Doppio vetro Doppio vetro

Doppio vetro

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Dal doppio vetro delle sue finestre in un piccolo appartamento nel centro di Reykjavík, un’anziana donna osserva la vita da cui si sente ormai tagliata fuori ma che continua ad attrarla, a porle domande, a nutrire la sua «fame di giorni» e il suo desiderio di appartenere al presente. Vedova con figli che hanno da tempo preso la loro strada e nipoti ormai cresciuti e sempre più lontani, la sua esistenza subisce una scossa inaspettata con l’entrata in scena di un uomo. Un coetaneo che forse ha già incrociato brevemente in gioventù, un ex chirurgo separato dalla moglie che senza timore le si dichiara e la corteggia, facendole riscoprire l’ebbrezza della complicità e del sentirsi desiderati. Ma è ammesso, opportuno, o anche solo possibile innamorarsi ancora alla sua età? Che cos’ha in fondo l’amore da offrire a due solitudini al tramonto? E perché la passione senile rimane un tabù, perfino agli occhi di amici e famigliari, qualcosa da negare o deplorare come un capriccio?



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Doppio vetro 2020-01-12 07:09:54 68
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68 Opinione inserita da 68    12 Gennaio, 2020
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Età e sguardo sul mondo







Un’ anziana donna sulla via del tramonto si muove parsimoniosa in un’ ordinata routine, la maggior parte del tempo trascorso alla finestra, doppia dimensione e sguardo sul mondo, abitando l’ antica lingua d’ Islanda, parlando spesso con la radio, esclusa da un reale che le pare del tutto nuovo ma che le sta a cuore, una età in cui crede di essere arrivata a discernere il futile dall’ essenza delle cose.
Lei, a differenza di molti suoi coetanei, non ha ancora perso l ‘autonomia e non ha voglia di tornare giovane, di certo non le manca nulla, in un’ epoca senza amore rifugiatasi nel romanticismo, alla deriva della coscienza, distrutta dalla menzogna.
In fondo non è che una vecchia scarmigliata chiusa dentro un tempo che l’ ha logorata, scolpita dall’ esperienza, piena di ferite disinfettate e lasciate coperte per farsi cicatrici, una vecchiaia organizzata prima di compiere i settant’anni.
Spesso le sembra di essere spettatrice dei propri pensieri, una spettatrice pensante chiusa dentro il proprio tempo, e la cosa strana è che, pur connessa via cavo con ogni angolo del mondo, ha bisogno di tranquillità per trovare la concentrazione e cogliere l’ essenza delle cose.
Essere innamorati alla sua età sarebbe un penoso canto del cigno e non può certo esporsi ad una pena d’amore, ma .. “ la vecchiaia non deve bruciare tra le fiamme, semmai tenere vive le braci, prendersene cura, badare alla continuità “...
E’ così brava a farsi scalfire dal tempo, tra momenti in cui è brutto non sentire se si è vivi e giorni che passano prendendo tempo. Ha dedicato tutta la vita a Gudjon, il marito prematuramente scomparso ed ai ragazzi, immersa in giornate in cui ...” rendere fertile ogni momento, riempire la vita di significati e canzoni, tenendo a bada lo sconforto ed il terrore, respirando tutto ciò che ha intorno “... Poi è sopraggiunto l’affanno ed ha finito per morire a se stessa, senza dirlo a nessuno e senza che alcuno l’abbia notato.
Sverrir le pare diverso da quelli che l’hanno attratta in passato, un uomo ordinario, che non finge di essere quello che non è, di serbare ancora il vigore di un tempo. Insieme ... “ si tengono per mano e spazzano via granelli di polvere immaginari, lievi e continui contatti che creano un velo protettivo dalle variazioni climatiche esterne “....
A volte ridacchiano di un decadimento fisico assodato, immaginandosi altrove, per un momento, ma è qui che lei vuole restare.
Il tempo e le stagioni della vita scorrono, fotogrammi di un’ esistenza che ogni volta fa luce su immagini impercettibili. Una vecchiaia logorata nel fisico asciutto, usurato, dolente, una mente scossa dai fantasmi di ricordi svaniti, che richiama la forza di un tempo e ritrova gesti e momenti lontani.
La morte si mostra ed afferra i vicini e le loro storie, ad uno ad uno, gli affetti di un tempo, il dialogo con i morti continua, il reale un insieme confuso di accadimenti, qualcuno deciderà per noi, la vita si fa calma protratta, serenità onnipresente, sguardo pacificato, su se’ e sul mondo.
Ecco allora che

... “ Il doppio vetro della finestra del soggiorno si scompone in molecole davanti ai suoi occhi. L’ esperienza non le arriva più di riverbero, è lei l’ esperienza. Si fonde con il mondo che sta fuori. Diventa il mondo che sta fuori. Diventa i movimenti goffi del bambino, la sabbia, la paletta. Diventa ogni altra cosa nello stesso momento. E. E’ compiuta “....

Halldora Thoroddsen, scrittrice e poetessa islandese, in “ Doppio vetro “, suo primo romanzo tradotto in Italia, cadenza un mondo di immagini che ripercorrono una vita che inizia e finisce negli anni della protagonista, un’età esclusa da un reale finalistico iperproduttivo e di forte impatto fisico per nutrirsi altrove, all’ interno di un se’, connubio di esperienza e forza sognante, che è rimasto lo stesso.
Il proprio sguardo e quello altrui, sovente diversi, a volte coesi in un’ essenza condivisa, posseggono il gusto lento di una lingua scarna, essenziale, dosata, poetica, che cerca di penetrare e gustare i misteri insondabili dell’ esistenza.



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