Narrativa italiana Romanzi Fiore di fulmine
 

Fiore di fulmine Fiore di fulmine

Fiore di fulmine

Letteratura italiana

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È quasi sera quando all'improvviso il cielo si fa livido. Eppure la piccola Nora, undici anni e il coraggio più scellerato che la gente di Monte Narba abbia mai conosciuto, non ha intenzione di mettersi al riparo. Nora vuole sfidare il vento e correre sulla cima della collina. E' appena arrivata sotto una grande quercia quando un fulmine la colpisce sbalzandola lontano, esanime. Nora riapre i suoi enormi occhi verdi, torna alla vita. Il fulmine le ha lasciato il segno di un fiore rosso sulla pelle bianca e la capacità di vedere quello che gli altri non vedono. Nella sua famiglia nessuno la riconosce più. C'è un nome per quelle come lei, "bidemortos", coloro che vedono i morti, e tutti ne hanno paura. Nel piccolo paese non c'è più posto per lei. La sua nuova casa è Cagliari, in un istituto per orfanelle, dove Nora chiude la sua anima in un guscio di dolore, mentre aspetta che qualcuno venga a prenderla.



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Fiore di fulmine 2018-09-05 11:46:07 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    05 Settembre, 2018
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È tempo di rinascere

Nora Musa. Per te la vita non è mai stata facile. A undici anni, un fulmine ti ha risparmiato la vita ma ti ha rubato per sempre innocenza e spensieratezza, lasciandoti un fiore di scarlatte cicatrici sulla pelle e un profondissimo gelo nel cuore. Forse il calore della famiglia avrebbe potuto scioglierlo quel ghiaccio, ma la tua non ti ha abbracciato, ti ha abbandonato in un orfanotrofio, troppo spaventata dalla tua nuova diversità, da quel dono così prezioso e pericoloso che il destino ti ha riservato. Perché è vero, sei diventata una “bidemortos”, con quei penetranti occhi verdi vedi gli spiriti dei defunti.

"Certe volte morire non è la cosa peggiore che possa capitare".

Quella bambina sola e diversa si è trasformata così in un duro osso di pesca, per difendersi da un’esistenza rivelatasi più dolorosa della morte. Ma forse quel mallo coriaceo custodisce ancora una promessa di vita e il nuovo incarico a servizio della viscontessa Donna Trinez sarà un’occasione di rinascita. Perché quel calore potrà formarsi proprio dall’incontro con un’altra sofferenza e un’altra perdita.

"Lo dico sempre, sei dura quanto un osso di pesca. Ma adesso è tempo di mettere foglie e fiori”.

Scritto con polvere di roccia e argento, il romanzo narra una Sardegna di fine Ottocento in cui si fonde la dura realtà dei villaggi minerari e il fascino di una terra da sempre avvolta da un misticismo misterioso, raccontando una storia di abbandono e solitudine, ma anche di coraggio e redenzione.

Leggero e profondo, la scrittura è armoniosa ed evocativa, come una voce magica e calda che ti racconta una fiaba prima di dormire accompagnandoti in un mondo di tradizioni e superstizioni, in cui si mescolano note sentimentali e gotiche, fantasia e realismo.

Ma Nora Musa è anche talento, il talento di far viaggiare insieme vista e dita al ritmo di una musica silenziosa, destreggiandosi con ago e filo per animare la stoffa con mirabili ricami. Quell’arte, sintesi di grazia e abilità, attraverso cui donne dal volto pieno di solchi e dal cuore raggrinzito di sofferenze possono rendere viva la bellezza.

Bello, delicato, crepuscolare. Questo romanzo racchiude tutto l’amore di Vanessa Roggeri per la sua terra ed è questo amore che permea nella pelle leggendo di un mondo antico ormai sconosciuto e di figure femminili forti e coraggiose che invece appaiono senza tempo.

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Fiore di fulmine 2016-11-15 07:48:54 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Novembre, 2016
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Nora.

Nora Musa ha appena dieci anni quando la sua vita cambia radicalmente. Cresciuta in un piccolo villaggio minerario sardo, Monte Narba, a cavallo tra il 1800 e il 1900, la giovane ha un carattere irrequieto nonché la tipica tempra testarda e coraggiosa propria della sua famiglia oltre che una meravigliosa chioma bruna e magnetici e profondi occhi verdi, occhi indomabili, i suoi, come la foresta. Uscita prima in cerca della madre Luigia e di poi adirata con lei, la ragazzina, incurante del pericolo della tempesta che sta per sopraggiungere, si allontana da casa avventurandosi per i terreni e i colli limitrofi. E’ qui che il fulmine la colpisce, è qui che la sua esistenza si interrompe. E’ morta Nora, è morta. Di lei non resta altro che un corpicino freddo segnato da quel fiore di fulmine che dal collo alla caviglia l’ha marchiata. Eppure, pochi giorni dopo, Nora si risveglia riscoprendosi, oltretutto, bidemortos; ella è cioè capace di vedere i morti. I suoi fratelli e sua madre non la riconoscono più. Ha perso il calore, il sorriso, è divenuta cupa, taciturna. La cugina di Luigia farà, inoltre, di tutto pur di allontanarla da casa, plagerà infatti la già turbata madre facendo leva sulle superstizioni ed inducendola così a credere di fare il bene della discendente rinchiudendola in un istituto di orfanelle. Questa decisione sarà però fatale non solo le sorti di questa eclettica protagonista, ma anche per i consanguinei che ne pagheranno a caro prezzo le conseguenze.
Passano nove anni. Nora è divenuta una giovane donna dai bellissimi tratti e dai grandi occhi penetranti. Le sue sorti sembrano nuovamente essere state segnate poiché la madre superiora dell’istituto, che mai l’ha stimata e che mai ha apprezzato i suoi pregiatissimi lavori di ricamo, ha ritenuto ottimale, per domare questa sua indicibile tempra, un lavoro di operaia in una tabaccheria del paese con tanto di alloggio in una bettola nota per le scarse condizioni igenico-sanitarie nonché per la tubercolosi che nella medesima è facilissimo contrarre. Peccato però che la suora non abbia fatto i conti con Donna Trinez, la quale avendo notato la bidemortos ha deciso di prenderla con sé…
“Les jeus son faits”. Il destino ha fatto il suo corso, la serva deve adempiere alla missione che le è riservata. Non vi si può sottrarre.
Con questo romanzo Vanessa Ruggeri, ci ripropone un personaggio forte, acuto, solido, senza sbavature, intrigante. Ella infatti ci parla di figure femminili che, sia nelle vesti di serve che di padrone, vengono analizzate nel loro intimo, senza nulla celare al lettore che pagina dopo pagina è sempre più rapito dalle stesse nonché dalle vicende proposte. E seppur lo sviluppo delle medesime sia intuibile, così come il mistero che si cela dietro quell’inspiegabile e caro decesso, l’opera non delude, bensì coinvolge ed appassiona senza difficoltà. Merito questo, indubbiamente da attribuire anche allo stile narrativo adottato dall’autrice, la quale si avvale di un linguaggio pregiato, ricercato, prolisso, ma al contempo fluente e caldo.

“«Gli sciocchi hanno paura di ciò che non capiscono, ecco perché qualche bambina non ha piacere di giocare o parlare con te. Non comprendono che sei un miracolo vivente, un segno della misericordia di Dio.»
«Non sono un miracolo, solo un osso di pesca», la corresse Nora con un’espressione innocente sul viso.
Suor Nicoletta si intenerì. «Si, ma anche l’osso di pesca più duro è capace di germogliare e tu, mia piccola Nora, sono sicura che quando giungerà il tempo diventerai un meraviglioso albero e i tuoi fiori saranno bellissimi»” p. 69

«Già, proprio di foresta stiamo parlando. Il guaio però è che la foresta non la puoi comandare, e nemmeno capire» p. 84

«Non è vero che una donna può non avere potere e libertà», le disse un giorno con tutta la forza del suo spirito. «Il lavoro e l’istruzione rendono la donna libera, nonché una governatrice giusta e generosa della propria famiglia» p. 152

«Ho pensato che le piante di questo giardino potrebbero essere entrate in corrispondenza con certi dolori dell’anima che affliggono chi le ama e ogni giorno se ne prende cura. E’ probabile allora che come naturale conseguenza, i rami, le foglie e le rare infiorescenze mostrino i segni esteriori di quella sofferenza. Ecco perché non riuscite a trovare il male che le affligge: viene da dentro, da recessi che non si possono scrutare» p. 170

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Fiore di fulmine 2016-03-08 17:45:52 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    08 Marzo, 2016
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“Un inno alla solidarietà femminile"

Finito di leggere “Fiore di fulmine” il primo pensiero è stato quello di ringraziare il destino o meglio la biblioteca per avermelo fatto trovare.

Questo è uno di quei romanzi che quando lo termini, il sorriso non riesce ad andare via dal viso e la tentazione di tornare a rileggere qualche passaggio è troppo forte e invitante per resistere.

“Fiore di fulmine” racconta la storia di Nora Musa, ragazzina sarda di undici anni che un giorno viene colpita da un fulmine e dopo essere “ritornata dagli inferi” diventa una bidemortos, in altre parole è capace di vedere i morti (difficile non pensare subito al film “Il sesto senso”). Il potere di Nora spaventa e viene allontana dalla famiglia e da qui inizia il suo percorso che gli farà conoscere la viscontessa donna Trinez.

Dietro alla copertina del libro c’è scritta una frase che mi ha molto colpita e che per me rappresenta molto bene questo libro. La frase dice “Un inno alla solidarietà femminile”.

La Roggeri crea dei personaggi femminili davvero ben definiti e profondi. Con uno stile che mi ha incantato, l’autrice mi ha portato prima all’interno del mondo delle miniere sarde, per poi andare oltre e conoscere un mondo da cui è difficile non rimanerne incantati e dove niente è come sembra. Con descrizioni dettagliate, ma mai pesanti, sarà difficile non immergersi in questa storia dal sapore italiano.

Una storia in cui la sofferenza è palpabile, in cui la speranza viene meno ma che poi pagina dopo pagina ritorna più forte e prepotente di prima.

“”Ti prego, non mentirmi: è doloroso morire?”...Nora rinnovò la stretta e si sporse lievemente in avanti per rispondere. “Vi assicuro che certe volte vivere fa molto più male””.

Affascinante è anche la figura di Giaime Alagon. Un alone di mistero ruoterà intorno ai nostri protagonisti e le loro azioni non saranno mai così limpide come invece vorrebbero sembrare.

Un’autrice che continuerò a seguire e di cui a breve leggerò anche il suo primo romanzo visto che questo mi ha completamente conquistato.

Lo consiglio vivamente.

Buona lettura!!

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Fiore di fulmine 2015-05-29 07:58:28 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    29 Mag, 2015
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Un fiore con la luce del fulmine

Il secondo capolavoro di Vanessa Ruggeri, dopo Il cuore selvatico del ginepro. Ero già stata conquistata dal coraggio di Lucia e dal suo amore nei confronti della sorellina Iannetta, lo coga, un sentimento così grande da salvarla e difenderla per tutta la sua esistenza.
Dopo la famiglia Zara, la Ruggeri ci fa conoscere la famiglia Musa, vissuta ai primi del Novecento e altrettanto soggiogata e influenzata da antiche credenze e superstizioni sarde, che ne avvelenano i sentimenti e i rapporti di sangue.
In un piccolo villaggio sardo, nella famiglia Musa, l'irrequieta Nora viene colpita da un fulmine in una notte tempesta. Tutti la credono morta per giorni, finché la piccola non si risveglia nella bara e viene salvata. Ma non è più la stessa bambina vivace e sana. È diventata cupa; ha perso il sorriso. Inoltre, il fulmine le ha lasciato un segno indelebile, un fiore rosso sulla pelle bianca, e la capacità di vedere quello che gli altri non vedono, i morti, e il potere di parlare con loro. Nella sua famiglia nessuno la riconosce più, né la madre che l'amava tanto, né gli inseparabili fratelli.
La provvidenza l'ha salvata per un oscuro motivo e, anche quando la notte fa paura, il cuore di Nora sa riconoscere la sua strada, anche quando la priva degli affetti più importanti.
Nel suo piccolo paesino, Monte Narba, anche lei, come Iannetta, viene emarginata e diventa una creatura temuta, una bidermortos. Però, al contrario di Iannetta, non viene lasciata a se stessa, ma le viene offerta una chance, anche se lontana dal sangue del suo sangue. Viene mandata a vivere dalle suore, in un istituto per orfanelle, dove cresce e diventa una bellissima donna tra infusioni di religione, cultura e splendidi ricami, che soltanto le sue abili mani hanno il potere di creare.
Nonostante tutto il suo destino non è lì, fra le mura di un convento, la sua vita dopo la morte ha una missione da compiere, uno scopo che ancora non ha individuato. Nel suo destino è già scritto di un incontro importante con una ricca signora aristocratica, una viscontessa di Cagliari, Donna Trinez.
Anche questo secondo, interessantissimo romanzo possiede i tre elementi caratterizzanti delle trame avvincenti della Ruggeri. Infatti, parla: di figure femminili forti, che vengono indagate nelle pieghe più intime del loro animo; di Sardegna, un'isola autentica e piena di suggestive tradizioni e inquietanti superstizioni; di famiglie divise e legami spezzati.
Questi i tre ingredienti di successo contenuti in questo romanzo, cui va aggiunto lo stile narrativo piacevolmente prezioso, altamente descrittivo, totalmente incisivo e scorrevole.
Considero questo romanzo un vero capolavoro, in grado di parlare al cuore e di trasmettere emozioni forti intense.

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Il cuore selvatico del ginepro
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