La casa dei silenzi La casa dei silenzi

La casa dei silenzi

Letteratura italiana

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"Mi chiamo Pietro Gerber ma qui a Firenze, dove vivo da quando sono nato, tutti mi conoscono come l'addormentatore di bambini. Sono un ipnotista, come lo era mio padre, e con l'ipnosi aiuto i bambini a elaborare traumi e a superare paure e fobie. Non sembrerebbe, ma il mio è un mestiere pericoloso. Perché la mente dei bambini è un labirinto ed è facile smarrirsi e non riuscire più a tornare. Forse è proprio questo che sta succedendo a Matias. Ha nove anni e da tempo ha un sogno ricorrente. Da troppo tempo. Ormai Matias ha paura di addormentarsi, perché in sogno gli fa visita qualcuno che non dovrebbe esistere. Una donna dall'aria triste e vestita sempre di scuro e che non parla mai. La signora silenziosa abita i suoi sogni come uno spettro, come una presenza inquietante che tracima nella realtà. Non dovrebbe essere nient'altro che un sogno, ma allora… Allora perché sento che la signora silenziosa è reale? Allora perché sento nel silenzio il ronzio di un immenso sciame di insetti? Allora perché sento che perfino la mia casa, vuota e solitaria, è infestata da fantasmi? E se la storia della signora silenziosa fosse ancora tutta da scrivere… Come la mia? Mi chiamo Pietro Gerber, sono l'addormentatore di bambini, e di colpo ho paura di dormire. E ho ancora più paura di stare sveglio."



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La casa dei silenzi 2025-02-06 14:40:54 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    06 Febbraio, 2025
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Chi non dorme, si rivede...

«Il giorno in cui il destino ti busserà sulla spalla ti sembrerà uguale a tutti gli altri. Il monito che suo nonno le ripeteva quando era piccola assomigliava tanto a un antico proverbio africano. Forse per questo, da quando era arrivata a Pakali, lei ci pensava ogni mattina. Fin da bambina, Erica De Roti non sopportava l’idea di essere sorpresa dalla sorte o di trovarsi impreparata davanti alle giravolte dell’esistenza. Per cambiare questa sua attitudine aveva deciso di intraprendere un viaggio alla fine del mondo. A trentacinque anni voleva provare a diventare fatalista. Dopo aver trascorso un gelido Natale a Firenze, a gennaio si era improvvisamente ritrovata in un luogo dominato dal calore, una forza invisibile che consumava e prosciugava. Perciò il vero problema non erano i quaranta gradi di temperatura, costanti anche di notte.»

È da questo breve incipit che ha inizio “La casa dei silenzi”, ultima fatica a firma Donato Carrisi e che si dedica nuovamente al protagonista Pietro Gerber portando avanti quella che è la trilogia iniziata con “La casa senza ricordi” e proseguita con “La casa delle luci”.
L’addormentatore di bambini ancora una volta dovrà vedersela con un bambino e i suoi incubi. Le paure di quel bambino lo riporteranno a vivere altrettante paure che oscillano tra mondo dei sogni e realtà. Scopriremo dei tanti meccanismi del sonno, meccanismi che andranno ad avvalorare e arricchire la narrazione e le varie e molteplici dinamiche descritte. Questo favorirà la comprensione degli eventi e permetterà al lettore di entrare sempre più nelle varie vicende e di conoscere di tematiche di grande attualità tra cui l’universo femminile e la cronaca nera.
Matias è sconvolto ogni notte da un sogno ricorrente in cui appare una donna misteriosa. Ma può l’immaginazione prendere il sopravvento su quella che è la percezione dei fatti effettivi?

«Perciò, se ammettiamo che ognuno di noi possa avere una propria percezione delle cose, come possiamo escludere che esistano realtà che alcuni riescono a cogliere e altri invece no?»

Ne “La casa dei silenzi”, l’autore, ci propone una storia fatta di abusi, violenza, ingiustizia e paura. Ci porta anche ad essere scettici e a ricordarci che non tutto è come sembra e che la verità non è necessariamente quella che noi vediamo. Per far ciò gioca anche con l’aspetto della suggestione.
La scrittura è la canonica di Carrisi, il cerchio si apre e richiude in totale e perfetta linearità. Tuttavia, questa serie persiste ad avere qualcosa che convince fino a un certo punto. Trattiene e incuriosisce ma è anche priva di quel mordente che spinge ad andare avanti e a voler scoprire ancora e ancora.
Per quanto sia innegabile il desiderio del narratore di soffermare l’attenzione sulle dinamiche femminili e una lotta interminabile alla libertà, l’impianto narrativo è debole, un po’ scontato e anche ripetitivo. Stessa cosa vale per la forma stilistica che riprende e ricalca le stesse linee dei lavori pregressi. Difetta di originalità.
Buono negli intenti ma non completamente riuscito. Lascia con quel senso di insoddisfazione che porta a chiedersi se sia veramente opportuno proseguire e portare avanti una serie che sin dal principio ha dato molto da pensare.

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