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Il miglio verde
 
Il miglio verde 2014-07-28 09:42:00 MatteoADP10
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MatteoADP10 Opinione inserita da MatteoADP10    28 Luglio, 2014
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NOI CI SIAMO STATI

Capolavoro assoluto sfornato, manco a dirlo, dal solito Stephen King. Sorprende l'idea che al momento del concepimento di quest'opera, pare che King non credesse molto nelle potenzialità di questa storia, pubblicata in più parti a mo' di serie e giudicato inadatto per essere proposto fin da subito sul mercato.

La verità è che Il miglio verde è ancora una volta diverso dai romanzi che di solito siamo abituati a leggere del maestro. King decide di cambiare registro e ci trasporta all'interno di un carcere, in prossimità di un braccio della morte. Difficile non provare sensazioni diverse fin dalla prima pagina: disgusto, orrore, indignazione, terrore, inquietudine: l'ambientazione è già da brivido. Ma non è tutto, signori miei, no, non è tutto. King piazza sulla scacchiera secondini bastardi, altri piacevoli, un protagonista(per capirci, il tizio interpretato da Tom Hanks nel film omonimo) che ci appare rassicurante e solerte e uno ... showstealer. Uno showstealer come John Coffey, signori. Un uomo di colore altissimo, un omaccione che potrebbe mangiare montagne a colazione e pianeti a pranzo. Ma anche un uomo sensibile, che ha paura del buio, che piange in solitario, che instaura un rapporto ambiguo con il protagonista. Poi King piazza un mistero: l'omicidio di due bambine. Coffey è davvero colpevole?

Come scritto nell'apertura, si tratta di un romanzo che dà molteplici sensazioni e che dunque svolge il proprio lavoro. King mescola elementi che si adeguano alla vita quotidiana con elementi mistici, soprannaturali, quasi fantastici, oserei dire. Ed è così che assistiamo a fasci di luce, sguardi penetranti che sanno di mostro, descrizioni accurate che ci fanno comprendere fin dalla prima pagina che no, Coffey non è un detenuto come tutti gli altri. Coffey non è chi dice di essere. Coffey non è l'uomo che il braccio della morte desidera.

Ci troviamo di fronte ad un capolavoro, sia dal punto di vista stilistico(per me uno dei migliori King), sia da uno puramente contenutistico. Ho apprezzato molto l'analisi psicologica di tutti i personaggi, a mio avviso creata così bene da permetterti quasi di provare a ricostruire le loro vite a ritroso. King sa quello che vuole fare: stupire, sorprendere, incutere timore reverenziale. E lo fa. Lo fa con una semplicità disarmante e spassionata, con un velo drammatico e triste. E quando chiudi il libro, pensi: "Ma è davvero un libro di Stephen King?". Te lo rigiri tra le mani, guardi la copertina e sospiri: "Sì, è suo", pensi richiudendolo in un cassetto. Ma il libro urla. Vuole essere riletto. Ora tocca a te, te la senti di precipitare nell'incubo ... ancora?

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