Orbital
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Orbite lontane
«La Terra è una madre che aspetta il ritorno dei suoi figli, pieni di storie, di estasi, di nostalgia. Le loro ossa sono un po’ meno dense, le loro membra un po’ più sottili. Negli occhi tante visioni difficili da raccontare.»
“Orbital” di Samantha Harvey è il romanzo vincitore del Booker Prize 2024 ed è la storia di sei astronauti provenienti da diversi paesi tra i quali America, Russia, Italia, Gran Bretagna e Giappone. Questi ultimi orbitano attorno alla Terra nella loro ultima missione. Si trovano infatti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, questa è destinata a breve ad essere smantellata. È in questo contesto che osservano e riflettono sulle loro vite, viste da lontano, viste da sopra a sotto. La loro è una quotidianità sospesa, non solo senza tempo ma anche senza gravità.
Il lettore tra queste pagine scopre della loro intimità, della loro vita, delle loro abitudini. Li osserva mentre sfogliano foto, mentre si cibano di pasti disidratati, mentre giocano e scherzano sulla toilette suddivisa per nazione. Si abbandonano ancora al sonno nel fluttuare di un ambiente senza gravità.
E insieme a loro li accompagna con lo sguardo, uno sguardo sempre rivolto al pianeta Blu. Uno sguardo che sa di malinconia ma anche di appartenenza perché per loro quella realtà e ciò che davvero è. È questo ciò che più li caratterizza e li rende vivi. Gli manca la Terra ma non potrebbero vivere senza lo spazio.
«Chie gli strizza l’occhio. Dai Pietro, cosa faresti?
Me ne starei lì disteso, dice Pietro. A sognare lo spazio»
L’autrice scrive un testo che non è solo un romanzo, che non è solo fan fiction. Ella gioca su quel contrasto che è dato dallo spazio infinito, dalla fragilità di un mondo che non ha confini ma che al contempo ne ha.
Gli astronauti sono persone addestrate a quella vita, all’immensità. Sanno che una volta nello spazio ne saranno travolti perché consapevoli di quanto di fatto piccoli. E come noi sappiamo che loro sono lì, loro sanno che noi siamo qui (anche se non possono metterci a fuoco).
Distanza e percezione, immensità e temporaneità, sono due dei grandi temi presenti in “Orbital”. Ma come cambia la comprensione dell’io quando quest’ultimo si scontra con l’immensità del cosmo? Qual è il rapporto che si instaura con il nostro pianeta? Cosa significa essere sospesi tra due mondi?
«Che la corsa della tua vita passi in un batter d’occhio, proprio come il cervello che invecchiando rallenta tanto da far sembrare tutto più veloce.»
Eh sì, perché seppur fisicamente lontani, con la mente sono vicini. Un senso di appartenenza che si scontra con una dimensione che è magnetica nella sua sospensione atemporale.
“Orbital” di Samantha Harvey non è solo l’esplorazione del cosmo, è prima di tutto l’esplorazione di noi stessi, del nostro animo, del nostro essere. Il tutto è raccontato per mezzo di un luogo che fa parte dei sogni e dell’immaginazione di tutti noi. Perché tutti, almeno una volta, alzando gli occhi al cielo ci siamo chiesti “chissà com’è, chissà cosa c’è”. Perché tutti, almeno una volta, abbiamo immaginato di fluttuare nel cosmo. Ed è così che capiamo anche che il nostro modo di pensare e sentire può essere diverso dal nostro modo di pensare e sentire nel quotidiano. Siamo nel nulla, sospesi nel vuoto ma dentro siamo pieni.