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Vieni via con me
 
Vieni via con me 2012-09-17 21:01:57 mariaangela
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3.2
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Contenuti 
 
4.0
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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    17 Settembre, 2012
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tante lezioni,un grande insegnamento

Ascoltare Saviano mi piace tantissimo, trova abbia un carisma eccezionale che gli consente di raccontare e catturare l’attenzione anche su temi non proprio leggeri.
Questo suo libro è bello al pari della trasmissione, gli argomenti trattati tutti molto interessanti, ma il racconto della storia di vita, di scelte, di amore di Mina e Piergiorgio Welby non la dimentico mai più, e loro sono per me il simbolo della dignità che vorrei sempre avere nelle scelte che ogni giorno mi trovo a fare, per imparare dalle piccole, a fare le grandi.
Quando si conoscono lui già zoppica, quando si fidanzano lei conosce tutto della sua distrofia muscolare progressiva, quando si sposano lui arriva in chiesa in carrozzina. L’accordo che c’era tra loro era che, se anche lui fosse stato male, lei non l’avrebbe portato in ospedale, ma poi di fronte a quella crisi respiratoria lei non ce la fa, e Piero viene attaccato al respiratore attraverso un’incisione chirurgica sulla trachea per aprire una via respiratoria alternativa a quella naturale. Lei dirà “Ho veramente esercitato un accanimento terapeutico, ma il mio era un accanimento terapeutico d’amore”.
Quando la malattia peggiora Piero vorrebbe una morte dignitosa, nella legalità. Non eutanasia, cioè il procurare la morte in modo indolore, ma chiede la fine dell’accanimento terapeutico, cioè di tutte quelle tecniche mediche che servono a sostenere artificialmente le funzioni vitali di soggetti affetti da patologie inguaribili. Dice il cardinale Carlo Maria Martini “Evitando l’accanimento terapeutico non si vuole procurare la morte, ma si accetta di non poterla impedire”.
Il 22 settembre 2006 Welby scrive una lettera al Presidente della Repubblica Napolitano in cui afferma la sua battaglia per la vita: “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso. Morire mi fa orrore. Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche.”
Piergiorgio Welby, Luca Coscioni, Beppino Englaro hanno in comune l’aver agito nel diritto. Non farne una questione personale, ma creare una possibilità. Quella di salvaguardare i diritti di tutti.
E quando penso che la chiesa di Roma ha tenuto per lui le porte chiuse, che il suo funerale è stato celebrato con rito civile nel piazzale antistante la chiesa che Mina aveva scelto per salutarlo insieme alla sua famiglia.. perché “la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, contrasta con la dottrina cattolica” beh devo davvero chiudere gli occhi e pensare a Cristo in croce per isolarlo da tutto ciò che lo circonda e che la Chiesa spesso purtroppo rappresenta.
Saviano lo ricorda con queste bellissime parole di Giordano Bruno che sento mie una per una:

“Ho lottato, e molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell’animo), e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. […] Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile […]: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un’imbelle vita.”

Grazie.

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Commenti

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petra
18 Settembre, 2012
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Recensione molto sentita...il tema è delicato e fa pensare...
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mariaangela
18 Settembre, 2012
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ciao federica, si questo argomento mi tocca molto e mi fa sofrire pensare alle sofferenze di questi uomini e donne. e mi fa soffrire la stupidità umana. il libro è tutto bello ma per me questo capitolo è tutto.
Come dice Fede un argomento molto delicato e dalle mille sfaccettature... i ricorsi di Welby per ottenere giustizia, per decidere del proprio corpo e le risposte della Corte, in ogni suo grado, sono pazzesche, incredibili e ti spiazzano perchè proprio non si capisce se la nostra vita sia nostra o meno, se sia possibile decidere per se stessi o se sia lo stato a dover decidere per noi... per non parlare degli altri casi italiani e stranieri... un argomento a cui dedicare un po' del nostro tempo senz'altro! Brava Maria Angela, avendo sostenuto la mia tesi su questo tema, non posso non comprarlo! :)
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mariaangela
18 Settembre, 2012
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sono contenta condividi anche tu questi pensieri; l'argomento purtroppo divide molto, io sono per l'autodeterminazione della vita, ma c'è chi è per l'indisponibilità della vita, della propria e soprattutto di quella degli altri.
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cuspide84
18 Settembre, 2012
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Condivido la tua opinione, in realtà poi la costituzione italiana nello stesso articolo 32 relativo alla salute dice espressamente che "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario" ma il continuo "se non per disposizioni di legge" è la solita crepa del sistema... utilizzata per schierarsi contro le decisioni personali sul proprio corpo...tante sentenze, tanti casi e ancora incertezze su questo argomento... troppe purtroppo!
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rivendell
18 Settembre, 2012
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Per alcune "persone" è più giusto che la gente soffra, perchè la sofferenza ci avvicina a Dio.
Per le stesse "persone" è più giusto nascere con un parto naturale, senza interventi esterni, ma non è giusto morire in modo naturale (un macchinario come quello di Welby aveva ben poco di "naturale"!).
Le stesse "persone" autorizzano la sepoltura di un boss della malavita in una chiesa ma, allo stesso tempo, non permettono ad una persona sofferente da anni di avere un funerale religioso.
Devo aggiungere altro? Effettivamente sì, dovrei e potrei farlo ma...meglio di no!
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mariaangela
18 Settembre, 2012
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Esattamente. Solo quando un trattamento sanitario si risolve anche nel vantaggio del terzo, può esserre imposto. Su questo la Costituzione è chiara. A garanzia del terzo. E' il classico esempio delle vaccinazioni obbligatorie: la libertà di scelta del soggetto privato viene meno perchè è un mezzo per proteggere anche la salute degli altri.
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mariaangela
18 Settembre, 2012
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si, anche io avrei voluto dire ben altro tale è la rabbia, ma penso che il mio pensiero sia chiaro ugualmente
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EvaBlu
20 Settembre, 2012
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Argomento delicatissimo e controverso. Io concordo con Danilo e credo che quelle stesse "persone" non si siano mai fermate a chiedersi perchè mai una religione "legittimi" la sofferenza come mezzo di collegamento a Dio: forse perchè quella stessa religione prese piede in un periodo storico in cui un intero popolo era sottomesso e costretto alle più atroci sofferenze? Di certo il messaggio andava creato su misura: soffrite pure adesso in serenità tanto dopo la vita arriverà la ricompensa; nel frattempo quella stessa religione veniva usata come "instrumentum regni".
Ma ci sarebbero infiniti discorsi da fare ed infinite ed insensate questioni etiche - tanto per precedere quelle legali - da smontare pezzo per pezzo... Intanto la Vita è Una, e toccherebbe poterla vivere con dignità e finchè è Vita...
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