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La neve era sporca
 
La neve era sporca 2023-04-29 19:11:07 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    29 Aprile, 2023
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Alla ricerca del delitto salvezza

«Sempre neve sporca, tutta quella neve che pare marcita, con tracce nere e incrostazioni di detriti. La polvere bianca che ogni tanto si stacca dalla volta celeste, a piccole dosi, come il calcinaccio da un soffitto, non giunge a coprire quel sudiciume.»

Siamo in Europa, Nord Europa. Un luogo non ben precisato, una località incastonata in quel dell’occupazione nazista. Questo almeno, ciò che si può dedurre perché alcunché è esplicitato. Protagonista di queste pagine è Frank Friedmaier, giovanotto diciannovenne, senza arte né parte, che non studia e non lavora e che trascorre le proprie giornate da Timo, un locale noto in cui si reca per trascorrere qualche serata in compagnia degli “amici”.
Lotte, la madre, è una signora piacente ma anche astuta. Ha destinato la sua umile dimora a bordello, le ragazze non devono avere che tra i sedici e i diciotto anni, e ad abitarla vi sono madre e figlio ma anche alcune ragazze che la donna desidera avere sempre a disposizione per ogni necessità.
Frank è una figura scostante, insolente, irritante, fredda, solitaria. Agisce con cinismo, è anaffettivo, prova solo rabbia e disprezzo per ciò che lo circonda e per chi incontra. Il prossimo è destinatario di volontaria cattiveria, la madre è patetica e insulsa, le ragazze del bordello sono oggetti con cui divertirsi e che mai gli si negherebbero essendo lui il figlio della padrona. E quale modo migliore per la sua iniziazione se non l’omicidio e senza ragione? Alla sua veneranda età di diciannove anni, deve pur in qualche modo entrare nel mondo degli adulti.
La madre stessa lo teme. Nota in lui atteggiamenti e sguardi intrisi di cattiveria e malevolenza, cerca di tenerlo buono e di destinargli attenzioni che però sono percepite in senso negativo tanto da infastidire il giovane uomo.
Da Timo intesse un rapporto di conoscenza con Kromer che si vanta, e senza troppo lesinare, di aver ammazzato un uomo. Da qui Frank matura la necessità di procedere con il suo di primo assassinio (vicino casa, Holst, unico testimone non per caso e non a caso) ai danni di un sottoufficiale con un lungo coltello. Non prova rimorso, non prova pietà. È impassibile. Deve contrastare la noia, dimostrare che riesce a togliere la vita a uno sconosciuto senza sbagliare, senza provare rimorso e/o pietitudine.
Tuttavia, qualcuno si innamora di lui: Sissy. Sissy, la giovanissima figlia di Holst, un uomo umile che guida i tram e che vive per questa giovane donna che se ne sta sempre chiusa in casa. Frank si accorge dell’interesse della ragazza verso di lui, si accorge del fatto che quando passa ella sbircia dalla porta socchiusa. È un’anima pura e innocente, percepisce il pericolo nell’uomo ma al cuore non riesce a comandare. Tanto ne è attratta, tanto ne è intimorita. Esattamente come Minna, ospite della madre di Frank ma di questo tanto infatuata quanto terrorizzata.

«Forse era vero: non era triste, ma non provava nemmeno il bisogno di ridere e scherzare. Restava sempre impassibile, ed era questa la cosa che sconcertava.»

Può bastare un solo crimine per sentirsi appagati? No, certo che no. L’asticella si alza, il rischio non è pervenuto. Il ragazzo si mette anche in società con Kromer e continuerà a commettere altri crimini sino ad arrivare a vendere la stessa inconsapevole Sissy. Attirata dalla prospettiva di trascorrere una notte con l’amato, ben altra sarà la sorte che la attenderà. In un certo senso quel che accadrà romperà la presunta corazza di Frank che, per quanto apparentemente imperturbabile, non fa che chiedersi come ella stia essendosi “ammalata” dopo quella notte.
Sono giorni di freddo, di neve. Nel cuore e fuori. Sono giorni in cui Frank è spavaldo, beve e si fregia di una tessera capace di addurre e apportare benefici. Sono giorni di una neve sporca, sudicia, non sinonimo di purezza come verrebbe da pensare. Un po’ come la stessa vita è, un po’ come la stessa metafora della vita ci porta a vivere. La neve per definizione è pura e candida, ma nulla vi è di puro e candido in Frank. Costui è squallido, cinico, meschino, imbruttito dal suo stesso essere. Distrugge Sissy, l’unica capace di dargli un calore che forse avrebbe potuto salvarlo in primis da se stesso.
Frank verrà tratto in arresto, verrà condotto in prigione e tra tutti i reati commessi finirà con l’essere accusato dell’unico di cui non è reo. Che ne sarà di Frank? Della sua apparente lucidità?
Come Raskol’nikov de “Delitto e Castigo” di Dostoevskij ma anche come ne “Il processo” di Kafka, siamo alle prese con un personaggio che dovrà riflettere sulle proprie azioni, che destinatario di un sentimento immeritato dovrà riflettere sul se confessare o meno i suoi veri delitti.
“La neve era sporca” è uno dei libri più complessi del Simenon non Maigret. È uno scritto psicologicamente forte, che mette il lettore davanti alla cupezza e all'oscurità, che mette il lettore davanti a tutto il gelo del periodo storico ma anche dell’anima. Maestro è Simenon, inoltre, nel definire l’ambientazione temporale senza mai esplicitarla. Ciò che più spicca è ad ogni modo la caratterizzazione psicologica del personaggio. Frank è un giovane provato dalla vita. Non è un uomo la cui morale è condividibile e che in alcun modo è giustificabile per le sue azioni ma è anche una figura che viene delineata come diciannovenne ma che istintivamente viene identificata come molto più grande, naturalmente additata di caratteristiche negative, che cresce senza padre, anaffettivo, con una madre di dubbia moralità a sua volta, con due occhi stretti a fessura da cui alcuna luce può passare e ancor meno può esservi spiraglio alcuno di bontà. Una figura che è facilmente identificabile e riconoscibile ma che trasmette anche un fondo di solitudine, tristezza pur nonostante il lettore abbia la consapevolezza di trovarsi davanti a una figura assolutamente incapace di provare emozioni perché non ne conosce. Frank è un uomo solo alla ricerca di un suo essere, alla ricerca di una figura maschile e paterna di cui sente la mancanza come un macigno, è schiacciato da una disperazione di cui non è nemmeno consapevole. Cerca una vita tranquilla e normale, un suo saper essere. Tanta cupezza che chiude il cerchio con uno spiraglio di luce nel finale. Un personaggio cioè atipico e amorale che nelle conclusioni riporta il lettore a quel briciolo di innocenza, amore e bellezza.
Un Simenon provato dal dolore per la perdita del fratello che su suo consiglio si era arruolato alla Legione, un Simenon provato dalle accuse a lui rivolte di collaborazionismo. Un Simenon che nulla risparmia, che scrive un libro nerissimo (insieme a “Il fondo nella bottiglia”), un Simenon di grande impatto psicologico e riflessivo.

«Frank non ha pietà. Di nessuno, nemmeno di se stesso. E non chiede pietà, non ne accetta (...) perché non debba un giorno aver la debolezza di provarne per se stesso.»

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Commenti

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Esaustiva recensione, Maria.
Dei libri di Simenon ho fatto una gran scorpacciata, tanto che al momento non è più tra gli autori che mi suscitano interesse.
Della trama di questo libro ho conservato solo un labile ricordo, ma lo rammento come un libro durissimo, che mi lasciò un senso di scoramento e amaro in bocca. Quando Simenon abbandonava Maigret riusciva a essere estremamente crudo e dolente, con storie tristissime nelle quali, tutto sommato, non si salvava nessuno. Però, forse, era il Simenon migliore....
Che ti devo dire più di quanto non sai, Maria! Bravissima come sempre, una bella recensione di un autore tra i più completi, una penna sublime come poche, e tu lo hai reso alla grande, come tuo solito. Chapeau!
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