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Il piccolo libraio di Archangelsk
 
Il piccolo libraio di Archangelsk 2010-06-24 06:07:04 murasaki
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
murasaki Opinione inserita da murasaki    24 Giugno, 2010
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Quando, dove è la casa?



Il romanzo breve e ferocemente illuminante che simenon diede alle stampe durante il 1956, narra la vicenda ("autoreferenziale, straziante epopea del quotidiano", diceva Parise,) di un uomo la cui patria è se medesimo e non altra:

"Non solo si sentiva a disagio in casa sua , ma si sentiva a disagio nella sua pelle"

Come accade per molte altre figure dei romanzi di Simenon - e penso in particolare a Mister Hire- anche in questo caso leggiamo dell' esistenza pacifica e comune di un individuo il cui equilibrio dentro il sociale si regge su coordinate fragili, su convinzioni che puntualmente diventano una gabbia. Le donne scritte da Simenon non sono quasi mai figure positive.
Le donne servono a riordinare la casa , a mantenerla decorosa, a cucinare, a fare compagnia. non sono, bensì rappresentano.
Il protagonista del romanzo, Jonas, propone il matrimonio a Gina, una ragazza del luogo, una bella ragazza le cui forme descritte suggeriscono seduzione, carnalità, una prorompente vitalità sessuale -e nel novero è coinvolto anche il "caldo odore di ascelle" che in un certo senso sottolinea il personaggio di Gina come animale. Gina, tutti ne sono al corrente, molti ne hanno aprofittato, è una ragazza di facili costumi. Nonostante questo, o proprio a causa di questo, Jonas la chiede in moglie. Non è la passione il motivo che lo spinge a questo; o perlomeno, dichiaratamente, lui intende darle una tranquillità.
Gina accetta e la vediamo sempre più annoiata, trascurare i doveri domestici. L'immagine, anche olfattiva, di una padella non lavata ci accompagnerà per parte della narrazione diventando un motivo fondante.
Gina è una porta: se dapprima è l' elemento che lega Jonas alla società, è sempre Gina che in un cambio repentino di gioco, procura l' esilio del sociale a Jonas.
Un giorno la donna esce di casa e non vi fa ritorno. Nessuno sa dove sia andata, e Jonas dice di volerla "proteggere" dando anche a se stesso tante motivazioni. Naturalmente, la gente preferisce pensare che sia stato lui a farla sparire, per vendicarsi del comportamento di Gina. A Jonas viene rubato molto di ciò che crede di avere, identità compresa.
Gina stessa se ne va portandogli via alcuni francobolli la cui preziosità non sta nell' ufficialità e nelle carte ma in un lento e lungo lavoro di scelta. Jonas vede le cose che agli altri sfuggono, per disamore, per abitudine, per quel fiume di superficialità e fretta che porta il "valore" ad essere legato e demandato alla cifra del denaro e delle carte della burocrazia, del dogma. Sappiamo bene che è più facile seguire una regola imposta che costruire una verità. E dunque appare evidente come chiacchiera e verità siano separate da un filo sottile. Cominciano i sospetti, un poco alla volta. Un poco alla volta, la gente del luogo comincia a trattare Jonas con distanza, il dubbio e la condanna si sono già insinuati nella fragilità dei rapporti che fingono d' essere di buon vicinato.

" No, non aveva più niente da fare da nessuna parte. Non lo avevano capito, oppure era stato lui che non aveva capito gli altri, e ormai non c' era più verso di chiarire l' equivoco"

E così:

"Fu tentato, per un istante, di lasciare una lettera di spiegazione, ma era un' estrema vanità di cui ebbe vergogna e vi rinunciò"

La gentilezza di Jonas è infine rassegnazione. Quasi un martire, potremmo pensare: Il sacrificio che l' individuo compie per affermare la propria verità, la propria identità, nel non arrecare disturbo agli altri, è quasi imbarazzante nella sua pretesa di purezza. Ricordiamo che secondo Platone, l' uomo meno scaltro e definito è colui che vuole sempre andare d' accordo con tutti.
Ma Jonas (e pensiamo a Giona nel ventre della balena,) è grato alla gente, si sente onorato del saluto; si illude che sia un saluto affettuoso e gode nel venire riconosciuto. C'è in lui una amichevole mancanza di fretta e la conseguente illusione che la spiegazione dei "fatti" permetterà il ritorno all' equilibrio precedente la sparizione di Gina.
Nessuno dichiara apertamente che lui sia il responsabile e il colpevole ma tutti alludono e ammiccano sgradevolmente a quei "fatti" che altro non sono che il diritto di dire qualcosa rimanendo distaccati e sordi all' indiscrezione delle domande tanto spesso più simili a interrogatori.
Nelle ultime pagine del romanzo, l' intervento di una figura di donna, illude anche noi lettori, per un attimo (noi lettori, noi spie, noi che crediamo di sapere come sono andate veramente le cose, essendo stati messi in condizione di poter guardare l' anima di jonas) che la vicenda potrà avere un finale positivo in cui tutto sarà finalmente spiegato e la figura di Jonas riabilitata agli occhi del mondo. Questo improvviso personaggio dichiara di conoscere dove Gina si trovi e:

"Jonas ringraziò ancora e, una volta rimasto solo, si sentì più disorientato che mai, come capita ai detenuti quando, riaquistata la libertà dopo anni, non sanno che farsene"

Per un istante, come la scia di un boomerang che non colpisce il bersaglio, noi aneliamo un finale che renda giustizia al piccolo libraio; ma è solo un attimo, la brevità di una immagine urbana e famigliare o che tale avremmo voluto fosse.
Il finale è angosciante e al contempo ovvio: se Jonas andasse alla polizia, resterebbe comunque il fatto che nessuno ha pensato nè creduto alla sua innocenza. Non la donna che gli rivela dove si trova Gina, poichè non conosciamo il suo movente, in realtà.
Nè i vicini di casa, coloro che prima lo salutano cordialmente poi sembrano evitarlo dichiarandone "strano" il comportamento.
Jonas comprende in un attimo che nessuno l' ha accettato; lui è un estraneo, anzi, lui è estraneo ai meccanismi dell' ipocrisia, del tacito consenso che domina il sociale. La sua purezza, la sua coscienza, il suo non saper venire a patti e accettare di fare un po schifo come gli altri, lo portano, infine, alla stessa ventura definitiva, la stessa che vive Mister Hire ne "Lo strano caso di Mr Hire". Le ultime frasi del romanzo:

"Mr Basquin non rispose subito, perchè aveva appena visto il piccolo libraio di Archangelsk appeso al ramo del tiglio che sporgeva nel suo cortile (...) Un merlo, sbucato dall' interno della casa, si affacciò sulla porta e volò sulla cima del tiglio, dove aveva il nido"

(recensione pubblicata durante l' autunno 2008 sulla rivista online "Spigolature")

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Rashomon, Akutagawa
Il signor Hire, Simenon
Delitto e castigo, Dostoevskji
Madame Bovary, Flaubert
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