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La vita dell'essenza sfiorata dall'ombra
 
La vita dell'essenza sfiorata dall'ombra 2011-05-04 08:30:49 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    04 Mag, 2011
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La ricerca dell’Essenza

Il poeta osserva la quotidianità e riesce a cogliere quel tanto, che agli occhi altrui sarebbe insignificante, per effettuare un inconscio raffronto con quanto di più intimo esiste in lui; percepisce, o meglio intuisce, l’essenza dei fatti, delle immagini, del trascorrere del tempo nella parabola che è tutta la sua esistenza.
Mela Mondì, con questo suo libro, che è una raccolta di tre sillogi (Mezzombre, Ombre, Superfici azzurre) , svela se stessa e quindi anche a noi quel che è l’essenza, pur nello svolgimento delle tematiche più varie, proprio perché ogni cosa, nell’apparenza, cela sempre una sua perfetta identità, la cui scoperta consente poi di dare un senso alla propria vita, di usarla come nutrimento per l’anima.
La sua può essere una poesia immaginifica, un riflesso onirico che trascende quella che può apparire realtà, ma che è invece la sembianza di fatti che i più accettano come cosa finita di cui non riescono a cogliere l’intrinseca sostanza.
“Attendimi: / quando arriverò ti parlerò / della luce e dell’ombra, / della nave di sole / con cui navigai / su piste schiumose / verso un centro vuoto, / delle rocce frapposte / tra pensiero e cuore, / della luna menzognera / del circolo mitico / che inghiotte l’oceano, / delle rovine che giacciono al fondo / mentre ai piedi dirupati dell’Acropoli, / vedo lo spostamento disarmonico / del mondo.”
Attendimi è l’emblema di questa poesia metafisica, con cui il ricorso anche a metafore tende a ricercare l’essenza, come se il volo fantastico divenisse la realtà e l’apparente concretezza di ogni giorno fosse un velo di trucco attraverso il quale si fornisce un quadro recepibile da tutti, senza che possano sorgere i legittimi dubbi sulla veridicità della rappresentazione.
Questo modo di procedere e di esporre mi ricorda, per quanto là in prosa, la narrativa di Giuseppe Bonaviri, illustre autore, pure lui siciliano, scomparso da poco.
E’ che forse in quest’isola dagli insanabili contrasti che sorge spontanea la ricerca di una verità sotto gli abiti barocchi dell’apparenza?
Forse, la dove si mescolarono nazionalità diverse, dai greci agli arabi, più forte è la ricerca di se stessi, è lo spogliarsi delle proprie vesti per scoprire ciò che realmente siamo, una ricerca dell’essenza gravida di difficoltà, ma determinante nel poter cogliere il significato di un’esistenza.
“Il vuoto che scorre dentro me / come acqua monotona / tra pietre / mi sussurra che ormai / è finita / la storia intessuta / tra i fili del tempo / e tra le spine. / Eppure sempre uguale a se stesso / è questo cuore! / Sente ancora la forza della vita e dell’amore. /…”
Non è solo parte di una bella poesia che superficialmente potremmo etichettare d’amore, ma è un’analisi introspettiva di un arco esistenziale, in cui sfrondando il più appariscente, e come tale superfluo, si rinsalda un sentimento, si cerca una logica di un affetto nato all’improvviso in gioventù nel modo sempre più irrazionale, ma è proprio quell’illogicità l’essenza, quel turbinio di cuore, ora affievolito, che sbocciò così all’improvviso.
Sono molteplici, come ho scritto sopra, le tematiche, ma sempre intrise dei ricordi, cioè delle esperienze maturate, che ora si riaffacciano alla mente e per quali la ricerca è la loro spiegazione, eventi, fatti accolti d’acchito e adesso che il tempo per l’età appare meno in corsa è logico soffermarsi per sapere di più, per vedere l’oltre di come sono apparsi.
Non è scevra la raccolta da ispirazioni religiose, che io definirei meglio spirituali, perché in fondo l’uomo cerca sempre di dare un po’ di luce al buio del dopo, un’illusione o anche una speranza, fra dubbi e incertezze sanate dalla fede.
E in questo rincorrersi di ricordi e di raffronti non poteva mancare una lirica dedicata all’isola, intitolata Canto alla mia terra, una lunga sequenza di versi con cui si cerca di cogliere l’essenza di ricordi, perché anche lì il tempo ha trasformato, un solco netto, una cesura spesso sconvolgente e sradicante.
“La sicilia che mi piace / è ancora la patriarcale / delle processioni / della calia e semenza / quella di coloro / che scrivono zoppicando / e non conoscono il posto / del quale, del che e del cui. / Non è la Sicilia dimora di sovrani / che di normanno / non hanno niente. / Allontano da me / l’isola che affonda nella tempesta / dei mammasantissima / come la Provvidenza di Padron Ntoni! /…”
La vita dell’essenza sfiorata dall’ombra è una raccolta che invita a leggere con calma, in modo da scoprirsi in ogni verso, un’assaporare che a volte sa di sale, ma che come pura acqua di fonte scende giù nel nostro intimo a schiarire ombre, a sciogliere dubbi, a rinfrescare come un refolo di vento in un bosco alpino, sopresi e lieti di sentirsi poi pervasi da un’onda lieve di serenità.

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