Poesia Poesia italiana Riflessi di rugiada
 

Riflessi di rugiada Riflessi di rugiada

Riflessi di rugiada

Letteratura italiana

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Bellezza, conoscenza, speranza e terapia, così Silvano Arieti definiva il messaggio che la poesia ci dà, un messaggio che arriva dai luoghi infiniti delle fonti primarie dell'anima. Noi ci troviamo di fronte ad una "professionista" della parola che dà "voce" agli stati d'animo, alle immagini che la natura offre mediante il passaggio dall'esteriore e quello interiore che corrisponde all'idea del cosmo dove il divino e l'umano non hanno divisione. Il termine "voce" non va inteso come vagante e causale che il termine "voce" porta con sé. Le liriche dei poeti e, nel caso specifico di Maria, sono scritte con parole cercate sempre oltre il confine, nell'invisibile, ma presenti nell'immediato. (dalla prefazione di Gabriele La Porta)



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Riflessi di rugiada 2011-11-15 21:20:52 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    15 Novembre, 2011
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Flussi di coscienza

Questa raccolta di poesie è sottotitolata Cose sparse di me, che è poi il titolo della prima lirica del volume (Nubi imponenti / scavalcano rauche / le cime ondulate / e lontane. /…. / Gli errori denudano / e violentano l’anima / cose sparse di me…). Ecco, in questi versi in cui la natura è descritta così vivamente si rispecchia l’anima della poetessa, un travaglio continuo che non è urlo di dolore, bensì amara e sofferta constatazione.
La poesia di Maria Allo, a verso libero, è in effetti un tramite, uno sfogo in cui rivedersi dentro per superare quella dolenza latente che non viene mai meno (da A ridosso dell’Etna – Lasciatemi così / ch’io mi disperda tra gli angeli e le cose…/). Faccio presente che il ricorso a quei tre puntini, riscontrabile anche nella prima lirica, è quasi una forma di autodifesa. Sembra che l’autrice non voglia tanto lasciare spazio al lettore per l’eventuale completamento del verso, bensì intenda mettere un freno inibitore per non andar oltre e quasi per dirci “ io sono fatta così”.
Che la poesia in genere sia l’immagine speculare dell’anima penso sia ormai assodato, ma allora perché specchiarsi e mostrare agli altri quest’immagine, sovente indistinta? Perché la poesia è confessione, liberazione, ricerca di un ignoto contatto che non pone problemi di contrasti dialettici, ma è anche un flusso di coscienza che emerge dagli anfratti più nascosti del nostro “io”, uno sfogo portato ad altri, senza che sia necessario che subentri una dialettica, è insomma un’espressione lanciata al vento affinchè possa attecchire là dove si trovano anime feconde con cui entrare metafisicamente in contatto.
Maria Allo è naturalmente riservata e ha il timore di rivelare la sua intimità, ma ciò nonostante l’esigenza di aprirsi poeticamente la induce a esporsi, pur con il freno di non superare quel limite che il suo inconscio sentire le pone. E dato che la poesia è ricerca, si avverte, lirica dopo lirica, come quel confine astratto e inconsapevole tenda ad allargarsi, proprio perché ogni volta è una nuova scoperta di se stessa in un approfondimento che è comune a tutti gli autori e che sì questo non ha praticamente limiti ( da Postilla ai margini la vita – Quante radici appese / all’albero della vita / ciuffi d’erba strappati / agli argini del fiume / fiori d’albe e tronchi / coni d’ombra attimi di sosta / effimeri sollievi echi e folate / negli improvvisi abissi /…).
Ecco dalla genericità metaforica di questi versi, simbolo di pudore, si passa poi a quelli in cui più evidente è la diretta partecipazione emotiva di Il cielo non basta ( …/ Sono ubriaca di luce / di tanto in tanto / lungo una strada / d’incenso che nutre l’agnello / temo il ritorno e le spire / d’un mostruoso serpente /…).
Benchè il senso poetico di un autore sia sempre lo stesso, pur variando le tematiche, Maria Allo ha inteso suddividere la raccolta in quattro sezioni (ognuna preceduta da una succinta ma completa introduzione di Maria Fortunato, e da un riuscito disegno di Deborah Allo).
Troviamo così la Sezione Intimistica, in cui più direttamente la poetessa racconta di sé (Canto me un po’ zingara / un po’ recluta / planata distante / quasi a metà su questa terra /…), poi quella naturalistica, in cui il paesaggio e l’ambiente sono predominanti, ma spesso metafore esistenziali ( Che l’Estate sia qui / lo sa il mare / il suono delle onde appassionate / s’inerpica negli anfratti / tra gli scogli ascolta il passo / di fermenti inermi /…), la sezione mitologica, che risente degli influssi del passato della sua terra, miscellanea di popolazioni, espansione degli antichi greci (da Come Vestale – Solitaria mi trovo sotto il cielo / aspro di sassi e di silenzio / rugiade antiche rivoltano ferite /…) e per ultima una che è per certi aspetti affine all’intimistica, ma volge di più al metafisico, cioè la sezione anima (Io vivo nel silenzio il mare / nei respiri / sento il suo profumo / ma nell’azzurro / la tragedia / della luce / e del mistero).
E’ indubbio che quest’opera, per certi aspetti, rappresenti la “summa” della produzione dell’artista, versi nati in epoche diverse e in cui si avverte il flusso del tempo, un lento divenire che tangibilmente accompagna, in un unico filo portante, la poetica di Maria Allo, con liriche che si assestano su un livello di eccellenza, pervenendo addirittura con alcune poesie a vette ai più inaccessibili.
Mi è piaciuta, l’ho assaporata come chicchi d’uva rigogliosa colti dal grappolo, un nettare di poesia di cui ancor oggi avverto l’inconfondibile ed intenso sapore.
La lettura, quindi, è senza ombra di dubbio del tutto consigliata.

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