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Alla fine non era bigamia, allora!
Ormai sono certa di poter sempre riaccendere il mio entusiasmo per la lettura con un giallo della cara Agatha: ogni volta che mi sento arenata in un libro più ostico (nel caso in questione, si trattava de "La storia di Lisey") posso ripiegare sulla sua bibliografia. Il mio rimedio in questa occasione è stato "Non c'è più scampo", l'ennesima indagine risolta dal buon Hercule, abbastanza classica nella sua struttura ma con una nuova voce narrante, oltre ad una significativa variatio in termini di ambientazione.
Lasciamo infatti la solita, nebbiosa Inghilterra e ci spostiamo in Mesopotamia, come suggerisce il titolo originale, nei pressi della città fittizia di Tell Yarimjah in Iraq. Nel vicino scavo di Hassanié il professor Eric Leidner, che è al lavoro con una numerosa squadra cosmopolita, convoca l'infermiera Amy Leatheran -ossia il nostro unico POV- per assistere la moglie Louise. La donna è fornita di un portentoso carisma, ma ultimamente sembra terrorizzata da una misteriosa minaccia, che alla fin fine si rivela molto meno immaginaria di quanto sembrerebbe in un primo momento.
L'ineffabile Poirot arriva quindi a narrazione inoltrata, e nel complesso è anche meno incisivo del suo solito, però è mi risultato abbastanza piacevole. Con la narratrice scelta va ancora meglio: impossibile rimpiangere l'adorabile imbranataggine di Hastings quando l'arguzia e l'ironia di Amy la rimpiazzano senza fatica; la sua prospettiva mi è piaciuta anche perché ricorda in più passaggi un modo di vedere la realtà molto simile a quello di Miss Marple. Lo stile è stato inoltre adattato in maniera ottimale alla personalità di questo POV, rendendolo coerente con i suoi trascorsi ed il contesto generale.
Tra gli aspetti positivi di questo romanzo ben poco pretenzioso abbiamo poi un'introduzione che motiva in modo solido il registro narrativo (trovando inoltre una chiusura soddisfacente nel finale), numerosi elementi autoreferenziali -legati al mondo dell'archeologia ma anche alle mansioni infermieristiche- che rendono più credibile la vicenda, e la scelta di una romance sulla quale una volta tanto non ho nulla da eccepire: ben bilanciata, utile all'intreccio e più che moderata nell'epilogo, dove solitamente Christie esagera un po' con il voler creare a forza tante coppiette felici.
Tenendo in considerazione la buona traduzione, l'utile elenco dei personaggi, prefazione e postfazione, in teoria anche l'edizione potrebbe essere annoverata tra i pregi; mi sembra però corretto segnalare che nelle poche pagine introduttive è stato incautamente incluso un grosso spoiler ad un altro lavoro della cara Agatha... fortuna che l'avevo già letto! Sulla risoluzione di questa indagine non vengono invece fornite informazioni di troppo, e personalmente devo ammettere che mi ha lasciata un filino combattuta. Perché se da un lato la spiegazione di Poirot non lascia interrogativi in sospeso e crea un interessante ribaltamento delle dinamiche, dall'altro mi ha dato l'impressione di essere alquanto macchinosa e non del tutto verosimile.
Il tipico monologo dell'investigatore belga porta su carta anche la mia maggiore riserva su questo titolo, oltre a sottolineare ancora una volta quanto siano incapaci le forze dell'ordine nell'universo christieano. Al di là di delle solite osservazioni degradanti più che datate sulle culture extrabritanniche (doppiamente offensive, se consideriamo l'atteggiamento predatorio dell'archeologia colonialistica), qui troviamo una palese apologia della violenza di genere; a rendere ancor più grave questo aspetto è la decisione di mettere delle simili osservazioni in bocca a personaggi molto positivi: capirei fosse il modo distorto di vedere la realtà dell'assassino di turno, ma sentire certi commenti dal "buon" Hercule mi ha davvero intristito.





























