc etc.
Però. Ultima stagione di Doctor Who, 11° episodio – Heaven Sent (Mandato dal Cielo) – forse che il buon Moffat un occhio alla Torre lo aveva per caso buttato?
Per altro ha fatto pure bene, mica è un caso che il Dodicesimo sia il mio Dottore preferito].

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