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Il lungo addio
 
Il lungo addio 2023-01-29 07:51:54 cesare giardini
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    29 Gennaio, 2023
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Marlowe, cavaliere senza macchia e senza paura.

Leggendo questo romanzo di Raymond Chandler ho colmato una lacuna. Non avevo mai letto nulla di Chandler, pur avendo visto diversi film tratti dai suoi romanzi, uno de quali interpretato da un affascinante ed enigmatico Humphrey Bogart: impermeabile, cappello floscio, sigaretta, un’icona di tempi passati, che mi sembra di rivedere scorrendo le pagine di “Il lungo addio” e rivivendo le vicissitudini di Philip Marlowe, l’investigatore privato protagonista, quasi al termine di una lunga carriera, rassegnato a scomparire lentamente dalla scena pubblica, sempre lasciando cuori infranti e segni indelebili dei suoi interventi: un perdente, all’apparenza, ma sempre in grado di risolvere i casi più complicati.
Siamo poco prima della metà del secolo scorso, in una Los Angeles viva e pulsante, una città in cui convivono miliardari, boss malavitosi, poliziotti corrotti in un intreccio inestricabile di interessi. La trama è molto complessa, riconducibile essenzialmente alle vicende di un celebre scrittore, Roger Wade, che, in preda all’alcoolismo ed a comportamenti violenti nei confronti della moglie, non riesce a terminare un suo romanzo: Marlowe è chiamato in aiuto, la vicenda si complica con gli omicidi dello stesso Wade e di una sua amante, figlia di un ricchissimo possidente locale. La polizia ha fondati sospetti: la comparsa di un personaggio dato per morto ed il suicidio di una delle protagoniste porrà fine a tutta la storia, che ha in serbo, lungo il suo dipanarsi, molte sorprese. Marlowe interviene da par suo, collaborando con la polizia, resistendo (ma non sempre) alla corte di donne affascinanti e, quando occorre, mettendo ko con colpi ben assestati pericolosi ceffi della malavita. Il personaggio è fondamentalmente malinconico, ligio alla convinzione che spesso il fine possa giustificare mezzi non proprio ortodossi: conserva sempre il suo aplomb, anche dopo bevute, pestaggi, sparatorie, con l’immancabile pacchetto di sigarette e qualsiasi tipo di bevanda alcoolica a disposizione. Alcuni critici hanno voluto vedere nello scrittore Roger Wade una sorta di autoritratto di Marlowe: stessi vizi, stessi tormenti, una malinconia di fondo rivelatrice di una sostanziale insoddisfazione nei confronti della propria vita e del proprio lavoro. Quello che Wade non ha è il ferreo autocontrollo di Marlowe, in qualsiasi circostanza: gli permette di sopravvivere, in un ambiente difficile, denso di pericoli.
Il romanzo è indubbiamente un capolavoro. La scrittura, ricca di spunti ironici e di profonde riflessioni, è ottima e scorre ora lenta e maestosa , ora impetuosa e piena di slanci improvvisi, con colpi di scena e trovate geniali.
Tra le curiosità, nel cap. 13 è descritto una specie di divertente catalogo, quasi completo a mio giudizio, di bionde: della tipologia fanno parte, secondo Marlowe/Chandler, la biondina graziosa che trilla e cinguetta, la biondona statuaria che ti tiene a distanza con un’occhiataccia azzurro ghiaccio, la bionda che ti guarda dall’alto al basso, la bionda tenera e disponibile (e alcolizzata!), la biondina briosa un po’ maschiaccio, la bionda pallida languida e ombrosa, la bionda sontuosa da esposizione che sopravvive ad almeno tre boss della malavita …
Ma non è tutta rose e fiori la vita di un investigatore privato. E, a conclusione della storia, ce lo spiega bene l’autore, con un memorabile ritratto di Philip Marlowe: “… e così è trascorsa la giornata di un investigatore privato. Che cosa spinga un uomo ad accettare una vita del genere, non lo sa nessuno. Non si diventa ricchi, non capita spesso di divertirsi: a volte ti pestano o ti sparano o ti sbattono in prigione. Ogni tanto, più di rado, si finisce perfino ammazzati. Un mese sì e uno no viene voglia di mollare tutto e di trovarsi un lavoro serio, almeno finchè si è in tempo e non si mostrano i primi segni di senilità …”.
Nonostante Chandler fosse più apprezzato dagli sceneggiatori cinematografici (quasi tutti i suoi romanzi sono stati tradotti in film) che dai critici letterari dei suoi tempi, “Il lungo addio” ha vinto nel 1955 il premio Edgar Award per il miglior romanzo giallo: a testimonianza sia del valore del romanzo nel campo del giallo investigativo, sia della raffinatezza della scrittura.




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Lo sto leggendo anch'io! Avvincente! Avevo già letto di Chandler "Il grande sonno", e mi era piaciuto molto, ma devo dire che questo è più intrigante
Grazie per la tua recensione
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