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Essere Nanni Moretti Essere Nanni Moretti

Essere Nanni Moretti

Letteratura italiana

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Prima di rivelare come si comporta il protagonista di questa storia, è necessario fare un passo indietro. Bruno Bruni è uno scrittore di nicchia. Ha esordito come poeta, poi – su consiglio del suo agente – si è dedicato alla narrativa, senza mai sfondare. Ma non si dà per vinto, e, mentre per vivere traduce opere di fantascienza cyber-punk, cerca di scrivere il Grande Romanzo Italiano, quello che farà scattare l'agognato passaparola e correrà allo Strega, quello che tutti – editori, critici e lettori – stanno aspettando. Ma più ci prova più si allontana dalla meta e si deprime davanti al foglio bianco. La sola consolazione nella vita di Bruno è Selvaggia: una ragazza d'oro, che fa la pole dancer in un locale notturno, che è libera e schietta quanto il suo nome. E che continua ad amarlo e a credere in lui ostinatamente. Fino a quando viene licenziata e la situazione si fa ancora più preoccupante. È qui che Bruno si lascia andare e si fa crescere la barba. Gli basta una giornata per rendersi conto che al supermercato, per strada, al ristorante, in palestra, tutti lo scambiano per Nanni Moretti. Sarà Selvaggia a convincerlo a sfruttare le doti da imitatore che ha fin da bambino, a studiare la biografia e l'eloquio del regista e a trasformarsi in un suo clone. Spacciandosi per Moretti e la sua assistente, i due cominciano a girare l'Italia approfittando dell'ospitalità generosamente offerta da sindaci e organizzatori di festival, che non vedono l'ora di far assaggiare loro i piatti tipici del territorio, intrattenerli con gli avvincenti racconti della storia locale e proporsi per una particina nel nuovo film del maestro. Bruno inizia a sentirsi sempre più a suo agio nei panni di Nanni Moretti, ed è sull'orlo di una crisi identitaria che rischia di compromettere i suoi grandi progetti narrativi, quando alla coppia si presenta un'occasione irrinunciabile: un invito alla Mostra del Cinema di Venezia. Essere Nanni Moretti è una lucida ed esilarante satira dei vizi e delle distorsioni dell'industria culturale italiana di questi anni. È una riflessione lieve ma penetrante sull'identità, le aspirazioni, l'ammirazione, l'invidia e l'accettazione di sé. E, infine, è il racconto della vicenda di due irresistibili sconfitti.



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Essere Nanni Moretti 2017-04-24 06:47:33 68
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68 Opinione inserita da 68    24 Aprile, 2017
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Identità violata o mancanza d'identità?

Un furto di identità innesca una serie di accadimenti, tra bugie, contraddizioni, fraintendimenti, colpi di scena, sarcasmo, cruda verità.
Bruno Bruni è uno scrittore cinquantenne semi-sconosciuto, nato poeta, in seguito indirizzato dal proprio agente ( Mordecai ) alla letteratura classica, intento da anni a scrivere il grande romanzo della letteratura italiana che dovrebbe consegnarlo ai più ambiti premi letterari ed all' immortalità, nel frattempo costretto a vivere come traduttore di sconosciuti ed ostici romanzi di fantascienza.
Ha una compagna, Selvaggia, che si guadagna da vivere facendo la pole dance in un locale notturno ma aspira a qualcos'altro che nemmeno lei sa, a diventare una attrice o forse una fotografa. Una coppia che vive di attesa, sogni, speranze, costretta alla precarietà per sbarcare il lunario.
Quando Selvaggia perderà il lavoro, Bruno scoprirà inaspettatamente un nuovo se' e che quella barba che si è lasciato crescere per trasandatezza lo rende identico al regista Nanni Moretti, assurgendo d' improvviso ed involontariamente alla notorietà ( Nanni Moretti che è il simbolo dell' anti divismo ).
Sopraffatto da necessità e desiderio autocelebrativo, assumerà l' identità del grande regista iniziando un viaggio peninsulare ed oltre confine, accolto e celebrato da chi non vede l' ora di farsi pubblicità ed eventualmente di partecipare ad uno dei suoi film.
I temi dell' ultimo romanzo di Culicchia hanno il sapore di un viaggio nella contemporaneità innescando una serie di tematiche attorno ad una centralità, l' identità.
Chi siamo realmente, che cosa ci aspetta, e vogliamo essere? Il mondo circostante plasma ed indirizza il proprio destino, è alienante, oppure il nostro non essere ci obbliga ad un cambiamento, o semplicemente fingiamo di essere quello che non siamo? Forse siamo costretti a cambiare per la disperazione di un presente invivibile, alienante ed insoddisfacente? E che cosa succederebbe se ci fosse rubata l' identità? ( Il tema del romanzo riprende un fatto di cronaca realmente accaduto, il furto d' identità subito anni addietro dal regista Stanley Kubrick e dallo stesso autore Giuseppe Culicchia, come lui stesso ci racconta in una nota finale ) E che cosa ricerchiamo? Una vita migliore, fama, potere, denaro, visibilità, o siamo sospinti in prevalenza da un ego smisurato, in una superficialità sentimentale ed intellettiva generale?
Tutto questo è Bruno Bruni, cinquantenne ancora con pruriti adolescenziali nel proprio percepire se stesso e gli altri, uno scrittore mediocre convinto della propria grandezza ed unicità, che odia molti colleghi, in primis quel Giuseppe Culicchia ( autocitato più volte ), vorrebbe sopravanzare Baricco, essere ospitato da Fazio, vendere più di Porscia Creso ( unico personaggio di finzione ), onorevole sedicente scrittrice di best- sellers, che traccia immagini stereotipate degli " scrittori " contemporanei, da Volo a Vespa a Ricuperati, a Franchini, a De Carlo, a d' Avenia, ad Aldo Nove.
Nella sua neo dimensione finisce con lo specchiarsi, riconoscersi, identificarsi, ed allora potrebbe non essere più Bruno Bruni, ormai da tutti considerato Nanni Moretti, l' imitazione si è fatta realtà, e la neo identità perdita della vera identità. Ma si sa, Bruno ormai non ha più nulla da perdere, nel torbido ci si può riconoscere o forse tutto è stato solo un giuoco nel mare di una vita priva di certezze e fondamenta.
Invero un altro tema si pone, una critica neppure troppo velata al sistema editoriale in uso, che premia i non scrittori, che tratta i libri a metro quadro di spazio occupato nelle librerie, che insegue i gusti di un popolo di non lettori, ma di sedicenti scrittori, in poche parole che vive di immagine, popolarità, selfie ed apparenza ( Bruno ad un certo punto dovrebbe ricevere un lauto anticipo dalla casa editrice per un capolavoro ancora non scritto ma non importa, fa da garante la messinscena di una sua presunta malattia invalidante e qualunque storia scrivesse sarebbe comunque perfetta ).
Ed allora mi sovviene una riflessione: l'editoria non è che lo specchio della contemporaneità, i lettori per divenire tali dovrebbero leggere libri di qualità, gli scrittori dovrebbero scrivere e fare parlare di se' attraverso le idee ed il proprio strumento di potere, la scrittura, lo scrivere non è un mestiere ma in primis una vocazione ed una necessità.
Ma dovremmo rivedere i termini della contemporaneità reinserendo significati quali umanità, coscienza, essenza, profondità, ascolto, onestà intellettuale, passione, valori, indirizzandoci altrove e perdendoci negli occhi annoiati di chi ci ascolta.
È questo il motivo principale per cui non ritengo il romanzo di Culicchia degno di nota. Si avvale in prevalenza ( ed in modo caotico ) di un insieme di citazioni e ripetizioni, letterarie, musicali, di autori, registi, personaggi dello spettacolo, vuole cogliere e fotografare una contemporaneita' di cui lui stesso è parte e si nutre, lanciando una critica al sistema dall' interno del sistema stesso, utilizzandone forme e contenuti, in una satira e commedia degli orrori e degli errori nella quale invero si specchia e si riconosce, trattandola con ironia pur accettandone le storture ed il presenzialismo con una malcelata consapevolezza ed arrendevole naturalezza ( nel personaggio di Bruno Bruni ).
E poi quel continuo citarsi denigrandosi ( Bruno Bruni odia il successo di uno venuto dal nulla, ex libraio come Giuseppe Culicchia) è piuttosto stucchevole e finisce con l' essere paradossalmente autocelebrativo.
Sovente si ride, ma forse, un po' malinconicamente, dovremmo guardarci dentro..... ed il riso si trasformerebbe in qualcos'altro.
Invero, ad una analisi obiettiva, che cosa resta di questo romanzo? Ben poco, un' infarcitura piuttosto caotica, un assemblaggio raffazzonato, cacofonico, ed ahimè, trattandosi di un' opera letteraria e' alquanto riduttivo non ricordarne granché, ne' la potenza narrativa ne' l' efficacia poetica e stilistica, ne' passaggi significativi e particolarmente toccanti. Ne rammentiamo solo le tematiche, una identità violata e sottratta, e una assenza di identità ( all' interno del mondo editoriale ).
È un po' poco, probabilmente i temi andavano sviscerati partendo da una diversa rappresentazione dell' interiorità, con ben altro spessore di trama e personaggi, ma qui si oltrepasserebbero tempi e luoghi dell' oggi, si parlerebbe semplicemente di buona o cattiva letteratura, estraniandosi da un linguaggio che si nutre di sola immagine, attimi, solitudine socializzata e poco altro.
Ed allora, senza la necessità di creare il capolavoro della letteratura italiana o volere abbandonare la letteratura per il cinema ( come vorrebbe fare Bruno Bruni alias Nanni Moretti ) sarebbe stato sufficiente ( per l' autore Culicchia ) scrivere un romanzo con temi e forme dal registro diverso, respiranti altra profondità di linguaggio e modalità espressive identificative di una qualche profondità ( ma forse non sarebbe stato il vero Culicchia ).
Il lettore appassionato, che da anni si nutre di buona letteratura, che assapora il dolce gusto delle parole, che ne ama il significato profondo e sotteso, che si emoziona ad ogni singolo afflato poetico, gliene sarebbe stato semplicemente grato.

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