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Il crocevia delle tre vedove
 
Il crocevia delle tre vedove 2016-10-01 12:09:30 catcarlo
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
catcarlo Opinione inserita da catcarlo    01 Ottobre, 2016
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Noir

Sebbene non lontano da Parigi, il crocevia del titolo è un non luogo sperso nella pianura, fra campi coltivati e scialbi paesini senza personalità. Insomma, uno di quei postacci prediletti da Simenon per ambientarci le sue storie di umanità avida e degradata, quella che in questo romanzo si spartisce le tre abitazioni che si fronteggiano sull’incrocio: l’autorimessa condotta da un sanguigno ex pugile, la villetta piccolo borghese di un commesso viaggiatore e la vecchia e grande casa, segnata da una storia dai tratti orrorifici riguardo alle tre vedove originali proprietarie, dove ora abita un’algida e misteriosa coppia di fratelli provenienti dalla Danimarca. La morte di un commerciante di preziosi belga, trovato nel garage degli ultimi ma sulla macchina nuova dell’agente di commercio, costringe Maigret al trasferimento in compagnia del fido Lucas (peraltro confinato come al solito in compiti di basa manovalanza) per un’indagine che si rivela subito complicata, ostacolata com’è dal muro di finzioni messe in atto da tutti gli attori sulla scena: quelle più intricatamente complicate fanno capo a Else, la donna danese che già dal suo primo apparire non si può fare altro che etichettare come femme fatale. E’ tale l’abilità dello scrittore nel descrivere l’atmosfera e i personaggi allo scopo di evocare un clima di vera oppressione che il lettore quasi si augura che l’impasse possa durare nel tempo: quando la vicenda comincia ad accelerare verso la conclusione, l’effetto svanisce per colpa di un procedere che si fa di grana più grossa. Ci si trova davanti a un riciclaggio internazionale, sparatorie continue, tentati avvelenamenti e lotte corpo a corpo in un pozzo: un accumulo che stride con le pagine precedenti, aggravato da un paio di svolte regalate da errori degli indagati che paiono francamente inconcepibili in gente che ha architettato con sì tanta cura tutto il resto. Il finale è più noir che giallo, malgrado la classica (e lunga) spiegazione del commissario alla presenza di tutti gli indiziati: la rivelazione del colpevole è meno importante del destino dei singoli che vengono sino al termine osservati con uno sguardo che unisce ironia e pena. Nonostante le sue forzature, il settimo romanzo con al centro Maigret sa così coinvolgere in maniera sottilmente disturbante mentre Simenon si muove con sicurezza su alcuni dei suoi terreni preferiti.

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