Narrativa italiana Romanzi Tutti i giorni è così
 

Tutti i giorni è così Tutti i giorni è così

Tutti i giorni è così

Letteratura italiana

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Appoggiata a un mare calmo, Cala Marina è una località tranquilla, soprattutto prima che inizi la stagione estiva, quando è popolata soltanto da nonni e nipoti, e da qualche coppia in cerca di intimità. Alla sua piccola stazione FFSS ogni giorno si può incontrare la stessa piccola folla di personaggi: Dalmasso, il capostazione triste, Ludovica, la barista sensibile; Silvano, dentro la sua edicola piena di fumetti; il professor Martinelli, pendolare, matematico e filosofo; Bartolomeo, il tassista; Adelmo, l’addetto alle pulizie e poi Norberto, il maresciallo della Polizia Ferroviaria. La vita scorre senza scossoni a Cala Marina, e il resto del mondo con il suo fragore resta sullo sfondo, lontano come i rapidi, che non fermano mai. Tutti i giorni è così, «arriva il treno accelerato, il macchinista lancia il segnale sonoro, le ganasce dei freni stridono e il treno si ferma. C’è chi scende e chi sale, come sempre. Ma oggi accade qualcosa di diverso. Dalla seconda carrozza fa la sua apparizione una donna, alta, in equilibrio su tacchi a spillo. È bellissima…»



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Tutti i giorni è così 2021-06-02 13:51:43 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    02 Giugno, 2021
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Cronache di poveri amanti

Questo libro è esattamente quello che dice di essere: uno spaccato di normale quotidianità, in cui tutti i giorni è così, niente sembra mutare con il trascorrere del tempo, e invece nulla è statico come può apparire.
Le acque placide celano sempre e comunque un sommerso vitale, vario e variegato, a suo modo anche turbolento, un solo sasso nell’acqua coinvolge tutti nel moto ondoso che ne deriva.
Non solo, ma il racconto possiede una ambientazione efficace, quella più veritiera di stati d’animo e situazioni reali, la piccola provincia italiana, che restituisce un quadro esauriente ed esaustivo della società del tempo narrato, Giovannino Guareschi docet.
Il compianto scrittore della Bassa Parmense descriveva efficacemente la società italiana piccola, laboriosa, industriosa, a tratti anche meschina ed ipocrita, ma vitale, sorprendentemente vivace malgrado il solleone e le brume nebbiose, a seconda delle stagioni.
Luoghi e comunità provinciali, certo, ma con un tessuto esistenziale intriso di valori ancora ben saldi benché in decadenza.
Partendo da fatti tanto usuali quanto banali, Guareschi faceva addirittura parlare i crocifissi, dilungandosi abilmente nello scrivere storie di paese, a volte comiche, altre amare, spesso struggenti, racconti dell’entroterra agricolo all’ombra del grande fiume, esemplificativi di usi, costumi e conflitti ideologici tipici dell’epoca.
Fatti i dovuti distinguo, Roberto Centazzo compie la stessa operazione, e nel suo piccolo con pari efficacia. Ed altrettanta fortuna, come ben merita.
Centazzo scrive bene, è un signor scrittore, non etichettatelo come un giallista, date le sue pubblicazioni precedenti in tema, non è un autore di genere, è semplicemente un buon autore, con un che di artigianale, possiede un suo stile fluido, semplice, scorrevole, eppure a suo modo incisivo, ma non solo, sottolinea anche in maniera arguta, con buon senso critico e sottile capacità di osservazione dell’animo dei suoi simili, vizi e virtù del nostro quotidiano.
Nella buona e nella cattiva sorte, delinea un quotidiano che sotto un apparente tran-tran da commedia nasconde talora tutto un misto di passioni, di desideri, di aspettative insospettabili, quanto più banale e soporifera appare a prima vista, tanto più rivela verve, smalto, esuberanza, spirito di iniziativa.
Tutti i giorni è così, ma così è se vi pare, più spesso la realtà non è mai quella che appare.
Roberto Centazzo è uomo di mare, perciò colloca l’azione in un ambiente a lui più congeniale, quello di Cala Marina, tipico centro di villeggiatura estiva sulla riviera ligure, incassato tra mare e pineta.
Da normale piccolo paese della provincia, si trasmuta in località turistica dalla morale corrente, che richiede, anzi esige, la sacralità delle vacanze e dei bagni di mare.
Va da sé che il paese conserva intatte le sue caratteristiche di piccolo centro, trasformandosi in amena ed affollata località turistica solo nei mesi più caldi dell’anno, spopolandosi quasi completamente fuori stagione e ripiombando solo allora nello status di usuale paese di provincia.
All’apparenza, ma solo in superfice, appare un sito sonnacchioso, con i residenti stabili tutto l’anno che solo a stagione conclusa si riappropriano letteralmente della propria vita e delle proprie abitudini lavorative non più turisticamente frenetiche.
Emerge allora la realtà, quella usuale e proprio per questa la sola valida, i momenti buoni e quelli meno buoni, i riti quotidiani che rassicurano, insomma risalta in ognuno la propria identità, buona o cattiva che sia, usuale o insolita, comunque reale e personale, a misura di ognuno, malgrado i giorni che paiono susseguirsi tutti uguali.
Punto di osservazione ideale di Cala Marina, e del suo habitat umano e sociale, che a modo suo riproduce in piccolo tutto il macrocosmo della realtà italiana, è la stazione ferroviaria, centro nodale della vita della cittadina. Se nei mesi turistici si trasforma in un formicaio di bagnanti che vanno e vengono in cerca di riposo e refrigerio, ciascuno portando le proprie piccole storie, talvolta le proprie miserie quotidiane in affannosa fuga, nei mesi di calma traversine, binari, convogli e edifici annessi, tutti marcati FFSS, vedono scorrere soltanto gli indigeni, i protagonisti abituali della quotidianità del luogo.
Tutta la prima parte del romanzo è una attenta, acuta e sottilmente umoristica descrizione della fauna umana rappresentativa del luogo: iniziando naturalmente dal capostazione, tale Dalmasso, che nella stazione non solo ci lavora per la maggior parte della giornata, ma ci vive, ci abita, in essa risiede in un apposito alloggio fornito ai ferrovieri.
Pertanto, il pover’uomo è sotto stretta osservazione della sua gentile consorte, in verità con sembianze e atteggiamenti alquanto da virago, così che Dalmasso non si libera mai dal controllo del nucleo familiare, non gode come chiunque della sacrosanta pausa dai propri legami semplicemente recandosi al lavoro. Ci appare così come il classico, piccolo, bistrattato travet vessato dal coniuge, e che trova unico sfogo e riparo nel contemplare in uno stanzino fuori vista il plastico fedele della sua stazione, immaginandosi una vita diversa, ricreandosi una realtà a sua sola misura, desiderata e solo utopistica, al di fuori di qualsiasi vigilanza:
“…Tutto riprodotto fedelmente in scala. Tutto sospeso in un istante di tranquilla serenità, quasi di felicità. In fondo gli sembra di vivere dentro un modellino. Un microcosmo a sé.”
Seguono via via le altre figure diciamo così istituzionali di una stazione ferroviaria di provincia, come il giornalaio Silvano, titolare dell’unica edicola della stazione, un uomo fatto ma con il candore e la semplicità di un bambino, ma assolutamente non sciocco, accanito e appassionato lettore di fumetti, al punto che ha intrapreso la sua attività proprio per leggere i comics in pace come e quando vuole, come dire per unire utile al dilettevole, lavoro e passione. E chiamalo sciocco.
Non manca la figura femminile, la titolare del bar della stazione, una bella donna giovane, intelligente ed affascinante, conduce la sua attività con competenza, successo ed efficacia, è ammirata e ambita da molti per la sua grazia ed avvenenza, tutti i giorni è così, un sogno, uno splendore, e pochi sospettano invece il suo tormento interiore a causa della preoccupazione per la sorellina disabile Sofia, affidata alla sua custodia:
“…ah, le donne! ...Colgono sfumature che a noi sfuggono…Alle donne giungono vibrazioni ignote agli uomini.”.
E ancora Bartolomeo il tassista, che nel pieno della stagione non ha un attimo di tregua, scorrazza i turisti dalla stazione agli alberghi, alle pensioni, alle camere in fitto, e viceversa, invece il resto dell’anno inganna il tempo fermo nell’apposito solitario posteggio per taxi, seduto nella sua autovettura, a trascinare quanto più a lungo è possibile la compilazione delle parole crociate che compila lentamente e certosinamente fino all’ultimo riquadro.
Un indigeno che il treno lo usa tutti i giorni in virtù della sua condizione di pendolare è il professor Martinelli, insegnante di matematica al liceo in città, che nella stazione è spesso presente e si intrattiene con tutti, da Silvano acquista i quotidiani, al bar di Ludovica consuma sempre colazione e qualche pasto.
Il professore è di casa in stazione, con tutti conversa, rifilando le sue pillole filosofiche-scientifiche:
“La serenità è l’insieme di tutti i momenti positivi di una vita che non possono assolutamente essere annullati o sminuiti da un singolo episodio spiacevole.”
E tutti convengono, non capiscono ma si adeguano all’uomo di cultura, dalle cui labbra pendono.
Le forze dell’ordine non hanno una postazione fissa in stazione, date le ridotte dimensioni e la minore importanza della stessa, per cui la legge è rappresentata, di perenne passaggio e di straforo dal Maresciallo Norberto, un maresciallo della Polizia trionfo e pieno di sé, raccolto nell’autocompiacersi del fascino della divisa con cui cerca di far colpo sulla bella barista Ludovica.
Insomma, un graduato simile al personaggio di Vittorio de Sica nel film “Pane, amore e fantasia”, un cult degli anni Sessanta, insomma un po' vanesio e vanaglorioso, ma fondamentalmente una brava persona, forse un sempliciotto ma ricco di umanità e buon senso.
Un animale domestico non gira in stazione? Che so, un gatto, un cane randagio?
No, ma c’è di meglio, c’è Taddeo, che riserva una sorpresa finale.
Infine, Roberto Centazzo non dimentica gli ultimi, gli invisibili, quelli dimenticati da tutti e di cui molti neanche si accorgono, l’addetto alle pulizie, il “Muto”.
Un personaggio semplice, un’anima candida, sembra un reietto ed un emarginato, tutti i giorni è così, passa lo straccio a pulire in ogni dove, silenzioso ed efficiente, il suo lavoro sembra grazia ricevuta per vivere, invece è persona degnissima, un umile e coscienzioso lavoratore che esercita con estrema dignità la sua solerte opera, intelligente ed acuto, l’anima narrante di tutto il libro.
In una simile realtà, tutto sembra scorrere senza scosse, in maniera tranquilla, usuale, tutti i giorni è così…Invece no: proprio a Cala Marina avviene l’avvenimento principe della cronaca nera, un omicidio. Con tutti gli ingredienti che attirano l’attenzione: una bella donna misteriosa che arriva in stazione, un cadavere ritrovato in un capannone, un mistero fitto di scomparse, la polizia che brancola nel buio, la magistratura e l’opinione pubblica che reclamano a gran voce un colpevole, un povero disgraziato che viene messo in mezzo giusto per dare in pasto all’opinione pubblica un mostro da sbattere in prima pagina per placare le acque, infine l’intuizione e la testardaggine del bravo poliziotto che scopre gli altarini.
Insomma, Cala Marina, dove tutti i giorni è così, invece diventa lo scenario di una storia tipica, una serie di cronache di poveri amanti che trova il suo epilogo nella piccola provincia sul mare.
Come dire, tutte le storie terminano nel gran mare della narrativa, perché i romanzi riportano la realtà, e non il contrario. Nella piccola provincia, tutti i giorni è così, appaiono storie nuove e fatti reali.
Roberto Centazzo ce le riporta fedelmente, e piacciono.

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