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I fratelli Friedland I fratelli Friedland

I fratelli Friedland

Letteratura straniera

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Arthur Friedland è un aspirante scrittore disoccupato che decide di portare i tre figli a una performance del grande Lindemann, Maestro dell’ipnosi. Arthur si dichiara scettico a riguardo di qualsiasi magia. Ma quando Lindemann invita Arthur sul palco, lo porta a confessare in pubblico i suoi segreti più reconditi, intimandolo a trasformarli in realtà. Così, abbandonati i tre figli sulla soglia di casa, Arthur svuota il conto in banca della famiglia e svanisce per diventare uno scrittore famoso. E i ragazzi? Martin crescendo diventa un prete cattolico. Eric un consulente finanziario di successo. E Ivan sembra destinato alla gloria come pittore. Kehlmann racconta tre fratelli, tre impostori, ognuno a suo modo, che hanno saputo crearsi un’esistenza quasi normale. Ma quando scoppia l’estate della crisi finanziaria del 2008, gli incubi diventano reali e si spalanca l’abisso pronto a inghiottirli.



Recensione della Redazione QLibri

 
I fratelli Friedland 2015-06-11 17:37:59 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    11 Giugno, 2015
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Come scrivere (involontariamente) racconti

In un anonimo pomeriggio, Arthur Friedland carica sull'auto i tre figli – Martin, avuto dalla prima moglie, e i gemelli Eric e Ivan – e li porta con sé ad assistere allo spettacolo di un ipnotista: per i figli si tratta di una straordinaria esibizione, per il padre soltanto di un intrattenimento per ragazzini.
Sino a quando lo stesso Arthur viene chiamato sul palco: Lindemann, l'ipnotista, spiega che lo stato di trance non fa altro che rafforzare nelle persone i propri desideri mai messi in atto. Fatto sta che, al termine dello spettacolo, il padre riaccompagna i ragazzi alle rispettive case, prosciuga il proprio conto bancario, prenota un volo e sparisce.
Martin, Eric e Ivan sono troppo piccoli per capire cosa sta accadendo. E' solo dai libri pubblicati nei due decenni successivi che realizzano come il padre, per insondabili ragioni legate a quella seduta di ipnosi, abbia deciso di inseguire il proprio sogno di diventare uno scrittore. Con successo. Mentre loro tre, fra alterne fortune, si ritrovano uomini.

Con il suo ultimo romanzo, Daniel Kehlmann prova a narrare la storia di una famiglia tenuta in sé da un comune denominatore volutamente esile: la figura di un genitore assente in spirito e corpo. Ma, poiché il filo non tiene, realizza suo malgrado una raccolta di sei racconti.
Il primo, dal titolo “Il grande Liebemann”, è la vicenda di un padre e di tre figli come già riassunta sopra.
“La vita dei santi” è la storia di Martin, il primogenito diventato prete sebbene più appassionato a questioni filosofiche che religiose... oltre che al “cubo di Rubik” (lo spigoloso oggetto meccanico-matematico che spopolava negli anni '80).
“Famiglia” vorrebbe essere una riflessione sull'avvicendarsi delle generazioni ma non è che un godibile intermezzo non troppo collegato al resto.
“Affari” è la storia di Ivan, il gemello divenuto consulente finanziario, principalmente per un unico e ricco cliente: il signor Klussen. I problemi iniziano quando scoppia la crisi finanziaria e Klussen chiede conto di alcune operazioni su titoli.
“Della bellezza” narra dell'altro gemello Eric, della sua smania di divenire un grande pittore e di come, invece, si ritrovi compagno di vita del vecchio Eulenbock (lui sì assurto a fama grazie alla pittura). Alla sua morte ne diviene principale amministratore dell'opera artistica.
Infine il sesto capitolo, “Stagioni”, che costituisce il (malriuscito) tentativo di riannodare l'intera vicenda, dopo il colpo inferto dalla malasorte ad un membro di quella singolare famiglia.

Vi è, in tempi recenti, una tendenza letteraria a scomporre e ricomporre vicende di vita sottraendo loro linearità. Se il tentativo riesce, si possono avere dei capolavori letterari dell'ultima ora, ma più spesso i risultati sono poco edificanti. Pare essere il caso di questo libro, che ha il torto ulteriore di non sfruttare alcuni spunti ammirevoli (si veda il capitolo “Famiglia”), finendo per regalare davvero poche emozioni.
Da segnalare, infine, un riferimento “ingannevole” nella terza di copertina, dove la vicenda è così sintetizzata: “Kehlmann racconta tre fratelli (e un padre assente), tre impostori, ognuno a suo modo, che hanno saputo crearsi un'esistenza quasi normale. Ma quando scoppia l'estate della crisi finanziaria del 2008, gli incubi diventano reali e si spalanca l'abisso pronto ad inghiottirli”. Niente di tutto questo: la crisi finanziaria entra solo relativamente nel racconto, e non spalanca nessun particolare abisso (il fratello messo peggio riuscirà persino a trarne beneficio). Perché, allora, stilare un “coccodrillo”?

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I fratelli Friedland 2016-05-14 21:49:47 68
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68 Opinione inserita da 68    14 Mag, 2016
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La forza di un destino crudele


Ivan, Eric e Martin sono fratelli, di madri diverse, i primi due gemelli omozigoti, tutti figli di Arthur, che scrive per vocazione ma senza successo, ancora e da sempre in cerca di una propria identità'
Sara' l' incontro casuale con un illusionista a cambiare il destino dei fratelli Friedland, abbandonati da Arthur, futuro scrittore di discutibili bestsellers e li ritroveremo, venti anni dopo, in professioni ed inclinazioni assai diverse, ammantati di un falso perbenismo , cinici ed insoddisfatti, sulla soglia della rovina e con un futuro spoglio di certezze e speranze.
Ivan e' un sedicente pittore gay, falsario, Eric si destreggia nel mondo della finanza e nella gestione di grossi patrimoni alla vigilia del crack finanziario del 2008, Martin esce da una adolescenza difficile, convive con la propria pinguitudine e si fa prete non certo per vocazione.
Le loro vicende si intrecceranno con quelle paterne in una rivisitazione di un destino beffardo e cinico.
La saga famigliare descritta da Kehlmann traccia figure della contemporaneita', il cui triste destino segnato da una infanzia crudele si ripercuote in una eta' adulta che si nutre di inganni, falsita', egocentrismo, scarso altruismo, evidenziando i legami fraterni, il vero nucleo famigliare, contrapposti a genitori assenti, fragili e perennemente alla ricerca di una via.
In particolare Arthur, artefice del disastro dell' oggi e' un personaggio ambiguo, irrisolto, che insegue la propria arte abbandonando il ruolo di padre, scomparendo per riemergere, anni dopo, intriso di successi insignificanti in una vita che non sembra averlo restituito al reale significato dell' esistere.
Il libro e' costruito attorno ai tre fratelli, ai loro fallimenti, e ci porge, oltre l' oggettivita' di una trama scarna, temi e spunti socio-filosofici.
Ne emerge una denuncia del cinismo della contemporaneita', dei falsi miti moderni, il denaro, la fama, la crudelta' gratuita, la falsita', l' edonismo, il nichilismo, ( l' apice e' rappresentato dalla figura di Martin, prete non credente!! ) ma i protagonisti assurgono a simboli di un contesto allargato e sono vittime e carnefici di un destino che appare gia' scritto e non modificabile.
La descrizione della saga famigliare e' tratteggiata nel capitolo che ricostruisce la secolare storia degli avi e si conclude con la genuina e candida visione sul futuro, attraverso gli occhi di Marie, che e' anche speranza per un cambiamento a venire.
La lettura e' piacevole, di certo non superlativa, prevale un certo scollamento tra la trama, a tratti ripetitiva e monotematica, ed i personaggi, con intrecci non sempre fluenti.
Resta l' idea di fondo e la riflessione sulla contemporaneita', in un mondo così' cambiato, dissociato, popolato sempre meno da idee ed ideali, sempre piu' da falsi " personaggi "e scelte materialistiche, senza spessore e spiritualita', ed il dubbio che assale Arthur sul reale valore della propria scelta che ha condizionato cosi' pesantemente il presente e' una ammissione di colpa e una presa di coscienza.
Di certo gli è mancata la chiave che segna e determina una vita ed il proprio significato precipuo: l'Amore!

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