Narrativa italiana Romanzi Il silenzio coprì le sue tracce
 

Il silenzio coprì le sue tracce Il silenzio coprì le sue tracce

Il silenzio coprì le sue tracce

Letteratura italiana

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Un uomo sale in montagna col proprio cane. Non ne scenderà più. Con sé ha poche provviste e una vecchia pistola. Camminando tra valli, coste e villaggi abbandonati dell'Appennino si lascia alle spalle la sua vita passata e la civiltà, per raggiungere un luogo del padre che ha deciso diventerà suo. Durante il viaggio incontra uomini e donne che si sono rifugiati in una delle aree più selvagge del nostro Paese - un mondo antico che, pur proteggendoli, li sfida ogni giorno. Il lupo, la specie più saggia e selvaggia rimasta sulle nostre montagne, lo guiderà alla ricerca di una donna incontrata e subito persa, e alla scoperta della parte indomita dell'essere umano. Questa è una storia di uomini, boschi, animali e montagne, un romanzo che racconta il ritorno della natura, fuori e dentro di noi, e di quella emergenza selvatica in grado di sconvolgere la quotidianità a pochi passi dalle nostre vite.



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Il silenzio coprì le sue tracce 2018-09-21 13:00:55 Katya Vettorello
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Opinione inserita da Katya Vettorello    21 Settembre, 2018

Indomiti

Ne “Il silenzio coprì le sue tracce” di Matteo Caccia, è imponente la forza selvaggia della natura, degli alberi, delle montagne. Bastano poche pagine per trovarsi a camminare nei boschi, sentire sulle braccia il freddo pungente delle cime innevate.

Il protagonista è Pietro, detto Zambo, che deve compiere una missione per conto del padre nella Maremma verso la quale si incammina assieme al suo cane lasciandosi alle spalle l’auto, la civiltà e i rapporti consolidati.

È un viaggio a passo d’uomo, il suo, tra sentieri di montagna e paesi fantasma, zaino in spalla e Tobia al fianco. Un viaggio fisico e interiore, durante il quale ritrova un vecchio amico di famiglia pronto ad aiutarlo nella sua missione. Passo dopo passo, lento e inesorabile, si spoglia delle consapevolezze di una vita, butta al suolo una zavorra dopo l’altra.

Impara a procurarsi il cibo dalla terra o dall’acqua, quando le forze e il tempo son clementi. Lo caccia tra gli alberi, predatore immobile come un tronco secolare. Predatore come Libero, un lupo, un esemplare solitario e macilento catturato e messo in osservazione. Un animale indomito che Zambo libera e con cui prosegue il suo viaggio verso una meta che non reclamerà la sua presenza.

In questo romanzo l’autore porta volutamente l’essere umano agli estremi, isolandolo e affamandolo, spogliandolo di ogni certezza e di ogni agio per spingerlo inesorabilmente verso la scoperta di un io che dovrà poter gestire al meglio per non soccombere alle leggi della natura. Tutta.

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La strada di Cormac McCarthy ;)
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Il silenzio coprì le sue tracce 2017-10-26 04:30:45 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    26 Ottobre, 2017
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Al confine delle cose

Un itinerario montano quello di Pietro Zambelli detto Zambo tra luoghi aspri e spopolati (“Il villaggio era un fantasma di pietra. Arrivarci era complicato. Se chiedevi a una guida turistica, te lo avrebbe sconsigliato senz’altro. Solo un reietto o un fuggitivo si sarebbero spinti fin lassù”). Parte da Marsiglia (quella italiana, in Liguria) in compagnia del cane Tobia, custodendo una pistola ( “La Smith & Wesson calibro 357 era ancora lucida”), nel ricordo di un suicidio scioccante. S’imbatte nel vecchio amico del padre – Dindon – e in una piccola comunità della quale fa parte Agnese, ex tossicodipendente, con la quale intreccia una primordiale relazione amorosa.

Lagdei e Lago Santo, Cerreto Alpi, Monte Sillara, Codiponte sono le tappe di un viaggio che ha per destinazione Arcidosso (GR) tra il Monte Amiata e il Monte Labbro (“Devo raggiungere una casa in Maremma”), ove il padre ex partigiano aveva una proprietà (“Sto andando al podere sul Monte Labbro”).

Il salvataggio di un lupo è preludio di ritorno a rapporti semplificati, elementari, essenziali (“Io sono venuto qui al confine delle cose”) al limite del cinismo (“Un uomo che scavava una fossa e un lupo in un villaggio che l’Italia si era dimenticata furono per poco tempo vicini come non era mai successo, come se né l’uno né l’altro appartenessero alla propria razza, ma avessero trovato un modo di vivere antico e selvatico in quel tratto abbandonato di mondo”).

Giudizio finale: nudo e crudo, grezzo e brado, selvatico.

Bruno Elpis

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