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Piove
 
Piove 2012-02-12 07:55:20 Renzo Montagnoli
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4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    12 Febbraio, 2012
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Inspiratio natura

Nella sua prefazione a questa silloge, Fabrizio Azzali cita il riferimento ad alcuni dipinti del grande pittore romantico inglese John Constable, con quegli orizzonti che sfumano in cieli solo lievemente corrucciati, una pittura naturalistica che ha i tratti sfumati, tenui e pur così coinvolgenti propri dell’acquarello.
E’ indubbio che quest’opera poetica di Gabriele Oselini approdi, attraverso le parole, a descrizioni paesaggistiche del territorio padano, non fini a se stesse, ma metafore degli stati d’animo, dei sentimenti, delle emozioni dell’autore (al tramonto / con frivola certezza / dallo stagno odoroso / molle di luci ondulate / soffuse fra frasche di salice / e anatre in fila affamate / dietro il ponte verde marcio / vola un rondone.). Pochi versi e si apre uno squarcio nel grigiore quotidiano per un ritorno alla serena complessità della natura, una natura realistica, non idealizzata come un’Arcadia, ma semplicemente portata alla luce perché se ne sappiano cogliere i positivi influssi, immergendosi in essa, parte e mai controparte del caos perfetto dell’universo.
Per chi non si lascia travolgere dalla quotidianità è un ritorno alle origini, un rifugio a cui approdare dopo una continua fuga da se stessi. C’è una certa atmosfera che si può ritrovare anche nelle Bucoliche di Virgilio, ma non stupisce perché l’essere umano, per ritrovare il suo intimo io, deve ritornare nel grembo della grande madre, appunto della natura.
Le sensazioni indotte, però, non si limitano solo ai tratti di pennello con cui si delinea il paesaggio, perché come in ogni opera pittorica assumono valenze i colori, quasi sempre tenui, un’impalpabile mano di vernice che sembra dissolversi nell’aria se si soffia sulle pagine ( Greve / il giorno della merla / colora d’opale / la neve.). La fine di gennaio, nel pieno dell’inverno, assume così i tratti di un freddo interiore, di una stagione morta da cui è possibile risorgere solo a primavera ( da Rondine – linea nera / veleggi / nell’azzurro / sinuosa…).
E la natura è sempre protagonista, anche laddove fa da sfondo a un emergente ricordo (da Compagno Bruno - …Dorme ora la tua anima / capace di assalti / un tempo verdi / di alberi amati / lungo la strada del Po /…) ( da Ennio – un vecchio salice / monta la guardia / alla barchessa / abbandonata / dietro il bugno…).
C’è una semplicità in queste poesie che è perfino disarmante, ma esse sanno ricreare un ambiente, un’atmosfera palpabile e che coinvolge, magari senza la vena mistica propria della produzione di Tagore, ma quel senso innato di rispetto e amore per la natura c’è tutto, come quell’inconscio ritorno al passato, un’isola lontana che riaffiora dentro fra le brume dense del tempo presente, e che non ci fa dimenticare da dove veniamo, alla ricerca di una rotta sicura e serena nei marosi di un’epoca che procede come un veliero disalberato.
Sono una quarantina di poesie in tutto, fra le quali Piove, che dà il titolo alla silloge e che è paradigmatica di tutta l’ars poetica di Oselini (fra arabeschi / color verde / su nubi diafane / chiaro un raggio / - o forse un’ombra - /…). Natura che richiama i ricordi, memorie che si fondono nel paesaggio, colori tenui, un senso di vita calmo, pacato, appena sfiorato da quell’ombra, quasi sempre nascosta, e che di tanto in tanto ci ricorda che l’eternità non è per noi, piccoli esseri che per poco tempo alimentiamo quell’autentico miracolo che è la vita.
Leggete queste poesie, ritroverete una serenità di cui non serbavate nemmeno il ricordo.

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