Il partigiano Johnny
Letteratura italiana
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Incompiuto
Difficile dire bello, di certo è un libro interessante. Impossibile trascendere dal fatto che l'autore non fece in tempo, o non volle, pubblicarlo finito. Il risultato proposto da Einaudi è il frutto di un lavoro di congiunzione di un paio di racconti e di due versioni del romanzo stesso. Fatta questa premessa il libro è un viaggio nella resistenza; un viaggio romantico e fantastico fatto accompagnati da un uomo che era indubbiamente fuori dagli schemi, che ci racconta e si racconta (il protagonista era forse la visione romantica di sé stesso) attraverso un linguaggio parallelo, in parte inventato, in parte reale, con una grossa componente inglese, e un'altra in "italietto" (italiano+dialetto), che ha dato origine al cosiddetto "fenglese". Ne risente la piacevolezza della lettura, che risulta difficile, concentrata, iterativa. Ma, al contrario, il contenuto è colossale, impareggiabile, visionario.
Mi pare che ci sia tutto... buona lettura
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Un romanzo eccellente, ma...
Ritengo indispensabile una doverosa premessa: questo romanzo è stato pubblicato postumo (Fenoglio era deceduto senza completare l’opera) in una versione che mescolava, in modo del tutto arbitrario, due diverse stesure, con tutte le inevitabili lacune e contraddizioni.
Peraltro l’edizione di Einaudi ha fatto propria delle due la seconda, quella che viene più universalmente accettata come la più coerente con lo spirito dell’autore.
In ogni caso la mancanza di un imprimatur ufficiale da parte dello scrittore finisce con il lasciare un po’ l’amaro in bocca, perché si avverte anche in questa versione l’incompiutezza che si riflette poi in una conclusione che si intuisce, ma non si legge.
Ciò premesso mi sembra di aver ritratto dalla lettura più di un’impressione non legata solo all’aspetto storico della resistenza, ma anche a una sua proiezione negli anni a venire.
Johnny è un partigiano che partecipa alla guerra di liberazione con una visione del tutto individuale delle problematiche e con uno spirito quasi da novello Robin Hood che gli dona immediatamente una naturale simpatia.
Peraltro, se l’aspetto storico è di grande rilievo, non bisogna dimenticare che Fenoglio è riuscito a imprimere alla narrazione una notevole forza immaginifica, in certi momenti addirittura da pellicola cinematografica; inoltre il tema è stato svolto in modo tale da conferire all’opera significati di carattere universale, con la guerra di liberazione che finisce con l’essere il pretesto per ricercare il fine stesso dell’esistenza.
Da molti è stato definito il più riuscito romanzo sulla resistenza, ma in tutta sincerità mi sembra inferiore a La messa dell’uomo disarmato, di Luisito Bianchi, che pure affronta significati universali, ma in modo più chiaro e convincente.
Con ciò non intendo dire che Il partigiano Johhny sia un’opera non riuscita, ma che è solo di eccellente livello, senza raggiungere i vertici propri di un capolavoro.
Se poi aggiungiamo il linguaggio usato (al riguardo il volume di Einaudi riporta un interessante saggio di Dante Isella) accetto termini nuovi coniati dall’autore, pur con riserve per qualcuno, ma non sopporto che ci siano periodi parte in italiano e parte in inglese, quando il ricorso a questa lingua non trova nessuna giustificazione. E’ un sistema che indispettisce e che tende ad astrarre dalla lettura di un’opera che, pur con tutti i limiti sopra accennati, è meritevole della massima attenzione.