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Il Maestro

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A Buchenwald, ogni notte, il musicista Jozef Kropinski si intrufola di nascosto nel posto più lugubre del campo: la stanza di dissezione del dipartimento di patologia. Lì sa di essere al sicuro, perché persino le SS preferiscono tenersi alla larga da quel posto inquietante, che ospita le tracce della follia dei medici nazisti. Alla luce di una candela, scrive spartiti di cui ogni nota è un atto di resistenza. Solo alcuni fogli sopravviveranno con lui e il suo violino alla marcia della morte nel 1945. Auschwitz, Dachau, Buchenwald: nessun campo di prigionia è mai riuscito a soffocare l'afflato di libertà.



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Il Maestro 2014-12-02 21:02:36 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    02 Dicembre, 2014
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Musicalità dall'inferno.

Classe 1964, originario di Barletta, il pianista e compositore Francesco Lotoro è il creatore e fondatore dell'Orchestra Musica Judaica. Solo e soltanto componendo “la sua parte in ombra si svela, tutti i suoi sensi sono all'erta, la ritmica” è “come il battito del cuore, l'animalità liberata”. Sin dalla tenera età la sua simbiosi con il pianoforte e gli spartiti è evidente, e tra un avvenimento e l'altro il maestro è riuscito a perseguire il suo più grande obiettivo quello di riesumare la musica concentrazionaria.
In quest'opera Thomas Saintourens ripercorre passo dopo passo la vita del musicista evidenziane gli episodi che lo hanno condotto all'universo artistico, i viaggi dal risultato inatteso a Praga, ad Israele così come nelle altre capitali Europee e non ed il fatidico ed inaspettato incontro con le opere dei campi. Dal momento, la svolta e l'ossessione per la ricerca. Un nuovo obiettivo si erge nella mente del pugliese: ridar vita a quelle opere scritte in giorni di prigionia da autori ormai deceduti che eppure persistono a vivere grazie a quelle folli note riportate su spartiti logori ed improvvisati.
Il giornalista francese riesce nella sua impresa di trascrizione creando un romanzo fedele all'intento. Il libro si sviluppa su due fronti paralleli, da un lato vi è la vita dell'italiano dall'altro piccole postille su quella dei detenuti nei campi, sulle loro condizioni e sulle circostanze protagoniste indiscusse della redazione dei componimenti. La musica era concepita come evasione dall'esistenza spettrale e decadente che aveva preso possesso delle loro giornate e, come ci evidenzia il maestro, caratteristica fondamentale ed indiscussa di questi spartiti è la gioia. Si, l'ilarità di rivivere il tempo perduto che nemmeno la prigionia è riuscito a smorzare. Non ci troviamo dinanzi a componimenti tristi e lugubri bensì ad ogni sorta di musicalità (opera classica, Jazz, canzonette etc etc) e tutti con ritmi indiscutibilmente incalzanti.
Stilisticamente parlando il decollo dell'opera non è immediato per il lettore che fatica, almeno inizialmente, a focalizzare gli avvenimenti che risultano sfuggenti, quasi surreali. Solo successivamente la confidenza con Lotoro e con gli artisti del campo diventa fedele e colloquiale per chi affronta il racconto. Personalmente ritengo che questo sia determinato dal fatto che il francese si sia limitato a riportare i fatti utilizzando quella forma documentaristica che ben poco si presta ad una lettura scorrevole ed incantatrice. Di conseguenza, seppur il romanzo tratti di argomenti salienti, indimenticabili ed inesorabilmente vividi, risulta freddo, farraginoso e distaccato. Seppur piacevole si conferma l'opera di un giornalistica e non di uno scrittore, pertanto è priva di quelle caratteristiche capaci di renderla indimenticabile.

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