Destino Destino

Destino

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Su una spiaggia messicana del Pacifico, le placide onde notturne lambiscono una testa mozzata, la testa di Josué Nadal. Anche se la testa è tagliata, la lingua parla, vuole andare in cerca del suo corpo, quello che ebbe in vita, che palpitò notte e giorno. E allora la testa racconta, ricorda, divaga. Sa di essere la millesima testa tagliata dall’inizio dell’anno, sa che a separarla dal suo corpo è stata la violenza, efferata e pervasiva, che domina nel paese, la trama insolubile dei poteri, legittimi o meno, che controllano la vita di ogni individuo. La testa non dimentica l’amicizia fraterna con Jericó, le discussioni di filosofi a con padre Filopáter, le avventure con l’infermiera Elvira Ríos, la tormentata Lucha Zapata e la puttana dall’ape tatuata sulle natiche. Non dimentica soprattutto il grande tradimento. Josué e Jericó, uniti come Castore e Polluce, ostinati artefici del loro destino, si separano: Jericó sceglie una gelida ambizione e i Dioscuri si trasformano in Caino e Abele. Carlos Fuentes realizza con Destino una delle sue opere più ambiziose, ritratto spietato di un paese tentacolare e riflessione universale sugli imperscrutabili ingranaggi di volontà e fortuna. Dalle carceri nelle oscene viscere di Città del Messico ai piani alti dei palazzi del potere, si incrociano desideri, successi, paranoie, cadute, in una vertiginosa galleria di personaggi, allegorie dei vizi (molti) e delle virtù (poche) di un’epoca avviata verso un irreversibile tramonto.



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Destino 2013-09-16 08:53:06 lupemanaje
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lupemanaje Opinione inserita da lupemanaje    16 Settembre, 2013
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Destino

Città del Messico. Josuè Nadal, adolescente solitario e solo, "custodito" non troppo amorevolmente dalla scontrosa Maria Egipciaca, stringe amicizia con il coetaneo Jericò, senza cognome e senza passato.
Il legame che si crea li porta a condividere tutto: l'abitazione, la passione per la filosofia - incentivata dalla conoscenza col professor Filopater - le speranze per il futuro, il desiderio di diventare avvocati, la prostituta che li accoglie entrambi. Come Castore e Polluce, i gemelli semidei. La strada che sembra già tracciata, però, si interrompe bruscamente: Jericò se ne va in Europa, e l'esistenza di Josuè deve proseguire in solitudine. Quasi come una consolazione entra nella sua vita Lucha Zapata, perennemente sulla via della perdizione, che lo porta a destreggiarsi tra lei e lo studio, in una Città del Messico infinita e spietata. Quando il professor Sangines gli procura un praticantato nell'atroce carcere di San Juan de Aragon, Josuè viene in contatto con bambini perduti, spietati assassini e un misterioso individuo, Miguel Aparecido, spaventoso ed empatico allo stesso tempo. Nella mente di Josuè cominciano a farsi strada domande apparentemente senza connessione né risposta: perché ha delle visioni in cui una donna morta esalta ai suoi occhi il figlio imprenditore Max Monroy? Perché Miguel fa di tutto per rimanere in galera? Perché Jericò ritorna dopo anni con la smisurata e assurda ambizione di scatenare la rivoluzione in Messico?
Castore e Polluce rischiano di trasformarsi in Caino e Abele.
Nel momento in cui Sangines manda a lavorare lui per l'impenetrabile Monroy, e Jericò per il presidente della repubblica Carrera, Josuè inizia a capire. Pian piano, attraverso terribili visioni e le ben più terribili visite a San Juan de Aragon, si fa largo una verità scomoda, inconcepibile, per la quale pagherà un prezzo ben più alto di quanto immaginasse.
Questo mio primo impatto con Fuentes è stato decisamente forte. Tocca tutti i temi possibili, dal puro pensiero filosofico al sesso -vita, morte, giustizia, solidarietà, violenza, egoismo, dolore- intrecciati in una vicenda piena di ombre.
E' un romanzo visionario, intenso e spietato, non tanto nella storia (che comunque non lascia molto spazio alla rosea speranza!) quanto nel ritratto che l'autore fa della città, del degrado che se la divora, delle esistenze perdute nei suoi meandri. La generazione che cerca il suo riscatto lo trova spesso solo nella delinquenza.
I due fratelli di vita, pur tentando di emanciparsi attraverso le loro conoscenze filosofiche, restano fatalmente imprigionati nelle meccaniche spietate della politica e dell'ambizione, che in realtà sono affare per pochi. Ciò che governa l'immensa Città del Messico sono miseria e violenza, culminanti nell'orrore senza tempo del carcere sotterraneo, dove arriva, come ulteriore tortura psicologica, il rumore della vita esterna.

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