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Sopravvissuti alla carneficina della Grande Guerra, nel 1918 Albert e Édouard si ritrovano emarginati dalla società. Albert, un umile e insicuro impiegato che ha perso tutto, proprio alla fine del conflitto viene salvato sul campo di battaglia da Édouard, un ragazzo ricco, sfacciato ed eccentrico, dalle notevoli doti artistiche. Pierre Lemaitre orchestra la grande tragedia di una generazione perduta con un talento e una maestria impressionanti, inserendosi a pieno titolo nella tradizione di quei romanzieri capaci, da Dumas a Victor Hugo, di fondere la passione che si sprigiona dalle grandi storie con l'eccellenza letteraria.



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Ci rivediamo lassù 2020-10-28 18:37:53 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    28 Ottobre, 2020
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Albert & Edouard

«Era ancora più terribile perché tutte quelle immagini urlavano la stessa cosa: questi uomini stanno per morire.»

Dolore, morte, feriti. La Prima guerra mondiale è in corso quando Edouard viene colpito dalla scheggia di una granata. Ogni flusso vitale sembra averlo abbandonato, di lui non sembra restare altro che un corpo esanime. Tuttavia, proprio quando ormai era dato per spacciato, quell’alito di vita ha destato i sensi di colui che è così riuscito a salvarlo, nonostante tutto. Presente e corresponsabile è il tenente Pradelle che assiste alla scena ma nulla può fare perché sobbarcato dalle responsabilità del conflitto e dall’innumerevole numero di morti che si è perpetrato innanzi ai suoi occhi.
Albert si prende cura di Edouard, sta al suo fianco anche in quei momenti in cui la ragione sembra non essere più la padrona della mente, lo assiste in quei giorni di non lucidità e di inizio di ritorno tra i vivi. Il ferito ha inoltre riportato una orribile mutilazione al volto che lo porta, dopo la convalescenza con al fianco l’amico, a non voler rivedere la sua famiglia e in particolare il padre con cui ha da sempre un rapporto conflittuale. Quale miglior soluzione se non quella di far credere che sia deceduto sostituendo il suo libretto con quello di un altro soldato realmente perito?
Nondimeno, le circostanze sfuggono dalle mani delle previsioni, Pradelle, l’ex tenente, sposa la sorella di Edouard e non manca di sfruttarne il denaro e di dimostrare la sua avidità e la sua volontà di arricchirsi. Albert, dal suo canto, tornato alla normalità, lavora per sfamare anche il compagno di guerra che nel mentre ha sviluppato una dipendenza incontrollabile dalla morfina a cui è ricorso nel periodo di degenza per sopportare il dolore. Per quanto Albert sia un giovane dai valori forti e l’indole pura, vacilla innanzi all’idea di Edouard di sfruttare il suo talento per il disegno e per mettere in atto una truffa ai danni dello Stato.
Eppure, la vita presenta sempre il suo conto. Che arrivi prima o che arrivi dopo ma non tarda mai. E così, mentre per Pradelle la scalata sociale inizia a rivelarsi una discesa verso il baratro, per i due sopravvissuti vivere è come essere in realtà morti perché questi non sono altro che sopravvissuti a cui non è rimasto niente. Non sono morti nel conflitto ma l’immagine che vedono allo specchio di loro stessi non è quella che conoscevano e che hanno sempre conosciuto: non sono più quelli che erano e il cambiamento non è soltanto una questione di aver cambiato nome o di esser mutilato. Perché se Eduard è disposto a rinunciare ai suoi agi per non essere compatito, Albert ha perso il suo grande amore e non vuole prendere una strada che non comprenda anche colui che ha assistito durante gli scontri armati. Quello che è stato non può essere cancellato, ha lasciato ceneri, ha disintegrato certezze, ha privato di voglia di essere e di possibilità di essere gli uomini e le donne del tempo e quel che puoi fare non è altro che cercare di andare avanti insieme. Albert e Edouard sono due uomini soli, due uomini recisi nell’animo ma che insieme hanno ricostruito un luogo in cui c’è qualcuno ad attendere il tuo ritorno, in cui c’è qualcuno che si preoccupa per te.
E quei legami recisi, quei valori spezzati, quelle perdite subite, possono essere compensati con beni materiali? Possono essere sopperiti dalla parvenza di un benessere economico? Cosa resta davvero di noi tra quel che è stato e quel che abbiamo scelto di essere? Cosa ne è della nostra umanità? Siamo disposti a rinunciare a questa anche se ciò può significare una parvenza di vita migliore?

«Da diversi mesi, dalla prima ferita nella Somme, dalle interminabili notti in cui, barelliere, i nervi a fior di pelle per il timore di una pallottola vagante, andava a prendere i feriti sul campo di battaglia e più ancora da quando era tornato alla vita, sapeva che una paura indefinibile, vibrante, quasi palpabile si era pian piano instaurata in lui. A questo si aggiungevano gli effetti devastanti del suo seppellimento. Qualcosa di lui era ancora sottoterra, il corpo era risalito in superficie, ma una parte del cervello, prigioniera e terrorizzata, era rimasta murata là sotto. Quell’esperienza si era scolpita nella carne, nei gesti, negli sguardi. Lasciva la camera con un senso di angoscia, spiava ogni passo, infilava prudentemente la testa in una porta prima di spalancarla, camminava rasente ai muri, immaginava spesso una presenza.»

Pierre Lemaitre dona al suo lettore un romanzo forte, empatico, evocativo. Pagina dopo pagina chi legge non fatica a entrare in empatia con i personaggi e le vicende che si susseguono. Se l’inizio dell’opera tende a essere forse un poco lenta perché questa si apre nel bel mezzo del conflitto e ci propone sin da subito uno scenario di guerra in cui la morte si sussegue senza nessuno risparmiare ma con scene forse un poco confusionarie, sin dal secondo capitolo il ritmo accelera così come il coinvolgimento diventa totale. Al contempo, l’autore, con uno stile fluido e rapido, intrude all’interno dell’elaborato tematiche di denuncia sociale, di reduci di guerra, della miseria, dell’inadeguatezza di alcune scelte politiche di forme di governo inadeguate, di valori umani che vengono disarmati da altrettanta pochezza valoriale di chi guarda al proprio fine anziché all’interesse di una collettività. Questo a caro prezzo del più debole, del chi ha combattuto, del chi ha difeso la propria nazione, del chi in quello scontro ha perso qualcosa e in primis se stesso, di chi dopo quella battaglia si è risvegliato non morto, di chi, dopo quella battaglia, si è ritrovato sopravvissuto.
Un romanzo intenso, forte, dal gusto agro-amaro, di introspezione e grande umanità. Da leggere e rileggere.

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Ci rivediamo lassù 2020-07-25 07:45:00 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    25 Luglio, 2020
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Specchio delle miserie umane

Prima guerra mondiale. Albert viene salvato da Edouard che in quell'occasione viene ferito dalla scheggia di una granata.
All'episodio assiste, e ne è in parte responsabile, il tenente Henry Pradelle, troppo preso dalla battaglia
per aiutare i due soldati.
Pochi giorni dopo la guerra finisce e i tre si ritrovano di nuovo nella vita civile ma con ruoli molto diversi.
Edouard ha riportato una orribile mutilazione al volto, mentre è in ospedale Albert si prende cura di lui in una sorta di senso di riconoscenza per il gesto di Edouard sul campo di battaglia.
Edouard non vuole farsi rivedere dalla famiglia in quelle condizioni, in particolare dal padre con il quale ha un rapporto conflittuale data la netta differenza di carattere tra i due: ombroso e accecato dal dovere e dal successo il padre, estroverso e pieno di gioia di vivere Edouard. Albert pensa che l'unico modo per cavare dagli impicci l'amico sia farlo risultare morto in battaglia, nel caos post fine della guerra non è difficile scambiare il libretto militare di Edouard con quello di un altro soldato realmente deceduto e fargli assumere quindi la sua identità tanto più che le ferite lo rendono decisamente poco riconoscibile.
Il tutto da vita ad una serie di circostanze che portano l'ex tenente Pradelle a sposare la sorella di Edouard, figlia di un nobile, ricca e con agganci altolocati, il massimo per le aspirazioni dell'arrivista ex tenente.
Le vicende seguono l'indole dei personaggi e mentre Albert si arrabatta in tutti i modi per sostenere il compagno d'armi ferito una volta uscito dall'ospedale, Henry si fa strada come imprenditore sfruttando i soldi della moglie e le conoscenze del suocero, mettendoci di suo una particolare propensione all'imbroglio per avidità.
La guerra è finita e la vita dovrebbe ricominciare per tutti, magari dal punto in cui si era interrotta, sappiamo che non è così, Edouard e Albert sono due emarginati, il primo per scelta l'altro per una sorta di senso del dovere morale, di umanità che gli fa sentire il compagno d'armi come una persona
di cui è giusto prendersi cura anche se durante la guerra si erano giusto incrociati un paio di volte senza nemmeno rivolgersi la parola prima di quel fatidico giorno.
Si fa fatica ad arrivare alla fine del mese con i pochi soldi guadagnati da Albert che deve anche prendersi cura della dipendenza alla morfina sviluppata da Edouard dopo averla tanto usata per alleviare
il dolore delle tremende ferite subite.
Edouard è sempre stato bravissimo a disegnare ed il destino gli suggerisce l'idea per una incredibile truffa ai danni dello stato, nella quale coinvolgere Albert nonostante i suoi valori, lo stato di indigenza e sofferenza diventano molto convincenti e portano i due uomini ad unirsi anche in questa nuova avventura che dovrebbe dare loro almeno la tranquillità economica.
Nel frattempo Henry Pradelle continua la sua scalata sociale fatta di arroganza e imbrogli ma quando passi la vita a calpestare tutti coloro che ti si pongono sul cammino prima o poi trovi qualcuno che ti chiede il conto e le fortune di Henry cominciano a sgretolarsi sotto i colpi del senso del dovere di un anonimo funzionario statale che scopre le sue malefatte.
Edouard e Albert sono due sopravvissuti alla guerra ma sono due vittime della vita, non sono morti ma è come se lo fossero perchè non sono più le persone che erano prima dipartire per il fronte. Edouard in tutti i sensi avendo cambiato identità ed essendo mutilato in maniera tremenda, non vuole farsi vedere in quello stato, essere compatito e rinuncia alla vita agiata di prima della guerra.
Albert ha conservato le sue paure da giovane contabile e la sua umanità, ha perso il suo grande amore che nel frattempo si è trovata un altro, potrebbe cercare una sua strada da solo ma esistono valori che neanche una guerra può cancellare e su questi Albert cammina nella sua nuova vita fatta di privazioni, paure e sotterfugi per campare, ma un compagno d'armi che ti ha salvato la vita non può essere lasciato solo. Edouard e Albert ricompongono in modo approssimativo ma vero una sorta di vita familiare, un focolare domestico dove c'è qualcuno che si preoccupa per te.
Henry, Edouard, Albert, la guerra ha cambiato il loro stato sociale, la loro vita, non gli uomini che sono, quello pare non poterlo fare neanche la guerra.
Ma possono i soldi, restituirti almeno in parte quello che hai perso con la guerra? Possono guarire certe ferite dell'anima ? Esistono fili spezzati che non si ricompongono, tempi perduti che non si recuperano, la vita scorre senza sosta nonostante noi e i nostri affanni e quando anche raggiungiamo il benessere economico il nostro posto nel mondo non si compera e spesso non è comunque quello che vorremmo.
Lemaitre mischia benissimo la denuncia sociale relativa alla condizione dei reduci di guerra, alla miseria umana di chi lucra sui morti, all'inadeguatezza di uno stato incapace di prendersi cura di chi, a prezzo della propria propria, vita ha difeso la patria e il romanzo d'avventura .
Molto bello davvero.

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Ci rivediamo lassù 2018-03-17 08:37:33 68
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68 Opinione inserita da 68    17 Marzo, 2018
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Orrore e condivisione, quale destino?

2 novembre 1918, Grande guerra, armistizio imminente, le vite di due soldati si affiancano e si sovrappongono casualmente fondendosi in un attimo che le segnerà per sempre.
In quel terribile giorno e in quel preciso momento, imprigionati in una buca, circondati e coperti da buio, macerie e da un odore nauseabondo, una parte dell’ animo di Albert Maillard e del corpo di Edouard Pericourt rimarra’ sepolto, per sempre, insieme ad una cosa che mai tornerà, la serenità.
Una fine ormai certa, la morte negli occhi, l’ assenza di respiro, la rigidità delle membra, il vuoto, una assenza protratta che pare definitiva, poi, d’ improvviso, una luce insperata e miracolosa ed il ritorno alla vita.
Gli esiti della guerra segneranno un’ unione casuale ma obbligata ed Albert ed Edouard, legati dal passato, vivranno una nuova condanna, fisica e psichica, sopraffatti da ansia e diffidenza.
Una situazione irrecuperabile con cui scendere a patti, nascondendosi, rasentando i muri, spostandosi nell’ ombra.
Fino a quel momento si erano solo incrociati e salutati, ora sono condannati a vivere insieme, senza più niente e nessuno, sepolti dal passato, un presente desolante, nessun futuro, un legame quotidiano intriso di una tenerezza quasi famigliare.
La fine della guerra traccerà una nuova condanna, ciascuno occuperà centimetro dopo centimetro la vita dell’ altro in un rapporto tra due sconosciuti, complicato da un oscuro miscuglio di coscienza sporca, solidarietà, risentimento, allontanamento, fratellanza, un paranoico ed uno sfigurato.
Ma la fusione disperante e l’ irrinunciabile soffio del desiderio in qualche modo riporteranno un flusso vitale non arrestabile dalla sola menomazione fisica e mentale.
Così, giorno dopo giorno, una terribile idea prende corpo, una grande truffa a chiudere il cerchio della esistenza, trasformando la propria vita in un giallo in attesa di una fuga risolutiva e liberatoria.
Nel frattempo si inscena una parvenza di vita in quella eterna lotta tra un noioso borghese ed un artista un po’ folle immersi in una gravità che continuerà ad assoggettarli, trascinando il peso di solitudine e guerra.
A contorno una famiglia ricca, un passato azzerato, una donna senza amore, un padre odiato in un reciproco disprezzo, un nobile decaduto cinico ed egoista, una bambina curiosa e leggiadra, una giovane donna dagli occhi innamorati.
Un unicum attraversa i due protagonisti, la timidezza ed il raziocinio di Albert, la follia ed il dolore di Edouard, un animo triste e solo ed una faccia che è una voragine mostruosa sovrastata da uno sguardo.
Nel giuoco crudele della vita, cercando di fuggire da se stessi e dagli inganni perpetrati, si indossano maschere sempre diverse a nascondere l’ ombra di orrore e menzogna , mentre un vortice di attesa estenuante avvicinerà alla resa dei conti.
In quel momento ciascuno andrà incontro ad un desiderio primario ed irrinunciabile o ad una rinascita possibile e lontana.
Un romanzo con una prima parte piuttosto intimista e relazionale, che scava nel dolore e nell’ orrore della guerra, senza certezze, interrogandosi su esiti e speranze, indagando su solitudini affrante e vite da ricostruire.
La seconda parte si apre ad una costruzione che prevede azione, interazione, suspance, inganno, in un disperante tentativo correttivo e salvifico, o solo una fuga da un se’ tramontato e sepolto.
Personaggi ben delineati e caratterizzati, alcuni tratti descrittivi eccessivamente protratti, la rappresentazione dell’ orrore della guerra e della speculazione sul dolore dei defunti, maltrattati nella propria memoria, trucidati anche post mortem.
Un racconto riuscito nella rappresentazione della follia umana e degli esiti infausti di un conflitto proseguito anche dopo l’ armistizio dentro le sofferenze inaudite, fisiche e psichiche, dei protagonisti, segnati per sempre ed impossibilitati a vivere una vita pubblica e privata degna di tal nome.

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Ci rivediamo lassù 2015-11-02 12:08:45 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    02 Novembre, 2015
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I ragazzi del Quattordici Diciotto

L'umidita', il freddo, la fame, gli stenti.  
Protetti da quel mezzo elmetto in testa, forti del fucile che mira al nemico, schiacciati sotto il peso di un mitragliatore, decisivi con la granata in pugno scivolano tra le trincee.
Un pensiero alla bella ragazza sorridente ritratta da una fotografia nascosta accanto alle due righe per la mamma , se a domani non arrivo portale un fiore tu che stai leggendo.
Sono i ragazzi del Quattordici Diciotto, i soldati al fronte durante la prima grande guerra.

Albert in fondo ad una fossa,  non troppo profonda ma troppo scivolosa. Poi il buio, il peso, la terra che trema sotto l'urto delle bombe ed il corpo immobile, un ultimo respiro avvinghiato ai polmoni. Edouard lì accanto e' riverso gravemente ferito, eppure trova la forza di scavare, guidato dall'intuito, dal destino.
Così, su quel campo di battaglia, poco prima dell'armistizio, le vite di due giovani mezzi morti si avviano verso un brillante futuro di quasi vivi.

Bel lavoro corposo, scorrevole e significativo, Lemaitre e' sempre molto bravo a caratterizzare i personaggi e a calarsi in maniera evocativa ed armoniosa nella vicenda, che appare quanto mai verosimile sebbene si tratti di narrativa.
"Ci rivediamo lassù" parla di un conflitto che volle una generazione condannata a morte, cammina tra i reduci nelle strade affamate del dopoguerra, polemizza con piglio frizzante e sarcastico sul business del post mortem mondiale . Irrispettoso, corrotto , truffatore.

Un lavoro molto piacevole e toccante che si legge con avidita' ed emozione , tra ricerca storica e fantasia l'autore ha ripercorso un'epoca commemorando con calore ed umanita' quei giovani che ormai, nemmeno spesso, sono ricordati soltanto dal bronzo di un monumento  e un Tricolore scolorito.

Scorrono le pagine, un uomo piange la morte del figlio che non ha mai saputo amare. 
Trova la pace solo quando un uccello dalle grandi ali lo guarda negli occhi, un solo istante di gratitudine, quasi come fosse amore.

Non ho pianto molto, ma ho di frequente sorriso commossa. Buona lettura.

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Ci rivediamo lassù 2015-08-12 21:29:22 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    12 Agosto, 2015
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La beffa del reduce

Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre

La beffa del reduce

Ci sono guerre pubbliche e guerre private. Ci sono guerre mosse da pretestuose motivazioni ideologiche e ci sono guerre di difesa del territorio. In ogni caso ogni guerra genera solo sconfitti, tutt’al più sconfitti che si celano dietro una maschera da vincitore.
Del conflitto del ‘15- ’18 hanno scritto autori di nazionalità diverse, affrontando il tema ciascuno secondo la propria sensibilità ed esperienza. Si pensi alle opere di quegli scrittori di cultura mitteleuropea che videro cancellato un mondo fino ad allora ritenuto incrollabile, o anche a romanzi come “Addio alle armi” di Hemingway o “La paga del soldato” di Faulkner.
Il romanzo di Lemaitre presenta due parti molto diverse tra loro, che sono, tuttavia, assai armoniosamente collegate e integrate. La prima si concentra sulla guerra, sui giovani chiamati alle armi, sui loro rapporti con le famiglie, e dà ampio spazio agli eventi sul campo di battaglia e agli orrori che ne derivano. Qui la narrazione è drammaticamente coinvolgente. È palpabile la solitudine dell’individuo di fronte a situazioni di pericolo estremo che non ha né scelto né cercato.
Ciò che accade a Edouard e a Albert li legherà indissolubilmente in una lotta per la sopravvivenza lontano dalle famiglie d’origine. La guerra privata di Edouard contro suo padre, amplificata e trasformata in quella condotta al fronte, continuerà fino alla fine, attraverso scelte difficili e drammatiche.
Il viso orribilmente sfigurato di Edouard non può non riportarci al personaggio di Faulkner ne “La paga del soldato”. È il tema fondamentale del rientro dei reduci, del loro reinserimento, della difficoltà di ricoprire o ritrovare un ruolo nella società civile. Se Faulkner aveva affrontato l’argomento mantenendo il tono altamente drammatico in tutto il romanzo, Lemaitre lo sviluppa nella seconda parte con una vena satirica che spesso sfocia nel grottesco. Non si creda tuttavia che ciò allenti la tensione narrativa o la drammaticità dell’azione. È proprio il paradosso che provoca maggiore disprezzo e disgusto in tutto ciò che si genera intorno al business della guerra. Gli interessi non si limitano agli affari delle industrie degli armamenti e all’indotto che ne deriva e che sollecitano interventi bellici, ma si sviluppano e si moltiplicano anche nel momento immediatamente successivo con speculazioni private e truffe vere e proprie. Ed é qui, nella seconda parte del romanzo che i personaggi si definiscono con maggior precisione. L’ignobile Pradelle non può che riscuotere il disprezzo del lettore perché specula sui cadaveri dei caduti e organizza una truffa colossale ai danni del governo facendo rientrare salme di sconosciuti, talvolta di nemici, in bare estremamente piccole, attribuendo ad essi false identità.
D’altra parte Edouard e Albert, vere vittime della guerra, organizzano una truffa ingegnosa ai danni di comuni e privati vendendo falsi monumenti che non saranno mai realizzati. Qui, tuttavia, il lettore non può che sentire simpatia per i personaggi. Ed è questo il rischio che si evidenzia in questo romanzo: laddove le istituzioni mancano o tradiscono il loro compito, ogni atto di furbizia, ogni azione truffaldina rischia di venire giustificata e persino assolta, ogni concetto di patria, di solidarietà, di lealtà e rispetto rischia di diventare pura e vuota retorica.

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Ci rivediamo lassù 2015-07-22 20:35:02 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    22 Luglio, 2015
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Il brutto, il buono e il cattivo...

Che brutta bestia la guerra! Probabilmente nessuno tra noi è stato tanto sfortunato da viverla in prima persona, possiamo solo immaginare, noi, da quello che leggiamo, dai film o dai racconti dei nonni cosa significhi veramente aver sperimentato sulla propria pelle le conseguenze di una guerra.
Un pò per caso un pò per scelta, ho letto negli ultimi mesi libri che raccontano storie vissute durante gli anni dei conflitti mondiali, alcune tratte o ispirate da episodi realmente accaduti (come in questo libro) altre partorite dalla fantasia dell'autore, tutte però mi hanno trasmesso un senso di inquietudine al solo pensiero di quello che potrebbe essere diventata la mia vita in simili condizioni.
Tra l'altro le guerre non finiranno mai, rappresentano una tappa inevitabile nei cicli e ricicli storici; tuttavia le guerre più recenti, non certo meno crudeli e devastanti di quelle del secolo scorso, sono in genere più 'circoscritte', si consumano nell'ambito di un solo paese. La prima Grande Guerra, invece, rappresentò la prima grande disgrazia umana che si abbattè implacabile su tutta l'Europa ed i cui effetti forse furono tanto più tragici perchè inaspettati, inattesi, perchè molti pensavano che la guerra non li avrebbe toccati, che ne sarebbero usciti indenni.. nessuno poteva immaginare quale portata devastante avrebbe avuto quel conflitto:
"Chi pensava che quella guerra sarebbe finita presto era già morto da molto tempo".
E come per la peggiore delle malattie, coloro che trovavano la morte erano i più fortunati.. nel senso che la morte fisica era probabilmente la più auspicabile delle sorti, di gran lunga più consolante del decadimento interiore che colpiva inesorabilmente i reduci della guerra, non solo coloro che avevano trascorso gli anni migliori della propria vita in trincee scavate nel terreno, non solo coloro scampati a bombardamenti ed incursioni nemiche ma anche coloro che avevano vissuto ogni singolo giorno nell'ansia e nell'angoscia di ricevere una lettera o una visita per annunciare la perdita del proprio figlio o marito o, peggio ancora, coloro che dopo tanto attesa vedevano tornare dal fronte un uomo diverso da quello che avevano visto partire, una sua ombra, il riflesso di tutte le sue paure o incubi peggiori.
Eccoli, quindi, due reduci della prima guerra mondiale, Albert e Edouard: combattevano fianco a fianco nello stesso reggimento, ma non si conoscevano quando erano in trincea. Soldati come tanti altri, volti infangati, occhi tristi, spenti dopo tanti morti disseminati tutt'intorno.. nel cuore solo la speranza che le voci sempre più insistenti di un armistizio imminente fossero vere e che quella missione, l'ultimo folle assalto alle linee nemiche voluto dal loro capitano Pradelle, non fosse proprio quella ad impedire loro di tornare a casa... perchè sarebbe proprio da stupidi morire il giorno prima della fine della guerra.
Ma tanti moriranno, quella missione si rivelerà solo una mossa astuta del capitano Pradelle per il suo tornaconto personale, per assicurarsi una decorosa conclusione della sua carriera militare che possa garantirgli anche un decoroso futuro da 'civile'... e si delinea così sin dalle prime pagine la figura di Pradelle come quella del classico 'cattivo', quello che induce il lettore a sperare sino alla fine in una giusta punizione, l'antagonista che aggiungerà la sua malvagità alle già numerose difficoltà che i due eroi incontreranno nel prosieguo della trama (inevitabili le assonanze con l'ispettore Javert dei Miserabili, a cui lo stesso autore ammette di essersi ispirato).
Albert ed Edouard invece sopravviveranno alla guerra, ma a quale prezzo? Albert, salvato miracolosamente da Edouard prima di morire soffocato in una buca nel terreno, vede il suo compagno trafitto in pieno volto dalla scheggia di una granata: l'armistizio viene firmato ma per Albert ed Edouard la guerra continua, uniti da un legame che va oltre la semplice amicizia, nasce tra loro un'alleanza quasi forzata contro l'attuale nemico che è la vita, non più la morte.
Perchè non è facile sopravvivere in quella nuova trincea che è diventata la società del dopoguerra, per uomini come loro a cui la guerra ha tolto tutto, amore, sogni, desideri, tutto bruciato dal fuoco delle bombe e dei proiettili che ancora risuonano nelle orecchie, immagini di soldati morti che affollano le notti e la paura, la disperazione più profonda che progressivamente annulla ogni velleità di riscatto.
Sono soli Albert ed Edouard, ognuno sostegno dell'altro, quasi in rapporto simbiotico: così diversi prima della guerra, Albert sempre pacato, riflessivo, spesso insicuro e per questo tendenzialmente incline ad una vita solitaria e piatta, Edouard ragazzo dalle notevoli doti artistiche e con una personalità eccentrica, ribelle e colma di vitalità. Al termine della guerra e di quella maledetta missione, le loro anime sembrano quasi invertite: Edouard, col viso deturpato e tormentato da dolori atroci, trascorre i giorni isolato nella sua stanza, nella più totale apatia e nell'attesa della prossima dose di morfina; Albert, che cerca di colmare il suo senso di colpa per la condizione in cui versa Edouard, procurandogli la morfina anche con mezzi poco leciti e rischiando in prima persona.
Qualcosa però accade, un'idea quasi impossibile da realizzare, una truffa colossale contro quello Stato, quella nazione che prima li ha mandati alla morte, poi li ha osannati e celebrati per il sacrificio prestato e poi li ha abbandonati a se stessi: e questo progetto diventa il loro grande tentativo di riscatto.

Ho avuto modo di apprezzare Pierre Lemaitre in Alex, un romanzo dalle tinte forti, un thriller angosciante che magnetizza l'attenzione del lettore come una calamita col ferro, in un crescendo di tensione e colpi di scena magistralmente condotti.
Con "Ci rivediamo lassù", Lemaitre cambia strada, ne imbocca una in cui la violenza non è più limitata a poche persone, vittime e carnefice, ma ha un impatto 'mondiale': è quella violenza fisica, ma soprattutto psicologica, che la prima guerra mondiale ha lasciato come una scia al suo termine.
Notevole cura da parte dell'autore nel delineare i due personaggi della storia, i due eroi, nel mettere in risalto la particolarità del loro rapporto evidenziando il disagio subito dai reduci della guerra, le enormi difficoltà che dovevano affrontare per il reintegro nella società, essa stessa allo sbaraglio dopo mesi di stenti e sacrifici imposti dalla guerra.
Non viene comunque trascurata la storia, bensì impreziosita dall'esperienza dell'autore nel genere thriller poliziesco ed arricchita quindi con quella tensione narrativa che coinvolge il lettore sino all'adrenalinico capitolo finale.

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Ci rivediamo lassù 2014-12-14 19:31:53 Robbie
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Robbie Opinione inserita da Robbie    14 Dicembre, 2014
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La stangata

E' un libro interessante, corposo (ben 452 pagine), uscito proprio un anno prima del 100° anniversario della Prima Guerra Mondiale (probabilmente non a caso). La “Grande Guerra” è il contorno in cui si sviluppa la vicenda, la scintilla che “accende” e fa decollare la storia.

Non è un libro di denuncia sugli orrori della guerra o almeno non solo, visto che comunque il protagonista, Edouard, è un'evidente vittima del conflitto e lo scrittore non manca di rimarcare più volte le perdite in vite umane, le mutilazioni e la grama vita di molti soldati tornati dal fronte e incapaci di ricostruire una vita normale e dignitosa. Il libro affronta invece, in maniera forte, provocatoria e irriverente soprattutto la società e le bassezze dell'animo umano: di chi approfitta della guerra e dei caduti per arricchirsi (prendendo spunto peraltro da fatti realmente accaduti), l'arrivista pronto a tutto pur di arrampicarsi ai vertici della scala sociale, l'incomunicabilità tra padre e figlio, l'inadeguatezza e la corruzione di diversi funzionari pubblici, l'indossare nella vita maschere a protezione del proprio essere interiore e della propria diversità, l'amicizia/riconoscenza che diventa però quasi maledizione, quando comincia a travalicare l'appoggio reciproco e comincia a spingere le persone in un vortice di azioni negative senza possibilità di ritorno alcuno

I protagonisti, ma anche le figure secondarie, sono ben tratteggiati. La scrittura è scorrevole e la storia accattivante, anche se aleggia sempre una sorta di malinconia e di amarezza, pochi personaggi anche quelli più positivi, come il mitico “Merlin”, rifulgono di luce propria, hanno sempre una sfaccettatura opaca, degli elementi di negatività.

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Ci rivediamo lassù 2014-11-26 14:57:45 ferrucciodemagistris
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    26 Novembre, 2014
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L'inizio da una fine

Tutte le guerre si assomigliano; cambiano i mezzi, le strategie, gli armamenti, ma le miserie dell’animo umano sono sempre presenti in maniera crudele, cinica, spietata. Caratteristica della prima guerra mondiale è la famigerata trincea; uomini che sopravvivono in condizioni di abbrutimento fisico e spirituale, sempre in trepida attesa dell’assalto alla baionetta alla conquista di una postazione contro una linea nemica che sbaraglia e falcidia alla rinfusa senza alcuna possibilità di scelta; solo chi è più fortunato ne esce vivo seppur, spesso, con ferite e mutilazioni a volte indescrivibili.

Protagonisti della narrazione sono un ufficiale, di nobile e decaduto casato, e due soldati francesi, la cui storia inizia a pochi giorni dall’armistizio nel novembre del 1918 e continua, in maniera molto diversa, il ritorno alla vita borghese in una Parigi che non riconosce quasi nulla ai reduci di guerra. Ognuno di loro, quindi, agisce a modo proprio per affrontare l’incerto futuro. L’ufficiale, D’Aulnay-Pradelle, che già ha avuto comportamenti esecrabili sui campi di battaglia, indirizza la sua vita all’arricchimento personale con tattiche illegali e senza crearsi scrupoli. Gli altri due soldati, Albert e Edouard, quest’ultimo gravemente mutilato, organizzano una colossale truffa ai danni di quel governo che li ha trascurati; i destini dei tre si intrecciano più volte e il destino gioca implacabili e alterne situazioni con finali non esenti da colpi di scena.

Il romanzo mette in luce la tragica realtà di coloro che, avendo servito il paese durante la guerra, si trovano ad affrontare un nuovo stile di vita senza alcun aiuto e riconoscimento da parte di quella stessa nazione che li ha chiamati a difendere la Patria.

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Ci rivediamo lassù 2014-07-28 14:33:49 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    28 Luglio, 2014
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La rivincita dei reietti

Se c'è qualcosa di realmente vicino ad Albert, quella è la morte.
Iella nera! Si ricorderanno di lui per essere defunto nell'ultima, inutile offensiva francese della prima guerra mondiale, contro una sfilacciata truppa di crucchi, ugualmente sfiduciati e desiderosi di tornare in patria. Domani la guerra sarà probabilmente finita.
E lui lì, sepolto sotto un metro di terra molle.
Beffa delle beffe: il tenente d'Aulney-Pradelle vivrà!... Colui che ha causato quell'inutile ultima carneficina con un'azione spregevole e indegna di un soldato (figuriamoci di un comandante!).
D'improvviso – mentre Albert, timido e insignificante contabile nella vita, sta consumando l'ultima riserva di ossigeno – una forza invisibile lo tira fuori da quella buca, adagiandolo sul campo di battaglia, ormai intriso di tutto il sangue d'uomini e cavalli di cui v'è bisogno...
Chissà dove Eduard (rampollo di buona famiglia, partito per la guerra come ennesima sfida ad un padre potente ed “ingombrante”) ha trovato la forza per strappare il commilitone ad una stupida morte. Un Eduard – solo ora Albert se ne accorge – che fa venire in mente un mollusco cefalopode: lo scoppio di una granata lo ha mutilato irrimediabilmente, portandogli via il mento ed un pezzo di gola.
Ma non è questo, ora, che importa: “Sono vivo, mio Dio!”... Vivo.

La letteratura francese sembra godere di ottima salute, almeno stando ai vincitori delle ultime annate del Premio Goncourt. Dopo il notevole “Il club degli incorreggibili ottimisti” di Jean Michel Guenassia (vincitore nel 2010), anche questo romanzo di Pierre Lemaitre si aggiudica il prestigioso riconoscimento letterario con una mirabolante storia di riscatto.
Il nucleo del racconto è la malandata amicizia di due reduci di guerra (l'uno costretto perennemente in casa per la vergogna del suo stato e la necessità di lenire con abbondanti dosi di morfina il dolore delle sue mutilazioni di guerra; l'altro spinto ad arrangiarsi per entrambi – quando non avrebbe i mezzi nemmeno per sostenere se stesso –, avendo deciso di prendersi cura dell'uomo che gli ha salvato la vita)... Sino al momento in cui il corso delle cose presenta ai due reietti un'inaspettata occasione di riscatto, sotto forma di una truffa al sentimento commemorativo per i caduti di guerra! Quasi una legge del contrappasso, visto che il conflitto mondiale, pur non uccidendo i due, li ha praticamente rovinati.
Il libro, ben scritto e frutto di un mirabile lavoro di documentazione, ha il suo punto forte nella progressione con cui descrive il ribaltamento delle situazioni dei protagonisti, e di tutti i personaggi che girano loro attorno. Non senza una certa dose di umorismo, anche nei punti più bassi della parabola (come, ad esempio, nell'episodio in cui Albert – esasperato dalle insistenze di Eduard – prova a mollargli un pugno, ma la sua mano finisce incastrata tra le ossa dell'amico lì dove dovrebbe esserci, e non c'è più, una mandibola).
Sino all'inaspettato finale, che accentua il sapore tragicomico dei fatti.

Un'ultima curiosità. Il titolo scelto da Lemaitre per il suo libro non è esattamente “descrittivo”: “ci rivediamo lassù” furono le ultime parole del soldato francese Jean Blanchard, fucilato nel dicembre 1914 per tradimento e riabilitato sette anni dopo. Era innocente... come la stragrande maggioranza di quelli che, a volte nelle maniere più assurde, perdono la vita in guerra.

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della prima guerra mondiale, ma anche a chi ha visto "La stangata" e l'ha trovato bello ma... poco romantico.
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