Narrativa italiana Romanzi Vita di Nullo
 

Vita di Nullo Vita di Nullo

Vita di Nullo

Letteratura italiana

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Il palcoscenico è un bar che ha la sacralità di una chiesa e un sacerdote indiscusso, Nullo, che regna su un popolo di rivoluzionari, come Belaghega l’inventore di parole, Patecia il collezionista di tristezze e Scandul, barrelliere per mestiere e pescatore per vocazione. Da quando Nullo è sparito nessuno più sorride al bar, perché lui era l’anima dell’intero paese. Sovrappeso e sognatore fin da bambino, vittima sacrificale dei coetanei eppure insostituibile animatore di ogni serata, Nullo è uno di quei lucidi folli che fioriscono nella provincia italiana. Ha idee strampalate, geniali, è lo zimbello del gruppo ma riempie la vita di tutti. È vittima e carnefice dei larghi vuoti della pianura padana. Ora Nullo ha finalmente l’occasione della vita per uscire dalla provincia e conquistare la platea del mondo. Lascerà la sua opera incompiuta?



Recensione della Redazione QLibri

 
Vita di Nullo 2017-03-13 15:30:58 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    13 Marzo, 2017
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Pronti, partenza...Nulla

Un bar di paese che non ha seguito la modernità dei tempi, rattoppato in una involuzione ormai fatale. Il vecchio bancone e la formica ingiallita dei tavoli, la tendina lisa alla porta ed i vetri opachi solcati da striature scure. Un ritrovo di periferia dove restano in pochi, ma la cui assenza piu’ greve pare essere quella del buon Nullo.
C’e’ un motivo per cui Nullo e’ uscito dal gruppo, una carota fresca e stuzzicante che l’io narrante ci sventola davanti alle fauci asinine, camminando a ritroso fino all’infanzia per parlare di quel ragazzino solitario e dal ventre gonfio. “Panzon” lo chiamavano, con un fare canzonatorio che gli avrebbero riservato per tutta la vita.

La sinossi del libro mi sembrava avesse un non so che di allettante, la copertina mi infondeva un senso di pace nell’anticamera di un panorama cupo e affascinante. Eppure il titolo cosi’ significativo mi avrebbe dovuto avvertire, fermare in tempo: “Vita di Nullo”, nulla, zero.
Il nulla e’ cio’ che ho vissuto leggendo, zero e’ quel che resta di questo scritto piuttosto breve.
Tacendo sulle motivazioni che hanno spinto il nostro buon uomo a sparire, di una banalita’ imbarazzante, credo di avere nella miglior delle ipotesi individuato l’intento dell’autore. Rivivere cioe’ una realta’ di paese degli anni Ottanta, cose di ragazzi, la scuola e poi la Fiat 127, gli stereo, gli impianti a metano e il carburante troppo costoso. Ma dai soli intenti non nascono bei romanzi.
La scrittura e’ scorrevole ma piatta , il corpo del libro ha la fragilita’ ossea della creta in un mattino di sud est asiatico durante la stagione monsonica.
Il personaggio di Nullo non ha il carisma dell’incompreso, che solletica la solidarieta’ alla platea dei lettori. Nemmeno la disperazione della vittima di bullismo, che riscuote l’appoggio ed il tifo del pubblico verso la rimonta. Non posso nemmeno dire di avere trovato sollievo nella benedizione di una mera empatia, che salva l’insalvabile, talvolta.
Nullo, Zero, Nulla e così sia.

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Vita di Nullo 2017-07-06 21:23:37 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    06 Luglio, 2017
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La soluzione di Nullo al carobenzina

Diego Marani attraverso la Vita di Nullo racconta la storia di una generazione (“Gli ultimi astanti di un bar che nessuno frequenta più”) che riconosce la propria identità per opposizione, assumendo Nullo come “la nostra vittima sacrificale, il nostro capro espiatorio. Ma la sua peculiarità era che dal sasso del sacrificio neanche a rito compiuto voleva spostarsi”.

Come spesso succede, l’importanza di Nullo esplode quando lui viene meno (“Eppure mi sento colpevole della scomparsa di Nullo”): in quel momento la coscienza del gruppo si afferma (“Ci tenevi in pugno, ci costringevi a esaudire le tue smanie e lasciavi a noi l’amara parte del carnefice”) e si celebra come nei tempi passati (“Lontano dal bar Nullo era lasciato a se stesso. Noi in qualche modo convogliavamo il suo anelito all’autodistruzione in una danza tribale che alla fine lo salvava”): quando Nullo era figura tragica sul suo Malanca Testarossa, o sulla 127 a benzina trasformata con alimentazione a metano (“… due siluri… sul portapacchi… sembrava un sommergibile…”).

“Che Nullo sia ancora vivo e vegeto ne abbiamo ovviamente la certezza”. Che sia scomparso, forse, lo si deve alla rivelazione di un segreto: la soluzione di Nulllo al carobenzina (“Nullo dice che poco gliene importa se il prezzo aumenta, tanto lui al distributore ne fa sempre solo cinquemila lire alla volta”).

Difficile stabilire il discrimine tra bullismo (“La nostra derisione era un abbraccio caldo che lo tormentava e lo consolava, che lo ripagava di ogni sofferenza e gli dava il suo esclusivo posto fra noi”) e venerazione (“Ci porterà via da questo pianeta disabitato, da questo brutto bar, da questa gente cattiva, da questo tempo che non è il nostro dove nessuno ci conosce più”).
La storia scorre tra due argini: lo sgomento per la crudeltà delle dinamiche del branco, la nostalgia per le dinamiche giovanili…

Giudizio finale: cameratesco, cinico, generazionale

Bruno Elpis

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