Luce rubata al giorno
Letteratura italiana
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La fragile forza dei giganti silenziosi
Questa è una storia che parla di dolore, di responsabilità e di resistenza silenziosa: un romanzo d’esordio che, come un modellino dell’Empire State Building, fa della delicatezza la sua struttura portante. Attraverso gli occhi di Olmo, tredici anni appena, assistiamo all’estate che segnerà la sua vita e quella del fratello Diego. Un’estate trascorsa tra monti, baita di famiglia e il vortice crescente di una sofferenza che stenta a trovare nome. Olmo e il nonno Aime sono depositari della speranza che un legame familiare possa resistere anche quando il dolore minaccia di frantumare ogni cosa, perché alcuni fanno più di quanto possono sopportare e sia Olmo, sia il nonno, ne sono un esempio. Diego, il fratello maggiore, scivola in una deriva che nessuno sembra in grado di fermare. Eppure, Olmo costruisce ogni giorno quel modellino: un gesto concreto di resistenza, paziente e tenace, per impedire che il nucleo familiare collassi. Lo scrittore usa una prosa asciutta e tattile, dove le parole non manipolano l’emotività, ma scalfiscono la superficie dell’anima. Il paesaggio montano, con il vento, le radure, l’aria rarefatta, diventa voce silenziosa di quanto avviene dentro i protagonisti. Silenzi che parlano, gesti piccoli che esplodono di significato. La tensione ammissibile, un termine tecnico che assume una valenza metaforica, interroga il lettore: quanto può sopportare una famiglia prima di cedere? L’autore non offre facili consolazioni: mostra il dolore, lo abita, lo misura con rigore e delicatezza. I suoi personaggi sono “giganti” non perché possano dominare il mondo, ma perché resistono, giorno dopo giorno, anche quando sembra impossibile riuscirci. Di questo romanzo ho apprezzato che non indulge nello spettacolo del dolore, ma lo scandaglia con rispetto. Lo stile è sobrio, evocativo, ricco di silenzi e di tensione evocata più che descritta. A tratti è però freddo, dà distanza. Il suo senso più bello è che è un invito a guardare il dolore in faccia, a costruire, mattoncino dopo mattoncino, un’ancora di salvezza quando tutto sembra cedere. È di fatto la storia di un bambino che non cerca risposte immediate, ma che sceglie di rubare ogni giorno una luce, per sé e per chi ama, con una sensibilità non scontata.
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Diego, Olmo ed Aime contro la pazzia
Luce rubata al giorno è un libro di Emanuele Altissimo. Un testo che sconvolge, scritto con una prosa perfetta, profonda e molto colta. Il tema fa riflettere: cosa fare e come comportarsi quando ci si accorge che un proprio, intimo, familiare sta lentamente scivolando verso la pazzia? Verso il non ritorno? Ecco il paradigma del titolo: non vi è più luce ad un tratto nella vita di Olmo, già duramente provata a causa della scomparsa dei propri genitori in un incidente. E lui ha solo tredici anni. Diego, suo fratello maggiore, è un individuo difficile, enigmatico, irrequieto. Difficile capirlo. Ed Olmo è solo, con il nonno Aime, in una baita di montagna a cercare di contenerlo, di fermarlo nei suoi eccessi di pazzia. Sempre più frequenti. E’ una tensione non sopportabile, si avvicina il crollo definitivo. Ma si può sopravvivere? Ad esempio l’Empire State Building sopravvisse all’impatto con un Bomber B-25. E così per sopravvivere Olmo costruisce il modellino dell’Empire, giorno dopo giorno, con pazienza. Parallelamente fa lo stesso con Diego. Ma …. La pazzia si può fermare, arginare? E come? La luce viene definitivamente spenta?
Una lettura profonda, asciutta e terribile al contempo, nella sua intima essenza. Un esordio davvero notevole che colpisce benevolmente. Un plauso per lo scavo intimo ed escatologico descritto con notevole perizia e sapienza letteraria. Un romanzo sulla malattia mentale che non può che trascinare il lettore in un vortice continuo di esperienze ed avventure. Un continuo flusso di coscienza che paralizza ed estranea con il suo intimo fascino ed intrigo. Un libro ed un autore destinato a far molto parlare di sé nel futuro. Di sicuro successo.




























