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Palm desert
 
Palm desert 2018-11-18 16:17:21 Mian88
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    18 Novembre, 2018
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Natty, Natty Silver. Al vostro servizio...

Con “Palm desert” giungiamo al termine delle avventure dedicate da Don Winslow a Neal Carey, investigatore al servizio degli “Amici di famiglia”, un servizio privato che la “banca” di Providence fornisce ai suoi clienti e addestrato da Joe Graham. Dopo gli avvenimenti di “Nevada Connection” Neal è tornato all’università, è prossimo alla laurea, è riuscito ad ottenere un posto da assistente in quel di New York, e mancano soltanto due mesi al suo matrimonio con la bella Karen con cui convive da un paio d’anni. La chiamata di Joe non presuppone, pertanto, niente di buono. Carey lo sa anche troppo bene, tuttavia decide di accettare l’incarico che gli viene affidato in parte perché si tratta di un viaggetto fuoriporta per un paio di giorni, un viaggetto alla ricerca di un vecchietto solo e confuso di nome Nathan Silverstein, detto Natty Silver, di anni ottantasei e attualmente a Las Vegas, in parte perché spera che la sua compagna si calmi e rimandi quel desiderio sempre più impellente di diventare madre. Alla fine, si dice, si tratta solo di prelevare un anziano dalla sua camera d’albergo e riportarlo a casa a Palm Springs dalla preoccupata figlia.
Così il mattino seguente Neal si mette in viaggio a bordo della sua Jeep e raggiunta la città che ha memoria non fatica a trovare la sua preda. I troppi pensieri e l’aver sottovalutato l’incarico non lo rendono lucido tanto che non si rende conto che da un lato l’uomo che si trova davanti è molto cauto e previdente e dall’altro che le sue mosse sono tutte finalizzate al non tornare nel luogo da cui se ne è andato. E se in un primo momento l’agente ipotizza che questo dato sia dovuto al fatto che nella città delle mille luci egli ha tutto quel che desidera (dal sesso, all’alcol, al gioco), successivamente maturerà la consapevolezza che ben altro si cela dietro le sue fughe. Eh sì, perché Neal perderà l’arzillo e chiacchierone vecchietto tante e tante volte, perché c’è un motivo più che valido per non tornare a casa, un motivo talmente valido che non ammette alternative.
Quinto capitolo delle avventure dedicate a questo ben riuscito personaggio, “Palm desert” è un romanzo ben strutturato e che funziona come intreccio ma che al suo interno presenta delle incongruenze. In primo luogo non ha alcuno dei caratteri conclusivi tipici di una serie, sembra anzi al contrario che Winslow, al tempo (ricordiamo che la serie è stata scritta tra il 1991 e il 1996 ma pubblicata in Italia da Einaudi soltanto a partire dal 2016), avesse ipotizzato o avesse potuto ipotizzare di scriverne ancora, cosa ad oggi non avvenuta, in secondo luogo l’elaborato tende a giungere al suo epilogo quasi alla “tirato via” sviluppandosi e terminando in appena 178 pagine, con una caso che stona perché chi conosce Neal fatica ad immaginarselo che perde Natty e sottovaluta così un incarico e con un finale che non ci incastra nulla né con i precedenti episodi (rompe pertanto la continuità e l’equilibrio creato) né con la linea narrativa che aveva dato avvio al volume. Il personaggio meglio delineato è, tra l’altro, proprio Nathan che con la sua chiacchiera, le sue burle, i suoi indovinelli, la sua verve, le sue dipartite, tiene vivo il racconto. Tutti gli altri protagonisti, Neal compreso, sono lasciati nelle retrovie e non subiscono alcuna evoluzione e/o maturazione. Carey si rende conto di aver bisogno di uno psicologo per vincere il suo passato familiare, ma fine. Niente di più. Questo dato, tra l’altro, viene esposto in un paio di battute proprio nelle ultime due o tre pagine.
In conclusione, “Palm desert” si offre al lettore come un giallo rapido e di facile lettura, senza troppe aspettative e pretese, ma non convince come finale delle avventure di un personaggio cresciuto a New York, che ha lavorato a San Francisco, a Londra, a Hollywood e che ha passato persino tre mesi in una condizione di semiprigionia in un monastero buddhista sulle remote montagne del Sichuan, in Cina. Un epilogo, mi dispiace dirlo, parecchio fiacco e sottotono.

«A volte esci dall’acqua calda solo per saltarci dentro di nuovo. Ma forse è necessario rischiare di annegare, prima di imparare davvero a nuotare. E a volte scopri che hai qualche osso rotto e non puoi nuotare. Eppure nuoti lo stesso. Se stai annegando nel deserto, scalcia nell’acqua.» p. 178

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