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Tra i solstizi
 
Tra i solstizi 2012-02-18 07:07:08 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Febbraio, 2012
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Chi sono, da dove vengo, dove vado?

Non è un caso il titolo, perché il periodo intercorrente fra il solstizio d’estate e quello invernale è un lasso di tempo del tutto particolare, nel corso del quale la natura prorompe al suo massimo splendore, per poi declinare progressivamente e spegnersi coi rigori del dicembre.
Già, la natura, sempre la natura, fonte d’ispirazione come se bastasse darle un’occhiata per approdare a nuove idee, per aiutarci in quella spesso inconsapevole ricerca dell’assoluto.
Ma la natura non sono solo gli alberi, il cielo o comunque quanto ci circonda, la natura siamo anche noi, piccoli esseri che attraversiamo le stagioni della vita con gli occhi sempre più rivolti all’indietro mano a mano che ci avviciniamo all’ultimo solstizio, in cui il nostro sole interno, già acciaccato dagli anni, silenziosamente si spegne.
Franca Canapini, con queste poesie, in effetti ha compiuto un percorso, dentro se stessa, una ricerca di qualche cosa che si intuisce, ma mai si materializza; è un tentativo normale (chi non l’ha mai fatto?) di un approccio con il divino, attuato con l’osservazione non cosciente di tutto ciò che gira intorno a noi, con un abbandono completo del proprio corpo, svincolato da tensioni e grigiori quotidiani, per pervenire a quella levità che permette di galleggiare in un tempo sospeso, in cui siamo e non siamo, in cui quel che vediamo i nostri occhi mai hanno potuto prima scorgere.
Sono poesie di sensazioni, di colori, a volte tenui, altre più accesi (Ancora si piega il gelso delle more / in questa immobilità verde / e gialla e rosa e rossa / appena mossa da fremiti / e alati pensieri di timore. /…), di vita, fra alti e bassi, fa rese e riscosse, tutto un percorso dell’esistenza visto dall’alto, distaccato, in un senso del divino, ovviamente personale, ma che ha il presupposto, indispensabile, dell’astrazione completa, dell’osservazione da un vetro senza poter esser visti, e non è un caso se a volte presenzi un misticismo, per nulla di maniera, una sorta di afflato inconscio con ciò che a tentoni si cerca, si avverte, senza poi poter toccare (Chiudimi tra le tue grandi braccia / Padre / che possa infine smemorare / nel tuo amore; /…).
E la ricerca non può prescindere dal passato, che lento riaffiora per dare consapevolezza del presente e, soprattutto, una fune sicura a cui aggrapparsi, da tenere stretta stretta, in un viaggio nell’ignoto (Verrò in un giorno di vento / scuoterò i rami di memoria / tornerò al tronco / sospeso sopra il fosso / mi cercherò in quella / nostra terra. /…). Chi sono, da dove vengo, dove vado? Tre domande che accompagnano il viandante, di cui invano attende la risposta certa, tre domande a cui nessuno può rispondere, se non calandosi in se stesso, scendendo sempre più giù nel proprio io, dove l’energia vitale dell’anima è il soffio del Divino.
Coraggio, il viaggio è appena cominciato e già abbiamo i primi resoconti, taccuini di versi che si srotolano, traspaiono di allegrezza e di malinconia. Ancora tanto c’è da camminare, immagini, intuizioni, ricordi, emozioni da fermare con le parole, un messaggio per chi poi verrà dietro, passo su passo, una ricerca infinita senza mai approdare.
Leggete, viaggiate con Franca, scoprite, attraverso lei, un po’ di voi.

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