Narrativa italiana Romanzi La concessione del telefono
 

La concessione del telefono La concessione del telefono

La concessione del telefono

Letteratura italiana

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"Nell'estate del 1995 trovai, tra vecchie carte di casa, un decreto ministeriale (che riproduco nel romanzo) per la concessione di una linea telefonica privata. Il documento presupponeva una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratico-amministrativi da farmi venir subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia (l'ho terminata nel marzo del 1997). La concessione risale al 1892... Nei limiti del possibile, essendo questa storia esattamente datata, ho fedelmente citato ministri, alti funzionari dello stato e rivoluzionari col loro vero nome (e anche gli avvenimenti di cui furono protagonisti sono autentici). Tutti gli altri nomi e gli altri fatti sono invece inventati di sana pianta." A. C.



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La concessione del telefono 2010-03-05 21:53:30 Minny
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Minny Opinione inserita da Minny    05 Marzo, 2010
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Un incantevole "divertissement",

In questo agile volumetto non c'è Montalbano : pazienza!
Un libro incantevole, dal ritmo travolgente e scritto da una penna sapientissima. Sotto l'esteriore e spumeggiante ironia si nasconde , ma non troppo, una mente critica spietata e acuta ,che lancia le sue frecce avvelenate non solo sulla società , ma ancor più sulle umane debolezze, radiografate con un sorriso sardonico e disincantato.
Insomma , un divertissement che fa sorridere , ridere nonché riflettere i suoi lettori: una chicca da non perdere.

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tutto Camilleri e che ama i libri scritti con leggerezza, ma profondi.
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La concessione del telefono 2010-03-05 17:51:36 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    05 Marzo, 2010
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Corna e burocrazia

Per quanto associamo subito al nome di Camilleri quello di Montalbano, il personaggio senza dubbio più conosciuto, l’autore siciliano si diletta anche a scrivere romanzi storici o comunque di ambientazione storica.
Fra questi ce n’è uno un po’ particolare, realizzato parte in forma epistolare, parte come dialoghi e che ha conosciuto il suo maggior successo nella versione teatrale. Per appassionare il lettore o lo spettatore ci sono tutti gli elementi giusti, amalgamati con la consueta abilità da Camilleri, sì che ne esce un’opera dal difficile, ma esemplare equilibrio e che per certi versi può ricordare la famosa pochade francese. Le coincidenze impossibili, o quasi, l’assurdità della burocrazia sabauda, un gioco a guardie e ladri, condito con un pizzico di tradimento coniugale e ne esce un libro godibilissimo, che di certo non potrà che appagare sia chi è alla ricerca di righe d’evasione, sia chi ama scoprire, sotto gli aspetti esilaranti, una critica dura, spietata di una società su cui incombe greve la rigida morale e il formalismo estremo del casato piemontese.
Non ho visto la commedia, ma sono dell’opinione che, per l’impostazione e la struttura del testo, sul palcoscenico la fertile creatività di Camilleri, particolarmente felice in questo libro, dove i colpi di scena e gli equivoci si rincorrono, sia uscita ancora più dirompente e che quindi la gradevolezza si sia ulteriormente incrementata.
Da una vicenda di corna, che prende avvio con la richiesta di una concessione telefonica, si srotolano una serie di fatti concatenati in un crescendo quasi rossiniano. Si ride, certamente, ma piuttosto amaro e senza dir oltre aggiungo solo che la visione critica dell’autore è tale che, se pur la vicenda è ambientata alla fine del XIX secolo, certi risvolti, taluni atteggiamenti, le conclusioni presentato una straordinaria attualità, nella scia di una storia che per l’Italia sembra sempre la stessa.

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