Marabbecca Marabbecca

Marabbecca

Letteratura italiana

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Un pomeriggio di fine estate Clotilde e Igor, dopo essersi lasciati, hanno un incidente d’auto. Lei rimane ferita, lui finisce in coma. Mentre veglia sul suo sonno impenetrabile, Clotilde inizia a ricevere visite della ragazza responsabile dello schianto, una fragile studentessa di ornitologia di nome Angelica, e tra loro nasce un rapporto indecifrabile e intenso. Quando Igor sì sveglierà dal coma – radicalmente trasformato eppure immutato nella sua indole violenta – la sua presenza logorerà l’equilibrio precario delle due donne: nello spazio magico e claustrofobico di una stanza piena di uccelli, i tre personaggi precipiteranno in un dedalo tortuoso dove i sentimenti muteranno forma a ogni curva. Ambientato in una Sicilia asfittica e mitologica, solcata da cieli accecanti e ceneri nere, Marabbecca è un romanzo visionario che pone domande cruciali sull’identità: su cosa significa dire “io” e sulle collisioni con l’altro che in qualche modo raccontano chi siamo davvero. Come la "Marabbecca", personificazione nel folklore siciliano dell’oscurità e delle insidie dell’inconscio, leggendo ci si muove in un buio sfavillante, illuminati solo dalla luce lunare della scrittura, fino al vertiginoso finale.



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Marabbecca 2024-08-17 09:18:12 Chiara77
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    17 Agosto, 2024
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Una donna fatta di buio

Che cos’è la marabbecca? Si tratta di una figura del folclore siciliano: una donna fatta di buio, che emerge dal buio per trasformare anche te in quel buio. Di solito le persone ne sono terrorizzate, invece Clotilde, la protagonista di questo romanzo, è affascinata dal suo potere.

« […] la produzione di buio a partire dal buio. La produzione del nulla. Non la trovavo una cosa spaventosa, ma tenera. Tutti vogliono qualcosa di simile a sé. I fortunati trovano un buio così simile al proprio da formare un’unica oscurità: una notte impenetrabile e serena. Gli altri restano tenebre incomplete.»

Ho finito da poco di leggere “Marabbecca”, romanzo di Viola Di Grado edito da La nave di Teseo e sto provando delle sensazioni contrastanti. Insomma, banalmente: ma questo libro mi è piaciuto oppure no?
Senza dubbio è scritto con uno stile coinvolgente e ricercato. L’autrice sa condurre il lettore all’interno della storia. Fin dalle prime pagine ci sentiamo avviluppati in questo racconto inquietante. Proviamo un senso di smarrimento e serpeggiante angoscia.

La voce narrante è quella di una donna di circa trent’anni, Clotilde, che ha appena avuto un incidente d’auto insieme al suo compagno, Igor, un medico epatologo un po’ più grande di lei. Il racconto di Clotilde prende avvio in concomitanza con il momento dell’incidente e si snoda per i mesi successivi. Ciò che colpisce fin da subito è l’atmosfera strana e allucinata che si delinea dalle parole di Clotilde. La sua voce è quella di un narratore inaffidabile, così inaffidabile e inquieto che rende tutta la narrazione fortemente pervasa da un alone di tristezza, desolazione, disagio. È per questo intenso senso di malinconia, lutto, morte e depressione che il libro emana che non sono sicura che mi sia piaciuto, non certo per le sue qualità letterarie, che mi sento di riconoscere in pieno.

Mi ha ricordato un po’ Shirley Jackson, quelle atmosfere inquietanti e desolate, quelle protagoniste un po’ disturbate. Andando avanti nel racconto si arriva a momenti horror che richiamano anche Stephen King (non c’è niente di paranormale ma semplicemente umano raccapricciante). La stessa Sicilia e in particolare Catania, luogo in cui si ambienta questa vicenda, è descritta vividamente ma sempre attraverso lo sguardo di una persona fortemente inquieta; tutto è desolazione, sporcizia, dolore e senso di morte che aleggia incontrastato.

Consiglio questo romanzo se cercate una storia destabilizzante unita a una scrittura potente.

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