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La mia Euridice
I "rumors" raccontano che il libro venne scritto dalla coppia Boileau-Narcejac già con l'intento di convincere Hitchcok ad acquistarne i diritti per farne un film. Scommessa vinta a quanto pare considerato che il regista inglese ha poi estratto dal cilindro un vero capolavoro tanto per la storia ben congegnata quanto per le innovative tecniche di ripresa. Emblematico già nel titolo, quel “Vertigo” che richiama il tema delle vertigini del protagonista, della sua paura per l’altezza che tanto avrà importanza nello snodarsi della vicenda.
Nella storia originale del libro, rispetto al film, cambia innanzitutto l'epoca di ambientazione (seconda guerra mondiale anziché fine anni ‘50) ed il luogo (la Francia con Parigi in primis e poi la città di Marsiglia al posto di San Francisco). Eppure questa scelta costituisce forse un valore aggiunto in quanto la crisi esistenziale di Flavières, il detective protagonista che si innamorerà di Madeleine, la donna che inizia a pedinare per conto del marito preoccupato, il suo tormento interiore, sembrano essere ben rappresentati dalla tragedia della guerra, da una Francia in ginocchio ed inerte di fronte all'avanzata tedesca (“La verità è che erano tutti come lui, Flavières, in bilico su un pendio affacciato sul vuoto”). Da evidenziare anche che il noir sviluppa più approfonditamente la dimensione interiore dei protagonisti, lasciando meno spazio invece all'elemento giallo e misterioso del "ritorno" di Madeleine dalla morte.
A differenza del film quindi la tensione è decisamente inferiore (anche comprensibile considerata la maestria di Hitchcok), mentre risalta l'ossessione di Flavières, che in qualche modo crea i presupposti per il finale a sorpresa (anche qui diverso dal film). Di fronte alle domande senza risposta del detective che rimane completamente disorientato ed inebetito dalla visione della nuova Madeleine (“Era lei. Come aveva potuto dubitarne?...Certo, era cambiata, invecchiata: il viso le si era appesantito...Era un'altra Madeleine, eppure era la stessa Madeleine") il lettore che non conosce la storia (beato lui mi verrebbe da dire) riesce sicuramente a empatizzare col protagonista in quanto i dubbi, i ragionamenti che si farà saranno gli stessi, così come i tentativi di dare una risposta ragionevole al mistero della donna che visse due volte.
Credo che a differenza di tanti altri casi, il film risulti indubbiamente superiore al libro, ma quest’ultimo ha l’indubbio pregio di tratteggiare una Madeleine che risulta assolutamente credibile nella sua doppiezza. Tanto che il soprannome affibbiatole da Flavières più volte durante la narrazione, che affettuosamente la etichetta come “la mia Euridice” con evidente richiamo alla tragedia greca, sottolinea chiaramente la tematica del ritorno dall’ade, del pericoloso e rischioso percorso compiuto.





























