Dettagli Recensione
Conflitti!
Incuriosito dal crescente successo che la pone tra le voci più influenti della narrativa contemporanea, in particolare tra le giovani generazioni, ho letto Intermezzo, edito lo scorso anno da Einaudi. Con la consueta maestria, l’autrice riprende alcune delle tematiche a lei più care: l’incomunicabilità, l’individualismo, la difficoltà di costruire relazioni autentiche, l’ansia da prestazione sociale ed emotiva, e la solitudine che accompagna molte vite contemporanee, soprattutto giovanili (ma non solo).
Il romanzo, incentrato principalmente sul rapporto tra due fratelli, intreccia il loro passato con le relazioni che, nel presente, entrambi vivono su binari paralleli.
Peter e Ivan, figli di una coppia separata, sono cresciuti con il padre e il cane Alexei, dopo che la madre li ha abbandonati anni prima per ricostruirsi una nuova famiglia con un uomo che aveva già altri figli. Molto legati fino a un certo punto della loro vita, i due fratelli si sono progressivamente allontanati, fino a perdere quasi ogni contatto, arrivando persino a scontrarsi fisicamente durante uno dei loro rari incontri. Li separano dodici anni di differenza: Peter, il maggiore, è un brillante avvocato progressista, ricco, di successo, ma immerso in una vita disordinata tra alcol, tranquillanti e relazioni occasionali. Mantiene un legame complesso con Silvya, l’amore della sua vita, dalla quale si è separato alla vigilia del matrimonio per volontà di lei, dopo un grave incidente. Contemporaneamente porta avanti una relazione libera con Naomi, una ragazza molto più giovane.
Ivan, il fratello minore, è un genio della matematica e della logica, una promessa negli scacchi, ma ha serie difficoltà relazionali che lo fanno apparire quasi autistico. Proprio l’incidente che ha coinvolto Silvya ha segnato non solo la fine del sogno di convivenza con Peter, ma anche un allontanamento profondo tra i due fratelli.
Durante una simultanea di scacchi in un piccolo paese, Ivan conosce Margaret e, nonostante la notevole differenza di età, tra loro nasce una relazione che va ben oltre l’attrazione fisica, diventando un legame profondo.
Nel frattempo, Naomi, ospite a casa di Peter, si trasferisce nella vecchia casa di famiglia, rimasta vuota dopo la morte del padre. Per una serie di coincidenze, anche Ivan si stabilisce lì, riprendendo con sé l’amato Alexei, e si trova così inaspettatamente a convivere con l’amante del fratello. Scoprire che Naomi è quasi sua coetanea acuisce ulteriormente il rancore di Ivan verso Peter, che in passato gli aveva esplicitamente contestato la relazione con Margaret, proprio a causa della differenza di età – quella che lui stesso ignora nel suo rapporto con Naomi.
Uno dei punti di forza del romanzo è certamente la capacità dell'autrice di tratteggiare con precisione emotiva le problematiche esistenziali dei suoi personaggi. I loro dubbi, fragilità e desideri emergono in modo credibile, talvolta doloroso, dando vita a figure realistiche e complesse. Rooney dimostra una notevole sintonia con i comportamenti, i sentimenti e il linguaggio della sua generazione, riuscendo a tradurli in storie che parlano a un pubblico ampio, con una narrazione coinvolgente.
Ciò che sorprende, però – e lascia in parte perplessi – è l’evoluzione finale della vicenda, che si orienta verso un lieto fine poco realistico. Dopo aver costruito un intreccio fatto di conflitti, disorientamento e sofferenza relazionale, Rooney sceglie una chiusura conciliante e ottimista, in cui tutti i nodi sembrano sciogliersi: i fratelli Peter e Ivan si riavvicinano; Peter riesce a bilanciare, alla luce del sole e senza inganni, due relazioni sentimentali con Naomi e Silvya, in una sorta di “bigamia affettiva” condivisa e consapevole da tutte le parti coinvolte; Naomi, che per tutto il romanzo appare libera e indipendente, pronta a vivere ai margini in nome della propria autonomia, abbandona il suo nomadismo esistenziale per scegliere la convivenza; Ivan supera il proprio isolamento grazie all’amore di Margaret, che a sua volta rompe con il conformismo sociale del suo ambiente, smettendo di sacrificare sé stessa per non “far del male” alla famiglia e all’ex marito. Perfino il cane Alexei ritrova serenità tornando a vivere con Ivan, anche se sembra avvertire la mancanza del defunto padre dei due fratelli.
Questo finale armonico appare in contrasto con la complessità dei problemi affrontati nel romanzo, e rischia di risultare poco credibile. La sensazione è quella di una riconciliazione universale a tratti forzata. La realtà raramente offre epiloghi così ordinati.
Proprio perché Rooney ha un impatto così forte sulle giovani generazioni, forse sarebbe stato più onesto lasciare spazio a qualche dubbio in più, a margini di ambiguità più ampi, evitando una conclusione rassicurante, più tipica di altri generi narrativi. La vita reale, infatti, è fatta di ferite che non si rimarginano facilmente, e di legami che si trasformano senza necessariamente ritrovare l’armonia del passato.
Nonostante il finale edulcorato, Intermezzo resta un’opera coinvolgente, particolarmente potente nella sua prima parte. È in grado di parlare alle ansie, ai dubbi e alle speranze di chi si affaccia (o si ri-affaccia) alla vita adulta, offrendo una rappresentazione efficace delle difficoltà che il suo pubblico più giovane si troverà ad affrontare nel cammino verso la maturità. Proprio per questo, il finale accomodante lascia perplessi: se l’intento dell’autrice era quello di offrire un messaggio di speranza, il rischio è quello di celare una parte della verità – quella stessa verità che la vita reale, prima o poi, finisce per rivelare lungo il percorso di crescita di ciascuno.





























