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Una stagione selvaggia
 
Una stagione selvaggia 2015-08-29 09:30:22 catcarlo
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
catcarlo Opinione inserita da catcarlo    29 Agosto, 2015
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Una stagione selvaggia

L’esordio di Hap e Leonard festeggia il quarto di secolo da quando un non ancora quarantenne Lansdale mandava in libreria questa brillante avventura in cui – come spesso gli succede – risultano assai più importanti l’ambientazione e i personaggi rispetto allo svolgimento della storia. Il che ha come inevitabile conseguenza che anche questo libro sia un noir assai più nella forma che nella sostanza, così che il lettore non particolarmente legato al genere è facile che apprezzi maggiormente rispetto al tifoso più o meno incallito: a quest’ultimo potrebbero non piacere i cali di ritmo dovuti alle deviazioni paesaggistiche, storiche o sociali (davvero eccessiva risulta solo la parentesi relativa ai Weathermen) e l’umorismo nero che arriva a sfiorare la caricatura - ma Soldier è un iper-cattivo da fumetti davvero azzeccato. I due protagonisti sono due reduci che si arrabattano per vivere: il primo, bianco, dalla controcultura degli anni Sessanta (con più di un tratto autobiografico intriso di disillusione, verrebbe da dire), il secondo, nero e omosessuale, dal Vietnam. Quando la fascinosa moglie del primo arriva – con un’entrata in scena da Daisy Duke di ‘Hazzard’ - a proporre dei soldi facili (o quasi), la tentazione è troppo forte e i due vanno a invischiarsi con un gruppo di pseudo-rivoluzionari per i quali recuperano un’auto e relativo malloppo dalle fangose acque del Sabine nel bel mezzo di un gelido inverno. La compagnia mal assortita e la tentazione forte sono le scintille da cui scaturiscono i tradimenti che si susseguono fino al sanguinolento finale dal quale i due protagonisti escono vivi per il rotto della cuffia. Il tutto è ambientato in un Texas cupo e assai poco attraente come le figure senza arte né parte (quando va bene) che lo abitano, così da creare una sensazione vaga eppure palpabile che sta tra l’oppressione e l’ineluttabilità, sensazione oltretutto accentuata da un’ambientazione invernale che regala pioggia, fango e freddo a volontà. Come spesso gli accade, lo sguardo fondamentalmente pessimista dell’autore che accomuna luoghi e personaggi contrasta con – ma allo stesso tempo viene riequilibrato da - quel tono in apparenza scanzonato che strappa numerose risate grazie a mirabolanti battute (spesso non il massimo in quanto a finezza) e alle situazioni esasperate, come accade nel racconto dei tuffi in un fiume gelido in cui non ci si vede nulla: la ricetta che unisce i due ingredienti darà risultati migliori negli anni seguenti, ma anche fra queste pagine regala un romanzo (non solo) di genere di notevole godibilità.

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