Narrativa italiana Romanzi Quello che l'acqua nasconde
 

Quello che l'acqua nasconde Quello che l'acqua nasconde

Quello che l'acqua nasconde

Letteratura italiana

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Un uomo sfuggente e complesso che ha molto da nascondere e troppo da dimenticare. Un passato rimosso che torna prepotentemente a galla, perché l'acqua non può celarlo per sempre. Un mondo scabroso e disturbante, perché gli anni '70 non hanno ancora finito di rivelare i loro errori. Edoardo Rubessi è un genetista di fama mondiale, un probabile premio Nobel. Quando, dopo trentacinque anni trascorsi negli Stati Uniti, torna nella sua Torino, tutti lo accolgono come colui che ha il potere di cambiare il destino dei bambini malati: tutti tranne il vecchio. Il vecchio è un uomo venuto dal passato, da quegli anni di piombo che Edoardo credeva di aver lasciato dietro la porta chiusa di una vita precedente. Ma basta una minuscola fenditura nel legno di quella porta perché il dolore e i misteri imprigionati per decenni escano in un soffio violento che investe Edoardo, e che fa vacillare la fiducia che sua moglie, Susan, ha sempre avuto in lui. E sarebbe bello poter liquidare il vecchio con una battuta, dire che è solo un mitomane, ma Susan non ci casca: il vecchio ha lo sguardo di chi sa farsi ubbidire, lo sguardo di un Lagerkommandant, e Susan quel lager domestico, quell'orrore alle porte di casa dovrà esplorarlo mattone per mattone prima di scoprire chi è veramente suo marito.



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Quello che l'acqua nasconde 2018-07-30 14:13:51 luvina
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luvina Opinione inserita da luvina    30 Luglio, 2018
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Conservare la memoria


Questo bellissimo romanzo di Alessandro Perissinotto è uno di quei libri che ti fa capire il motivo per cui si legge: per scoprire, per imparare, per ricordare, per non dimenticare.
Avendo già letto “Le colpe dei padri”, quando nella premessa l’autore spiega che correrà il rischio della ripetizione nel narrare una storia degli anni di piombo , mi sono apprestata a leggere un romanzo su questo tema. Invece c’è molto, molto di più in questo libro, praticamente si apre uno squarcio sul periodo temporale degli anni ’60 e ’70, sull’inferno in terra che hanno rappresentato per alcuni di noi; fra questi c’è chi si è salvato con molte cicatrici (come il protagonista), chi è rimasto nel limbo e chi ne è stato tragicamente travolto.
Il protagonista è Edoardo Rubessi, genetista di fama mondiale in odore di Nobel, che torna, dopo aver vissuto per decenni negli Stati Uniti, a Torino per portare avanti una sperimentazione all’ospedale “Le Molinette”; l’accompagna la moglie Susan fotografa professionista. La storia è raccontata da Aldo Abrate, professore dii scienze in un liceo che con Edoardo aveva condiviso un breve periodo di frequentazione in un gruppo parrocchiale. Poco a poco l’autore ci conduce nel dramma privato ma anche collettivo rappresentato dalla vita di Edoardo che si scoprirà essere stato prima un profugo istriano, poi un bambino internato in manicomio poi ancora uno studente affascinato dalla lotta armata “ Edoardo era un uomo a strati… ogni passaggio uno strato, una mano di vernice che copriva quella sotto senza asportarla…da fuori lui non mostrava che lo strato più superficiale”. Sono tanti gli espedienti che l’autore usa per farci “vedere” quegli anni: le foto di Susan, articoli de “La Stampa” che aprono i capitoli, rimandi a libri e a canzoni. L’altra protagonista del libro è Torino, con la sua bellezza, col suo ordine ma anche con i suoi scheletri e le sue rovine nelle quali si annida il nostro recente tragico passato. Sono innumerevoli le liasons che lo scrittore ci mette davanti per spingerci a riflettere come ad esempio il colore azzurro ricorrente, il tema della reclusione “ Le sue foto restituivano la drammaticità delle esistenze recluse…Il dolore degli animali ingabbiati e dei bambini legati era palpabile” . Soprattutto questo è però un romanzo sulla rimozione di quella Storia recente di cui più nessuno parla e che nessuno più conosce ( “D’altro canto, quella stagione, quella degli anni di piombo non l’abbiamo forse rimossa collettivamente?” ) e che anche un professore demotivato come Aldo Abrate tenta di raccontare ai suoi studenti senza successo (“…quando quattro amici, trovandosi, non facevano un gruppo su What’sUp , ma una banda armata”) come anche di ciò che veniva perpetrato negli ospedali psichiatrici su bambini e adulti inermi e che sarebbe finito solamente dopo l’approvazione della legge Basaglia (l’ultimo manicomio ha chiuso i battenti nel 2010).
La sofferenza tocca il suo apice quando Edoardo svela il perché dei suoi due bagni quotidiani “…non c’era nessun altro momento in cui potevo pensare di cancellare quello che mi stava intorno…ma lì, nella vasca, l’acqua nascondeva tutto il resto…quello che l’acqua nascondeva non c’era più”.

Questo è sicuramente un romanzo dalle mille sfaccettature, ha l’ambientazione di un thriller ma nello stesso tempo vi spingerà a cercare, ad informarvi, a guardare in faccia quegli anni bui ma visionari dei quali siamo tutti figli.

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"Le colpe dei padri"
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Quello che l'acqua nasconde 2017-06-11 06:42:30 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    11 Giugno, 2017
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Perché mi lavo due volte al giorno

Quello che l’acqua nasconde di Alessandro Perissinotto è titolo che allude alla sindrome di Macbeth (“Lo hai capito perché mi faccio il bagno o la doccia due volte al giorno?”).

Edoardo Rubessi, genetista in odore di Nobel, torna a Torino dagli States con la moglie Susan, fotografa, per un ciclo di convegni. Dovrebbe essere un ritorno trionfale e invece si trasforma in un incubo a causa di un vecchio stalker (“Potresti ammazzarmi questo sì, o farmi ammazzare, ma denunziarmi no, sarebbe troppo rischioso per il tuo personaggio pubblico, per la tua carriera, per i tuoi finanziamenti: non si dà il Nobel a quelli come te”) che assedia la coppia con messaggi strani (“Ho scoperto che villa Azzurra era un ospedale psichiatrico infantile e che oggi è abbandonato…”) e ambigui (“Chi è il dottor Grubesic?”).

Susan è preoccupata (“Non so più chi sia mio marito”) e cerca aiuto nel narratore, amico di gioventù del marito (“Eravamo esaltati, infervorati: recitavamo il Padre Nostro tenendoci per mano, animavamo le novene e, sugli autobus che ci portavano in gita, cantavamo Laudato si’ come altrove si cantavano Battisti o i Beatles. Nessuno di noi si rendeva conto di essere dentro una truffa che durava da migliaia d’anni”) per ricostruirne il passato.

In successione di eventi, infanzia adolescenza e gioventù del brillante medico (“Era sempre così con le malattie genetiche: tutti i genitori… sentivano che all’origine c’era una sorta di antico peccato, c’era la maledizione di un’unione carnale invisa agli dei, di un amore che non avrebbe mai dovuto nascere”) vengono a galla (“Mi fece sentire un 45 giri di Sergio Endrigo: si intitolava 1947”). Edoardo è figlio di esuli istriani, morti alcolizzati, e non soltanto…

Nella Torino post boom economico (“La Torino segreta, silenziosa, dimenticata, nascosta, impresentabile”), mentre le incursioni nei palazzi fatiscenti e abbandonati si alternano ad articoli tratti da La Stampa, Susan penetra i segreti del marito (“Edoardo non era un uomo dalla doppia personalità… era un uomo a strati; strati che si erano depositati l’uno sull’altro: l’infanzia, nel quartiere degli esuli istriani, il manicomio, il collegio dei preti, l’università, il successo negli stati Uniti, il ritorno a Torino”) in una retrospettiva serrata e allucinante sugli anni di piombo e sulla triste realtà degli ospedali psichiatrici prima delle legge Basaglia.

Giudizio finale: avvincente, incalzante, revisionista.

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Quello che l'acqua nasconde 2017-02-12 08:04:52 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    12 Febbraio, 2017
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la "follia" dell'acqua.

La storia di uno scienziato che nasconde in sè tragedie del passato. Si parla di follia, di chiusura dei manicomi, e soprattutto di ciò che spesso si nascondeva dietro quelle spesse mura, che celavano orrori indicibili. Ma non solo: Torino e il periodo, tragico e mai del tutto dimenticato e chiarito nei suoi aspetti totalizzanti, delle brigate rosse. Una storia fascinosa ed intrigante.
Bellissima è la descrizione di Torino: una città dai molti volti, dal fascino indiscusso. Il lettore, preso per mano, viene condotto nei suoi luoghi, anche in quelli sconosciuti. I ruderi di un tempo che non c'è più, che affascinano e che ci parlano al cuore. Uno stile preciso, attento, puntuale. Per una storia che affonda le radici in un passato non troppo lontano, che ancora pesa sulla Storia italiana.
Una lettura stupenda e trascinante.

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personalmente lo consiglio a chi ha letto in precedenza: Mario Paternostro, Il sangue delle rondini, Il Melangolo, 2016.
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