Le incantatrici Le incantatrici

Le incantatrici

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La prima volta che Pierre Doutre vede quella incantevole ragazza bionda è al funerale del padre, il celebre illusionista noto come «professor Alberto». E un attimo dopo gli sembra di vivere in un sogno, o in un incubo: perché ne vede un'altra, identica, e pensa che sia una fata, capace di «sdoppiarsi a suo piacimento». Ben presto scoprirà che le fate sono due, ugualmente ammalianti. Di quel padre assente, Doutre imparerà il mestiere; e se diventerà famoso quanto lui sarà grazie a un numero costruito proprio sulla incredibile somiglianza tra le gemelle da colei che sembra essere la vera figura dominatrice della sua esistenza: la madre, la rapace Odette. A poco a poco, sedotto dal fascino ambiguo delle sue partner, Pierre si ritroverà invischiato in un gioco perverso in cui realtà e finzione, eros e morte, innocenza e colpa si scambiano continuamente i ruoli.



Recensione della Redazione QLibri

 
Le incantatrici 2015-08-13 19:33:54 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    13 Agosto, 2015
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Tutta la vita è un trucco

Consentitemi prima due parole sugli autori: Pierre Boileau e Thomas Narcejac, due scrittori francesi autori di una fortunata e lunga serie di romanzi polizieschi pubblicati negli anni '50 e che Adelphi ha deciso di riproporre in Italia, alcuni anche inediti proprio come Le incantatrici.
Ahimè, prima di questo, non avevo letto alcun romanzo di codesta famosa coppia della letteratura noir francese, che ha partorito capolavori quali I diabolici e La donna che visse due volte, e che a loro volta hanno ispirato registi del calibro di Clouzot e Hitchcock per le corrispondenti trasposizioni cinematografiche; anche il libro 'Le incantatrici' ha avuto una versione su celluloide, forse meno nota rispetto ai titoli prima citati, con le gemelle Kessler come protagoniste... scelta quasi inevitabile, direi, dopo aver letto la storia ed osservato la copertina.
Una breve premessa solo per descrivere meglio l'atmosfera che respirereste addentrandovi nella lettura di questo romanzo: una sensazione sfuggevole e non meglio definibile di inquietudine, di progressivo distacco dal mondo reale per sfociare in una dimensione parallela, doppia, apparentemente identica alla prima ma distinta da essa, un'immagine distorta allo specchio, una reale e l'altra surreale perchè alimentata dal subconscio dei personaggi, dalle loro ossessioni. Una realtà duplicata come le due Incantatrici, le gemelle Hilda e Greta, che danno il titolo al romanzo.
E molti potranno trovare familiare tale atmosfera perchè tipica di alcuni grandi capolavori di Hitchcock, primo fra tutti Vertigo - La donna che visse due volte.
Ne 'Le incantatrici' il protagonista è Pierre Doutre, figlio del famoso illusionista e prestigiatore dal nome d'arte "professor Alberto" e di madame Odette, sua assistente negli spettacoli oltre che manager della sua attività. Pierre trascorre i primi anni della gioventù in un collegio della Svizzera, non potendo seguire i genitori nelle loro tournee in tutta Europa, le quali avrebbero sicuramente impedito al ragazzo di completare gli studi.
Pierre sopporta a malincuore questo distacco forzato dai suoi genitori e vive gli anni della sua adolescenza nel collegio isolandosi da tutti e soffocando dentro sé stesso, in silenzio, il dolore e la tristezza che prova per la sua condizione indotta di 'orfano', praticamente abbandonato dai genitori in quel collegio essendo un ostacolo per il loro lavoro e senza il minimo interesse da parte loro per il suo disagio interiore; disagio che certo non poteva essere colmato, anzi forse solo accentuato, dalle visite sporadiche del padre.
Sin quando, poco più che ventenne, Pierre riceve la notizia della morte del padre, per un presunto infarto durante uno spettacolo. Lascia quindi il collegio per partecipare al funerale ad Amburgo, dove la compagnia degli Alberto si esibiva prima della morte del grande illusionista; ma la sua vita prende una piega del tutto inattesa durante le prove di uno spettacolo, quando rimane affascinato dall'incantevole bellezza di due donne, due gemelle perfettamente identiche, Hilda e Greta. E l'incanto che lo travolge è così intenso che decide di entrare a far parte della compagnia degli Alberto, imparando l'arte ed i trucchi inventati da suo padre, e diventando protagonista principale di un nuovo numero, una spettacolare esibizione ideata da Odette e che lo porterà ben presto ad un successo strepitoso. E alla rovina.
Non anticipo altro sulla trama, si tratta comunque di un 'giallo' ed ogni parola in più rischia di compromettere l'effetto 'sorpresa' rendendo così poco intrigante la lettura di questo romanzo.
Lettura che consiglio comunque a tutti gli amanti del genere per assaporare quell'atmosfera un pò 'vintage', consentitemi il termine, di cui parlavo all'inizio.
Perchè si percepisce facilmente la differenza con il genere noir contemporaneo: ovviamente non manca l'assassino, l'omicidio c'è così come c'è una suspence costruita sapientemente dagli autori per nascondere sino alla fine il colpevole ed il suo movente.
La differenza è proprio nel movente: in questo romanzo il movente è tutto 'nella testa' del colpevole, si scatena qualcosa nella sua mente, a livello inconscio, qualcosa di completamente imprevedibile che lo porta al gesto estremo, una follia maturata dal nulla ma che si alimenta giorno dopo giorno sino all'inevitabile esplosione.
Ed immaginate quanto sia difficile per uno scrittore basare il suo romanzo su un movente del genere, incentrare una storia sulla metamorfosi psicologica di un personaggio ed ancor più renderla credibile a chi legge, anzi quasi terrorizzarlo per quello che può emergere scandagliando in profondità le zone d'ombra della sua mente.
E' molto più complesso anche rispetto alla stragrande maggioranza dei thriller più recenti in cui il serial killer uccide in preda ad una follia omicida molto spesso generata da traumi più o meno stereotipati, come abusi sessuali, maltrattamenti, tradimenti et similia.
Ecco perchè in questo romanzo tutto si poggia sull'introspezione approfondita dei personaggi, e non solo dei protagonisti ma anche di quelli secondari, perchè ciascuno di essi può essere l'assassino e tutti contribuiscono col loro comportamento a far maturare la sua follia.
Ed i rapporti che si creano tra i personaggi sono anomali, si avverte che c'è qualcosa di sbagliato, di insano, appena accennato ma comunque percepibile.
Così quando Pierre ritrova, dopo tanti anni, la madre Odette al funerale del padre tra i due s'instaura un rapporto ambiguo, estremo e contrastante di amore-odio: odio represso che sfocia spesso in scatti d'ira verso quella madre che per tanti anni ha praticamente dimenticato suo figlio per inseguire il successo del marito, in contrapposizione ad un amore quasi morboso che invece si manifesta quando Pierre è incapace di prendere una decisione e che sembra scaturire proprio da quella lacuna di affetto materno mai ricevuto.
Analogamente, le due incantatrici Hilda e Greta sono anch'esse figure molto ambigue, a volte si ha quasi l'impressione che esistano solo nella fantasia di Pierre, che siano una sua invenzione mentale .. e questa sensazione è tanto più accresciuta dal fatto che Pierre non può mai parlare con loro perchè sono tedesche, mentre lui parla solo francese, così che i vari tentativi di dialogo si riducono sempre a dei monologhi di Pierre con se stesso...
Inoltre, la perfetta somiglianza delle due gemelle tanto da renderle indistinguibili a tutti, rende ancora più 'illusoria' ed eterea la loro figura, il loro continuo alternarsi e sdoppiarsi determina soggezione, paura e disorientamento in coloro con cui si relazionano, quasi fossero anch'esse un trucco, una magia, il risultato di un'incredibile numero di illusionismo.
Sono proprio queste sensazioni che 'incantano' il lettore, la storia ruota completamente intorno alle due incantatrici e al loro effetto deleterio su chi le circonda, determinando a volte ossessione, a volte gelosia, a volte paura.
«Nel nostro lavoro bisogna saper mentire» - dice madame Odette. «Tutto qui».

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Le incantatrici 2015-10-20 06:34:47 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    20 Ottobre, 2015
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Falso è vero

E’ un piacere conoscere Boileau-Narcejac, firma comune di Pierre Boileau e di Pierre Ayraud, detto Thomas Narcejac, scrittori francesi di romanzi polizieschi, le cui opere sono state adattate per il cinema da Alfred Hitchcock e Henri-Georges Clouzot. Questo romanzo non è un giallo, è un viola, con il blu e il rosso del pensiero complesso e della fascinazione erotica.

E’ imperdibile la storia del ventenne Pierre Doutre che, alla morte del padre, illusionista di fama, incontra il mondo circense e la madre Odette, figura triste, donna distante, arrabbiata e spaventata, dunque, esagerata e volgare.

Pierre apprende velocemente l’arte dell’illusione e del trucco, diviene un saltimbanco geniale: ha come maestri personaggi tanto infelici quanto brillanti, seduttivi, fagocitanti. Tutti mettono in scena gli opposti, il doppio e l’uguale, il diritto e il rovescio, lo specchio e la realtà, la percezione e l’intuizione.

Mordeau, Bruxelles, Parigi, Nizza: il carrozzone de diviene la nuova scuola di Pierre in scenari sempre diversi, fra realtà, immaginazione e finzione. Dalla paura dell’abbandono e dalla stanza del collegio, il giovane Pierre non uscirà mai e farà di tutto per rinchiudersi ancora.

Nella compagnia di artisti incontriamo le gemelle Greta e Hilda che rappresentano la scelta inumana di non vedersi, di non distinguersi, manichini atroci che compiono l’atto di fede quotidiano verso la propria onnipotenza. Credono davvero che la maschera sia reale e che la realtà possa farsi beffe della verità.

Come molti uomini fragili, Pierre ama da morire e, di conseguenza, ha bisogno di essere atteso, preso, trattenuto, preteso, usato. Ama da morire e ferisce, manipola, distrugge. Il doppio origina la patologia quando coincide con l’uguale e diviene salvezza solo nel riconoscimento dell’alterità. La relazione unica, libera e privilegiata, non ossessiva, è la relazione che vuole per sé e per l’altro momenti e doni esclusivi, ma non vuole l’altro in esclusiva.

L’essere umano apprende a mantenere la diversità perché sia possibile la vicinanza sana. E’ la diversità che salva lo sguardo narcisistico sull’altro - cerco nell’altro qualcosa che mi assomigli - a favore dell’incontro felice verso altri territori che sono lontani e che si svelano.

“Quale delle due? Ma in realtà sapeva benissimo che se fosse riuscito ad averne una, avrebbe immediatamente desiderato l’altra. Era l’altra che lo ossessionava, l’assente, la prigioniera, il doppio.”p.75

“Gli schiavi potranno mai smettere di essere schiavi? E’ possibile sfuggire al tormento che ti divora l’anima? Sfuggire… Per andare dove?...”p.165

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