Narrativa italiana Romanzi Il cavaliere inesistente
 

Il cavaliere inesistente Il cavaliere inesistente

Il cavaliere inesistente

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"Questo romanzo di Calvino viene ad affiancarsi a 'Il visconte dimezzato' e a 'Il barone rampante', compiendo una trilogia di emblematiche figure, quasi un albero genealogico di antenati dell'uomo contemporaneo. Stavolta Calvino si è spinto più a ritroso nei secoli e il suo romanzo si svolge tra i paladini di Carlomagno, in quel Medioevo fuori d'ogni verosimiglianza storica e geografica che è propria dei romanzi cavallereschi". Dalla quarta di copertina (anonima) di Calvino alla prima edizione.



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Il cavaliere inesistente 2019-11-01 14:12:37 Clangi89
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Clangi89 Opinione inserita da Clangi89    01 Novembre, 2019
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L'apoteosi del doppio

Chi si cela dentro gli armamenti ferrosi, quelle corazze pesanti, capaci di proteggere alla belle meglio il corpo dei cavalieri nei campi la cui terra è macchiata dal sangue della guerra?
Calvino ci propone una storia rocambolesca a tratti cavalleresca ambientata tra le fila degli esserci di Carlo Magno che, nelle lande francesi, sono intenti a combattere e cacciare gli invasori infedeli.
Come ogni esercito tutto sembra logico, preciso. Per ogni situazione, intervento, operazione è infatti previsto un nome, una procedura ed uno schema di azione tale per cui quella massa di esseri si muove all'unisono, o quasi.
Tanti esseri umani simili quanto diversi, tanti uomini che fuori dalla battaglia dormono, si cibano dei ranci, si azzuffano, si sbeffeggiano, si tolgono le pulci a vicenda e si leniscono le ferite delle battaglie lodando imprese eroiche ai limiti della fantasia. Elmetti, scudi ed armi contribuiscono ad uniformare tutti questi soldati eccetto uno.
La penna di una suora chiusa in un convento ci narra gli eventi e ci presenta un cavaliere unico perché non esiste. Ebbene si, un'armatura vuota ed immacolata, bellissima, lucida e senza ammaccature é animata da una volontà che non ha consistenza. Dietro quei ferri freddi e luminosi non c'è un uomo in carne ed ossa le cui membra sono caratterizzate da fili ed intrecci di sentimenti, passioni, oneri ed onori della vita umana. Il nostro cavaliere Agilulfo è perfetto quanto pedante, la sua mania di precisione rasenta l'irritazione dei commilitoni e dei superiori. Eppure questo NonEssere che non è minimamente toccato delle pestilenze umane non può nemmeno godere dei piaceri della vita, non ha appetito, non dorme, non può amare, non esiste nella corporeità. Come un riflesso a questa perfezione senza corpo conosciamo il vagabondo scudiero Gurdulú che esiste e non sa di esistere: se vede una rana si crede rana, se vede un albero si immedesima nei rami colmi di frutta, se mangia la zuppa è la zuppa a mangiare lui. Lo scudiero arranca dietro il nostro prode Agilulfo, l'uno pesante, rozzo e sconquassato, l'altro leggiadro, splendente, calibrato.
Il racconto si snoda tra storie di donne e cavalieri. Una donna da scovare e da salvare dal nostro eroe, Sofronia, una donna cavaliera, Bradamante, che insegue Agilulfo ed è a sua volta inseguita da certo Rombaldo. L'ironia di un intreccio di vite dal quale emerge l'apoteosi stilistica incentrata sul senso del doppio.
Ogni elemento del romanzo è caratterizzato dalla doppiezza. La perfezione estetica del nostro cavaliere è vuota, una volta che dietro la maschera splendente cessa di animarsi quella volontà, quel senso di onore e vana gloria decadono, resta il nulla. Così il protagonista che abbiamo conosciuto nelle avventure, sfogliando queste pagine stampate ricche di segni non può che svanire, o cambiare forma visto che già non esisteva.
Ad un certo punto il tutto viene paragonato al nulla. L'autore fa parlare i personaggi che riflettono sulla morte come chiusura del cerchio della vita umana la quale tornando alla terra si riconcilia al ciclo infinito della natura. Eppure proprio nella breve parentesi della vita, nella corporeità e nelle imperfezioni delle cose che prendono forma ed esistono nella loro essenzialità, proprio nell'azione dei gesti tangibili, si coglie il substrato umano.
Tutti aspiriamo alla perfezione e siamo attratti dal bello ma cosa resterebbe dell'uomo se tutto fosse davvero perfetto? Forse nulla della sua essenza,forse resterebbe solo una desolante noia che appiattisce gli animi. Il racconto scava nell'emblema della eterna battaglia tra l'essere e l'apparire. Tema costantemente attuale. Bradamante scopre con il furore dei sentimenti di Rombaldo che la perfezione ha assunto vesti umane, non è quindi perfezione ma è sentimento perché è di sentimenti, emozioni e animo che l'uomo riempie se stesso. Nel racconto nulla è come appare, fino alla fine, fino agli ultimi passi di fuga che vogliono ancora scoprire cosa non si conosce, cosa c'è dietro l'angolo di non ancora espresso.
Un breve libro che si struttura, quindi, su più livelli di lettura. La voce narrante si mette in mezzo fra il lettore ed il racconto ed è capace di farci inciampare prendendosi gioco di noi che nulla avevamo inteso della suora. Con questa recensione ho voluto esprimere i pensieri che secondo me può indurre nel lettore guidato e scombussolato dalla penna di una donna devota alla fede che per penitenza ci narra avventure cavalleresche.

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Il cavaliere inesistente 2019-08-04 21:21:01 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    04 Agosto, 2019
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Ci sono parentele più chiare in Beautiful

Con questa lettura si conclude la trilogia ideale -o ciclo compiuto, come lo definisce lo stesso autore- I nostri antenati di Italo Calvino. “Il cavaliere inesistente” è un racconto che pesca a piene mani dal tradizionale ciclo carolingio, riprendendo anche personaggi molto noti come Orlando ed Astolfo, i quali rimangono comunque poco più di comparse.
La storia si concentra invece sul nobile cavaliere Agilulfo, che non esiste sul piano della tangibilità ma solo in virtù della sua mera volontà, e riesce in questo modo a muovere un’armatura sempre immacolata. Per poter dimostrare la bontà dei suoi innumerevoli titoli, il cavaliere è costretto ad affrontare un lungo viaggio tra Europa e Nord Africa, sempre attorniato da una folta schiera di personaggi dalle storie al limite del reale.
Confrontato con agli altri romanzi della trilogia, questo è indubbiamente il più divertente con delle scene surreali, come quando il giovane Rambaldo si presenta presso un apposito ufficio per poter far richiesta di un duello contro un moro al fine di riparare l’onore della sua famiglia. Il tema centrale del libro è però la ricerca della propria identità, ricerca che impegna non soltanto l’inesistente Agilulfo ma tutti gli altri personaggi principali, dal sempliciotto Gurdulù -promosso per dispetto da Carlomagno a scudiero di Agilulfo- agli abitanti della Curvaldia, che riescono infine a prendere coscienza di sé ed a instaurare una sorta di repubblica dove prima il dominio dei nobili era incontestabile.

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Il cavaliere inesistente 2018-09-10 00:31:57 Lorenzo La Rocca
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Opinione inserita da Lorenzo La Rocca    10 Settembre, 2018

Il successore dell'Orlando Furioso

Calvino riprende l'ambientazione tipica del poema cavalleresco, la stessa dell'"Orlando Furioso", collocando i suoi personaggi in Francia, all'epoca dei paladini e di Carlo Magno. Anche la struttura del romanzo è simile al poema di Ariosto: Calvino utilizza il congegno narrativo dell' entrelacement per sviluppare una trama fitta e aggrovigliata, che però vede nella parte finale del romanzo un movimento di raccordo. La scelta di riprendere il genere cavalleresco è funzionale all'analisi della condizione umana e soprattutto consente di portare a termine il processo di demistificazione dell'eroe che già era stato avviato nel '500 da Ludovico Ariosto.

Ciò che colpisce il lettore sin da subito nella lettura, è la figura di Agilulfo: si tratta di un personaggio singolare, un’armatura bianca e splendente, “una delle più ordinate e confortevoli del campo cristiano”, ma senza corpo, un cavaliere che” non c’è ma sa di esserci”, e la cui esistenza è dovuta unicamente alla propria forza di volontà. E’ un amante maniacale della perfezione e del rispetto delle regole, come si può intuire già dalle prime pagine:

“Poi si riscosse e, di gran passo, si diresse verso gli stallaggi. Giunto là, trovò che il governo dei cavalli non veniva compiuto secondo le regole, sgridò gli staffieri, inflisse punizioni ai mozzi, ispezionò tutti i turni di corvè, ridistribuì le mansioni spiegando minuziosamente a ciascuno come andavano eseguite e facendosi ripetere quel che aveva detto per vedere se aveva capito bene. E siccome ogni momento venivano a galla le negligenze nel servizio dei colleghi ufficiali paladini, li chiamava a uno a uno, sottraendoli alle dolce conversazioni oziose della sera, e contestava con discrezione ma con ferma esattezza le loro mancanze, e li obbligava uno ad andare di picchetto, uno di scolta, l’altro giù di pattuglia, e così via. Aveva sempre ragione , e i paladini non potevano sottrarsi, ma non nascondevano il loro malcontento. Agilulfo era certo un modello di soldato, ma a tutti loro era antipatico.”

Fin da subito può essere individuata l'analogia con Orlando: entrambi i personaggi esistono solo per l'adempimento delle regole e dei protocolli di cavalleria. Le conseguenze sono disastrose: da un lato la pazzia per Orlando, dall'altro la condizione di inesistenza di Agilulfo. E' evidente l'intento da parte di questi autori tanto distanti nel tempo, di criticare questo atteggiamento dogmatico e rigidamente unilaterale, contrario al pluralismo prospettico tanto auspicato da Ariosto. Ma Agilulfo allo stesso tempo, è il simbolo di una condizione umana ben più vasta, che riguarda l'uomo contemporaneo: egli è il simbolo dell'uomo robotizzato e alienato, vittima di una società di massa volta all'annullamento dell'identità dei singoli individui, che non concede agli uomini di dedicarsi al proprio mondo interiore. E' una riflessione sulla presenza dell'uomo nel mondo, su ciò che "è" e ciò che "appare": dietro la splendida armatura bianca del cavaliere Agilulfo, si cela una figura "inesistente", vuota, priva di qualsiasi valore morale e culturale, che ha perso il contatto con la parte più profonda e vera di sè, finendo per omologarsi a idee e modelli di comportamento già prestabiliti.

“Lo scorse sotto un pino ,seduto per terra, che disponeva le piccole pigne cadute al suolo secondo un disegno regolare, un triangolo isoscele, A quell’ora dell’alba , Agilulfo aveva sempre bisogno d’applicarsi a un esercizio di esattezza: contare oggetti, ordinarli in figure geometriche, risolvere problemi di aritmetica. E’ l’ora in cui le cose perdono la consistenza d’ombra che le ha accompagnate mela notte e riacquistano a poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto appena sfiorate e quasi alonate dalla luce: l’ora in cui si è meno sicuri dell’esistenza del mondo. Agilulfo, lui, aveva sempre bisogno di sentirsi di fronte le cose come un muro massiccio al quale contrapporre la tensione della sua volontà, e solo così riusciva a mantenere una sicura coscienza di sé. Se invece il mondo intorno sfumava nell’incerto, nell’ambiguo, anch’egli si sentiva annegare in questa morbida penombra, anch’egli si sentiva annegare in questa morbida penombra, e non riusciva più a far affiorare dal vuoto un pensiero distinto, uno scatto di decisione, un puntiglio. Allora si metteva a contare: foglie, pietre, lance, pigne qualsiasi cosa avesse davanti. O a metterle in fila, a ordinarle in quadrati o in piramidi. L’applicarsi a queste esatte occupazioni gli permetteva di vincere il malessere, d’assorbire la scontentezza, l’inquietudine e il marasma, e di riprendere la lucidità e compostezza abituali."

Nel corso del romanzo salta immediatamente all'occhio la tendenza da parte di Agilulfo a ricercare un'ordine nella realtà, un disegno perfetto in tutto. In realtà, si tratta dell'unico modo che ha a disposizione per razionalizzare il caos che contraddistingue la sua interiorità: egli è un uomo che vive di leggi e atti burocratici senza essere capace di utilizzare una propria coscienza critica. Allo stesso tempo pero, viene tormentato tutte le notti dal pensiero di voler diventare una persona in carne ed ossa. Ancora una volta, dietro ciò che appare, ossia un cavaliere determinato e coraggioso, si cela una personalità triste, fragile, tormentata, vittima di un irreparabile dissidio interiore. Talmente fragile che, nel momento in cui si vede messo in discussione il suo titolo di cavaliere, scompare e si dissolve nel nulla. Come se Calvino volesse porre un accento sulla condizione dell'uomo moderno, che può pensare di essere qualcuno solo grazie alla funzione sociale che riveste, e una volta privato di quest’ultima, rimane “vuoto”, scompare, e nessuno lo riconosce più.

Ad Agilulfo Calvino contrappone la figura di Gurdulù, colui che “c’è ma non sa di esserci“, che si immedesima con tutto ciò che vede e tocca, in una fusione indifferenziata col tutto. Egli vive libero come un bambino, agendo senza ragione, completamente privo di pensieri e freni inibitori.

Entrambi i personaggi, pur essendo antitetetici in quanto simboleggiano rispettivamente la ragione e l'istinto, hanno un punto in comune: entrambi sono caduti vittime della società di massa, finendo per smarrire la propria identità ed essere privati della propria personalità.

Agilulfo e Gurdulù sono le componenti scisse dell’individuo moderno. Ritorna dunque il tema della scissione dell'uomo contemporaneo caro a Calvino , dell’uomo in piena crisi di certezze e privo di punti di riferimento fissi, stabili a cui aggrapparsi. E non manca l'auspicazione al raggiungimento dell'uomo totale, che riesce ad equilibrare i tratti opposti del suo carattere. Non per nulla, il terzo personaggio su cui Calvino pone l’accento è Rambaldo. Egli è un giovane ricco di ansie e incertezze, alla ricerca di sé, di un proprio posto nel mondo, che però ha il coraggio di buttarsi a capofitto nelle vicende della vita e costruire la propria personalità imparando dai propri errori. E’ dotato di grande fiducia e perseveranza, doti che si riveleranno fondamentali per conquistare la tanto amata Bradamante. Anche in questo caso, è possibile individuare un’analogia con il poema di Ariosto: Rambaldo può essere paragonato a Ruggiero, personaggio che riesce a conquistare Bradamante dopo una lunga maturazione personale. Rambaldo dunque, si può considerare come la fusione tra Gurdulù e Agilulfo. Egli è infatti un essere razionale, come Agilulfo, ma che allo stesso tempo si lascia guidare anche dal suo cuore e dalle sue emozioni, come fa Gurdulù. Il messaggio che Calvino vuole trasmetterci, è che dunque non può considerarsi completo se non riesce ad impiegare con armonia ed equilibrio tutte le sue facoltà, sia quelle legate al pensiero, sia quelle legate ai sentimenti e agli affetti.

Infine, nel romanzo vi è la denuncia alla guerra come attività inutile e vuota di significato.

"Non c'è difesa né offesa, non c'è senso di nulla, - disse Torrismondo. - La guerra durerà fino alla fine dei secoli e nessuno vincerà o perderà, resteremo fermi gli uni di fronte agli altri per sempre. E senza gli uni gli altri non sarebbero nulla e ormai sia noi che loro abbiamo dimenticato perché combattiamo... Senti queste rane? Tutto quel che facciamo ha tanto senso e tanto ordine quanto il loro gracidio, il loro saltare dall'acqua alla riva e dalla riva all'acqua..."

Ma la visione pessimista non impedisce a Calvino di concludere Il cavaliere inesistente con un’apertura di speranza e di amore verso il futuro:
"…ecco, o futuro, sono salita in sella al tuo cavallo.[…] Quali impreviste età dell’oro prepari, tu foriero di tesori pagati a caro prezzo, tu mio regno da conquistare, futuro".

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Il cavaliere inesistente 2017-08-09 15:55:17 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    09 Agosto, 2017
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Leggere Calvino oggi

Rileggere oggi La trilogia degli antenati di Italo Calvino è un’esperienza quanto mai illuminante sulla condizione in cui versa l’uomo contemporaneo. “Il cavaliere inesistente” giunge dopo “Il visconte dimezzato” e “Il barone rampante” ed è forse il più complesso dei tre. Se nelle intenzioni dell’autore era di tracciare le linee fondamentali di quello che sarebbe divenuto in seguito l’uomo moderno, si può dire che l’esperimento sia stato tra i più riusciti, nella misura in cui egli ha con efficacia creato personaggi-simbolo della dissociazione della personalità, della inconciliabilità tra l’individuo e la realtà circostante.
Non a caso Agilulfo, il cavaliere inesistente, è coscienza senza fisicità, laddove Gurdulù, il suo opposto, è fisicità senza coscienza. Il primo agisce secondo schemi fissi, il secondo muta atteggiamento e persino nome col mutare delle situazioni e delle azioni che si trova a compiere.
Agilulfo e Gurdulù sono le componenti scisse dell’individuo moderno che stenta a ritrovare una sua unitarietà, indispensabile per la realizzazione di un rapporto armonico con il mondo che lo circonda.
Né il gioco degli opposti e dei contrari si limita ad Agilulfo e a Gurdulù: Bradamante è l’amore come sfida e conquista mentre Sofronia è l’amore tenero e pacifico; Rambaldo è rappresentazione del mondo dell’esperienza in contrapposizione a Torrismondo espressione del mondo teorico e morale.
Né mancano in questo romanzo di impronta cavalleresca i tradizionali colpi di scena, con le pagine dedicate agli emozionanti momenti di “agnizione”, di riconoscimenti che riconducono alcuni personaggi entro gli schemi di una diffusa morale tradizionale. In quest’ottica va visto il rapporto Sofronia -Torrismondo, non già madre e figlio, bensì figlia del re di Scozia e di una contadina l’una, della regina e del Sacro Ordine del Gral l’altro. Ecco superato, dunque, il rischioso nodo narrativo dell’incesto.
Il progressivo svelarsi del personaggio narrante di suor Teodora, inoltre, e la sua identificazione con Bradamante danno al romanzo una connotazione di metaromanzo, di una disquisizione, cioè, e di una analisi sulla condizione di alienazione e scissione di personalità dell’uomo contemporaneo, che oggi, più di ieri, in epoca di globalizzazione appare estremamente allarmante.

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Il cavaliere inesistente 2014-11-01 18:30:01 marygiò02
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marygiò02 Opinione inserita da marygiò02    01 Novembre, 2014
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L' umanità: un mosaico variopinto

‘Se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.’

Questo romanzo viene ad affiancarsi a ‘Il visconte dimezzato’ e a ‘Il barone rampante’, compiendo una trilogia di emblematiche figure, quasi come un albero genealogico di antenati dell’ uomo contemporaneo. All’ interno di questa trilogia si vuole studiare la condizione dell’ uomo di oggi, il modo della sua alienazione, le vie di raggiungimento di un’ umanità totale.
Il romanzo è ambientato nella lontana epoca dei paladini di Carlomagno, animati dal valore, dalla fortezza e dal coraggio, in un Medioevo fuori d’ ogni verosimiglianza storica e geografica propria dei poemi cavallereschi.
Esso diviene metafora dell’ astratta civiltà di massa, in cui la persona umana appare cancellata dietro lo schermo delle funzioni, di comportamenti prestabiliti. E’ riflessione sull‘ essere, sulla presenza dell’ uomo nel mondo.
Tra le tante critiche rivolte al romanzo, mi soffermerei sulla presunta illogicità del romanzo e sulla mancanza di un tema di fondo. A dispetto di queste critiche, invece, a mio parere, l’ opera presenta un tema abbastanza palese, aggiungerei profondo, ma soprattutto attualissimo! Quante volte sentiamo dire: ”Tutto muscoli, niente cervello” oppure “Bella, ma stupida”; ecco, è proprio questo il tema/messaggio che Calvino vuole lasciarci: il vuoto che la società di massa stava creando tra gli uomini, i quali mettevano da parte valori ‘sacri’ per omologarsi, per divenire anch’ essi Macchina; Chi meglio di un cavaliere, dalla bianca corazza, che si erge al di sopra degli altri per lucentezza, poteva rappresentare al meglio questa situazione? E poi, una volta abbandonata quell’ armatura, diveniva uno dei tanti, se non peggio: scompariva del tutto.
Per quanto riguarda l’ illogicità dell’ opera, riporto una testimonianza dell’ autore stesso: ‘Se scrivo racconti fantastici è perché mi piace mettere nelle mie storie una carica di energia, d’ azione, di ottimismo, di cui la realtà contemporanea non mi dà ispirazione.’ La storia segue più intrecci, come vuole un romanzo cavalleresco, dunque, il libro va letto prescindendo da tutti i possibili significati, divertendosi con le avventure di Agiulfo, Gurdulù, di Bradamante ecc… Tutto rientra nei piani di Calvino.

La letteratura, i componimenti poetici in generale seguono, infatti, il genio irrazionale. Lasciamo, dunque, la razionalità alla matematica e alla realtà, e immergiamoci per qualche ora in quel mondo che solo la fantasia può creare!
‘L'arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s'accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.’


buona lettura!
Maria Giovanna

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Il cavaliere inesistente 2014-09-04 22:19:18 aislinoreilly
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aislinoreilly Opinione inserita da aislinoreilly    05 Settembre, 2014
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Calviniano...

Questo romanzo di Italo Calvino, è stato scritto nel 1959 ed è il terzo capitolo nella trilogia intitolata “I nostri antenati”. I due romanzi precedenti sono “Il visconte dimezzato” (una perla anch’esso) ed “Il barone rampante” (meritevole).
Avendo già fatto un breve riassunto della vita di Calvino (vedi commento a “Il sentiero dei nidi di ragno” ), parlerò brevemente della trama di questo bel romanzetto:
Siamo all’epoca dell’ Imperatore Carlo Magno e tutta la vicenda è narrata da una suora in un convento che ripercorre le diverse avventure di due protagonisti: Agilulfo (il cavaliere inesistente) e Rambaldo (un giovane che vuole vendicare la morte di suo padre uccidendo l’argalif Isoarre). Agilulfo si contraddistingue non tanto per il suo essere immateriale, piuttosto emerge per la sua pedanteria, puntigliosità e freddezza. Rabaldo invece è un giovane dalle passioni turbolente e si innamora di Bradamante, una donna-cavaliere che in battaglia lo salva da morte certa e cerca in tutti i modi di conquistarla, inutilmente. Lei è infatti innamorata di Agilulfo che non ricambia questo amore. Colpo di scena: durante un banchetto, il giovane Torrismondo rivela che di fatto il titolo di “cavaliere” di Agilulfo non è valido perché per essere nominato cavaliere bisognava aver salvato una vergine in pericolo e colei che lui aveva posto in salvo in realtà aveva già avuto un figlio, Torrismondo stesso. Così Agilulfo partirà per ritrovare la donna e Torrismondo per trovare i cavalieri de “Il Sacro Ordine dei Cavalieri del Santo Graal” tra i quali pare esserci il suo vero padre. Bradamante seguirà Agilulfo disperata e a sua volta verrà “pedinata” dal suo spasimante, Rambaldo.
Riusciranno a portare a termine le loro missioni? A voi il piacere della scoperta. :)
Farò una breve analisi, senza annoiarvi troppo…
Rambaldo è proprio un personaggio senza sostanza, in tutti i sensi. Rappresenta l’uomo robotizzato che vive di leggi e atti burocratici senza bisogno di utilizzare una propria coscienza, un automa bello fuori (l’armatura è sempre impeccabile e lucidissima) ma “vuoto” dentro. Da una parte però vorrebbe essere una persona in carne ed ossa e questo pensiero tormentato lo accompagna in tutte le sue notti insonni.
Tutto sommato però è dotato comunque di un’astuzia che lo caverà fuori da possibili pasticci e la sua personalità così distaccata farà impazzire qualche donna… ;)
Rambaldo invece è un giovane incosciente, proprio un ragazzino che si lancia nella guerra aspettandosi chissà quali azioni eroiche e si trova spiazzato dalla burocrazia che sta dietro anche ad un semplice atto di vendetta.
Un personaggio che non ho citato nella trama è Gurdulù, il pazzo di turno, un uomo che non sa cos’è e diventa ciò che cattura la sua attenzione. Il mio personaggio preferito della storia! Crede di essere un animale, un oggetto inanimato, del cibo, tutto, con una facilità spiazzante ma affascinante: si immedesima e vive libero come un bambino, senza pensieri e senza inibizioni.
Detto questo, mi resta poco da aggiungere…
Io l’ho letto molto volentieri ed è scorrevole (ad eccezione di alcuni punti dove ci sono dei soliloqui di Agilulfo un pochino noiosini), lo stile di Calvino si riconosce sempre, soprattutto nei suoi personaggi sempre molto “estremi” secondo me. Piacevole anche per una lettura pre-dormita o in viaggio.
Buon divertimento. ;)

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Il cavaliere inesistente 2014-01-08 20:06:56 Pia Sgarbossa
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Pia Sgarbossa Opinione inserita da Pia Sgarbossa    08 Gennaio, 2014
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TU CI SEI ... OPPURE NO ?

Decido di leggere questo libro , alla ricerca delle sensazioni che me lo avevano reso interessante, in occasione della mia lettura avvenuta nell'adolescenza.
E a lettura ultimata capisco che ognuno di noi cambia nel carattere , si migliora o peggiora a seconda delle esperienze di vita, ma in una cosa rimane se stesso: nel temperamento.
Ed è proprio questo credo sia il motivo per il quale riesco a rivivere le stesse sensazioni.
Calvino ci narra una storia ambientata nel Medio Evo, con racconti di cavalieri al servizio di Carlo Magno, in un miscuglio tra realtà e fantasia.
Quello che colpisce è la presentazione dei vari personaggi, che ci offrono una panoramica completa dell'animo umano: sentimenti, modalità di porsi e di comportarsi, desideri, sogni, forza di volontà...
Ognuno di noi può avere la possibilità di rivedersi, di valutare le cause e le conseguenze di certi nostri comportamenti.
Agilulfo: l'uomo che pur non essendoci ... c'è ! Precisissimo, sempre razionale...presenza che può essere spesso scomoda, perchè non sa accettare le falsità e le vie di mezzo: per lui tutto deve avere un ordine preciso e attorno al quale ruota tutta la narrazione.
Rambaldo: l'uomo che insegue un desiderio e si lascia trasportare dai sentimenti, dalla passione dell'amore.
Torrismondo: l'uomo segnato da un'infanzia caratterizzata da ricordi misteriosi e incerti, desidera trovare chiarezze.
Gurdulù: l'uomo che vive seguendo i propri impulsi "di pancia"... fisicamente c'è, ma agisce senza ragione.
Bradamante: è la donna "vissuta"stanca di tutto, che insegue un uomo impossibile...l'unico che può ancora attrarla .
Ho trovato originalissima l'idea di far scrivere il racconto da una suora di clausura, che scrive ...per penitenza...per cercare la verità...una figura che in parte conosce il mondo, in parte deve ricamare le storie con la propria fantasia...e che può in qualche modo essere ognuno di noi.
Ogni lettore inoltre si può riconoscere sicuramente oltre che in lei, anche in uno dei personaggi proposti.
Io sia da adolescente sia da adulta, ho provato una certa vicinanza per Agilulfo...questione di feeling...ed è stato motivo per me di riflessioni personali.
Il racconto termina in modo del tutto inaspettato, lasciando un messaggio di speranza per chi ha amato tantissimo una persona , ma non è stata ricambiata : si, la vita può sorprendere, con evoluzioni mai previste.
E' sicuramente da leggere, nella certa convinzione che ogni lettore troverà sicuramente il proprio personaggio o almeno si riconoscerà in parte tra i vari personaggi.
Buona lettura,
Pia

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A chi ha capito la vacuità umana e nel contempo la grandezza...e ama la capacità introspettiva e ironica di Calvino.
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Il cavaliere inesistente 2013-11-13 17:01:23 Dilo
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Dilo Opinione inserita da Dilo    13 Novembre, 2013
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Intrecci di amori e di tipi bizzarri

-"Com'è che non mostrate la faccia al vostro re?"
-"Perché io non esisto sire"
- "E com'é che fate a prestar servizio, se non ci siete?"
- "Con la forza di volontà"
Pensate di essere in un campo di battaglia insieme a Carlo Magno e come se non bastasse, provate a immaginare di avere come compagno di battaglia uno che c'è solo grazie alla sua forza di volontà, pensate alla tenacia che deve avere questo paladino di Francia che c'è pur non essendoci! E pensate a quando deve essere così rompi scatole questo Cavaliere. Il campo di battaglia è pieno di personaggi bizzarri, Agilulfo a parte, troviamo anche Gurdulù il suo scudiero, il quale "c'è ma non sa d'esserci", poi c'è Bradamante, Cavaliere ineccepibile ma donna...unica donna dell'accampamento poi abbiamo il giovane Rambaldo e Torrismondo. Tutto va bene, fin quando la pignoleria di Agilulfo non fa incrinare gli equilibri e per difendere la sua carica di Paladino non si ritrova a dover lasciare l'accampamento e con lui, per varie vicissitudini amorose e non, lasciano l'accampamento anche Bradamante, Rambaldo, Torrismondo e Gurdulù. Così la storia continua tra momenti davvero esilaranti, demistificazione di "mostri sacri" come l'ordine dei cavalieri del santo gral e un Carlo Magno più simile a quello cantanto da De Andrè che a quello dei libri di storia. Nonostante il romanzo sia ambientato nel medioevo, non è difficile trasportare certe situazioni al presente e così farlo diventare un libro attualissimo, Dalla figuara del religioso, al politico fini ad arrivare a quella dell'uomo e alla donna.
Calvino ci fa conoscere anche l'amanuense che narra la storia, una suora la quale ci fa conoscere tutti i suoi dubbi e tutta la fatica che mette nello scrivere, il tutto alternato da una classica narrazione in terza persona. Calvino e pochissimi altri, nella letteratura italiana, riescono ad usare così magistralmente il narratore e la prima persona. Si entra e si esce dalla storia continuamente, c'è un continuo cambio di narratore ma nonostante ciò, e in questo sta la bravura di Calvino, il lettore non si perde neanche una volta, la lettura continua ad essere molto scorrevole. Nonostante ciò della trilogia è il libro che mi è piaciuto meno, quindi vi consiglio di leggerlo ma consiglio di leggere prima gli altri due, o almeno di leggere anche quelli

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il visconte dimezzato, il barone rampante e l'opera di Italo Calvino in generale
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Il cavaliere inesistente 2013-10-30 12:54:34 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    30 Ottobre, 2013
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Il cavaliere inesistente

Qui si cantano i cavalieri, le armi e gli amori che palpitano in un alto medioevo di fantasia, dove ogni esigenza di verosimiglianza storica cade di fronte al gusto dell’autore nel narrare una lunga e divertita fiaba. Paladino di Carlomagno, Agilulfo è solo un armatura vuota, benché immacolata nel suo bianco splendente. Per contrastare il suo essere sempre così perfettino, in battaglia e di corvè, il re gli affibbia come scudiero Gurdulù, l’uomo dai mille nomi che è il suo esatto contrario, visto che a una debordante presenza fisica accoppia una totale svagatezza mentale. Alla loro storia, si intrecciano quelle della bella Bradamante, del giovanissimo Rambaldo e del cupo, benché poco più che ragazzo anche lui, Torrismondo: quando i fili si ingarbugliano, si ritrovano tutti a cavalcare verso i quattro angoli del mondo impegnati in una ricerca (una ‘quest’ direbbero quelli che parlano forbito) che li accompagna sorridendo alla naturale destinazione del lieto fine. Leggendo, si procede incantati proprio come si fa quando si ascolta una favola che alterna, con equilibrio ammirevole, momenti di avventura e sprazzi di irresistibile comicità, ma, come in tutte le favole, si può scorgere sullo sfondo un robusto fondamento di realtà. L’idea di Agilulfo e del suo svagato, speculare Sancho Panza nasce in Calvino meditando, pensa te, sulla condizione dell’uomo moderno, impegnato in un difficile dibattersi tra concretezza e superficialità alla ricerca di un modo di essere che troppe volte non sa focalizzarsi sugli aspetti importanti della vita: gli altri personaggi servono come variazioni di tale motivo principale, mentre le idee di progresso sociale care all’autore (che usciva allora dall’infatuazione comunista) si possono ritrovare nell’episodio della reazione degli abitanti di Curvaldia ai caricaturali Cavalieri del Sacro Gral. In aggiunta ci sono le meditazioni sul fatica di scrivere e pagina bianca di suor Teodora – che meraviglia, però, la rappresentazione quasi cinematografica delle mappe - ma il libro resta godibilissimo anche a prescindere da simili diramazioni ideologiche: le sue poco più di cento pagine scorrono veloci nella scrittura brillante e lavorata con cura di Calvino (fonte, come sempre, di una piacevolezza quasi fisica) risultando adatte a lettori di qualsiasi età, dal bambino affascinato dal lato favolistico all’adulto alla ricerca di un rilassante viaggio della fantasia. Qualche critica da incontentabili, volendo, si può anche abbozzare: è vero che il romanzo è di mirabile concisione, ma a rimetterci sono soprattutto il personaggio principale e, ancor di più, Gurdulù che, dopo una pirotecnica entrata in scena, sembra non realizzare in pieno le sue possibilità. Lo stesso capita ad Agilulfo, delle cui gesta si vorrebbe essere informati in maggior misura - il paladino è pur sempre uno capace di camminare sul fondo del mare fino in Marocco e di soddisfare una donna senza sfiorarla! - e, invece, d’ogni tanto finisce fuori scena per molte pagine a favore di episodi – in special modo quello di Curvaldia – che si prendono uno spazio eccessivo. Si tratta, in ogni caso, di considerazioni marginali che poco incidono sul giudizio complessivo di questo libretto davvero incantevole.

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Il cavaliere inesistente 2013-10-20 05:12:39 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    20 Ottobre, 2013
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Inesistenza in acronimo

Il terzo capitolo della "trilogia araldica" è affidato a
Lui: il più inconsistente, il più evanescente e fantasmatico

Cavaliere che mente umana
Abbia mai potuto concepire. La storia: il giovane Rambaldo
Vuole vendicare la morte di suo padre e ci riesce. In un
Agguato viene salvato da Bradamante, di cui s’innamora.
La donna non lo ricambia perché il suo uomo
Ideale è Aginulfo, il cavaliere inesistente. L’inconsistenza
E' causata da una circostanza anomala:
Resosi eroe per aver salvato una vergine da violenza, gli
E‘ revocato il titolo nobiliare quando si scopre che

Invece, la donna, vergine
Non era. Pedinamenti a non finire: Aginulfo
E‘ rincorso da Bradamante, inseguita da Rambaldo… Tra
Scozia e Marocco, passando per
I cavalieri del Santo Graal alla ricerca del padre, Aginulfo
Si preoccupa di riconquistare un’identità. E l’esistenza.
Tanti i colpi di scena, cavallereschi
E non: compreso quello relativo all’identità della
Narratrice, suor Teodora, che altri non é…
Tra i nostri antenati è il più macchinoso, il più cervellotico
E non per questo il meno divertente…viva l’ironia fantastica!

Bruno Elpis

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