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Un testimone d'eccezione, interno alla macchina militare, ci restituisce il quadro mutato dei nuovi professionisti della sicurezza: che quando cadono commuovono, al più spaventano, quasi sempre appaiono impotenti. L'apparato di 186668 soldati delle forze armate italiane non serve più alla difesa della patria. Non c'è un solo soldato a guardare le frontiere e non si sa neppure da chi venga la vera minaccia. Il problema della sicurezza è planetario, per affrontarlo dovremmo integrare le forze almeno in Europa e avere una nostra politica. Lo stesso senso della guerra è cambiato. Si combatte per i cicli produttivi: in tutto il globo e senza fine. Gli eserciti ne escono trasformati. Ai soldati di leva si affiancano i professionisti, ai militari i civili: mercenari o contractors. Un testimone d'eccezione, interno alla macchina militare, ci restituisce il quadro mutato dei nuovi professionisti della sicurezza: che quando cadono commuovono, al più spaventano, quasi sempre appaiono impotenti.



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Soldati 2008-09-02 10:35:34 prupitto
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prupitto Opinione inserita da prupitto    02 Settembre, 2008
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FABIO MINI SOLDATI

Per quanto non possa considerarsi sistematico come il celebre volume di Caligaris Paura di vincere

tuttavia il saggio di Mini ha gli stessi pregi:tagliente,irritante per il lettore ipocrita,ironico nei confronti delle patetiche manie di grandezza di determinati scenari strategici.Non sono certo poche le considerazioni critiche che l'autore rivolge-p-e.- al perverso connubio tra politica,lobby industriali e militari di altro grado,alle innovazioni tecnologiche o autoreferenziali o finalizzate a compiacere varie prebende.E come non menzionare le stoccate rivolte ai generali-pappagalli del potere o piu' semplicemente opportunisti o ,al contrario, gli elogi rivolti ai comandanti operativi e ai professionisti che portano solo onore-con il loro impegno e sacrifico-al paese .Come collocare a latere la vibrante denuncia del gen.Mini rivolta alle innovazioni tecnologiche sofisticate quanto ben lungi dall'essere attuate in tempi ragionevoli o a quelle finalizzate solo a compiacere interessi torbidi che arrecano solo danno ai magri bilanci.Se non mancano-nel breve saggio-le costanti strategiche care all'autore quali l'enfasi posta sul ruolo determinante della guerra psicologica,della guerra asimmetrica e sulla incapacita' da parte Nato e da parte della intelligence statunitense di dare concreta attuazione ad una modalita' di fare la guerra diversa da quella della cold war,non mancano neppure gli elogi rivolti alla politica estera italiana,elogi tuttavia subito smorzati dalla consapevolezza dello iato tra Europa e Usa,della presenza di numerosi e consapevoli sabotatori dell'autonomia del dispositivo militare europeo, della assenza di collaborazione tra forze di polizia e armate europee e non,dalla proliferazione di protagonismi e particolarismi che continuano ad ostacolare la possibilita' di realizzare un sistema di difesa integrato.Proprio l'importanza attribuita all'Europa induce l'autore -senza giri di frasi-a stigmatizzare la politica unilaterale americana interessata alla realizzazione di coalizioni ad hoc e non alla edificazione di alleanze paritarie.Ebbene,accanto allle tematiche di politica estera e militare, non mancano le gustose e significative note di costume come quelle relative all'habitat delle caserme italiane o a quelle inerenti alle schedature 'alla matriciana' compiute con il celebre modello I durante gli anni della guerra fredda. A proposito dell'Italia,Mini -differenziandosi da numerosi commentatori-non solo sottolinea la scarsa qualita' del professionismo attuale-con le dovute eccezioni-ma sottolinea anche-con la dovuta ironia-la presenza nel nostro paese di pseudo-strateghi pronti a servire umilmente il padrone di turno senza alcuna reale competenza professionale in cambio di cattedre universitarie e consulenze parlamemtari.D'altronde, quando la professionalita' finisce per porsi al servizio del potere-sottolinea con amarezza l'autore- rischia di determinate errori clamorosi e di vasta portata come quelli della mancata previsione- da parte della intelligence americana- dell'attentato dell'11 settembre,come quelli della programmazione di modelli di difesa aziendalistici o come quelli dell'uso non proprorzionale dei mezzi offensivi,uso dettato dala cieca obbedienza al potere e non certo da esigenze realmente militari.Infine,la rivoltante demagogia lessicale delle guerre umanitarie,dei soldati di pace hanno-e continuano a determinare-sovrapposizioni di ruoli con gravi implicazioni operative congiunte a progressive perdite di credibilita' come -sul fronte opposto-l'importanza sempre maggiore data ai mercenari-rischia di compromettere l'autorevolezza delle forze armate .

GAGLIANO GIUSEPPE

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