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Le ricette della signora Tokue Le ricette della signora Tokue

Le ricette della signora Tokue

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«Si tratta di osservare bene l’aspetto degli azuki. Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi». Questo è il segreto culinario un po’ bizzarro che custodisce l’anziana signora Tokue. Ascoltando la voce dei fagioli rossi azuki si può imparare a fare il ripieno perfetto per i dorayaki, tipici dolci giapponesi che si sciolgono in bocca e fanno dimenticare il peso delle preoccupazioni. Tokue rivela il proprio segreto a Sentarō, un pasticciere in crisi di vocazione, che accetta di assumerla nel suo laboratorio dopo aver assaggiato la sua sublime confettura an. E vede gli affari raddoppiare. Tokue gli rivela però anche un altro segreto, quello del suo passato. Impartendo così a Sentarō una lezione ben più profonda e preziosa. Una favola moderna sull’amicizia e la libertà. Un’ode agrodolce alla cucina e alla vita, che ci insegna a trovare la grazia nell’inaspettato e a riscoprire la gioia nascosta nelle piccole cose.



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Le ricette della signora Tokue 2022-02-08 09:42:31 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    08 Febbraio, 2022
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AN

L’albero di ciliegio sta per fiorire, l’anziana Tokue si ferma ad osservare la bottega di dolciumi, potrebbe essere suo figlio l’uomo triste davanti alla piastra e al pan di spagna.
L’albero di ciliegio è nel pieno della fioritura di fronte al negozio di pasticcini, una donnina con le dita ricurve cucina una strepitosa confettura di an, i fagioli dolci.
L’albero di ciliegio è ormai spoglio, il suo fusto glabro ricorda le asperità della vita, di chi isolato e umiliato ha perso tutto. Anche la vita stessa, nemmeno una tomba a due passi da casa.

Inciampata in questo titolo durante la lettura di un saggio di Maria Teresa Orsi, è Imbarazzante e fuorviante la presentazione della casa editrice, che ne fa un esemplare di frivolezza. Invece…
Invece il morbo di Hansen, la lebbra, è una malattia debellata da molti decenni in Giappone, eppure esiste un crimine taciuto e sconosciuto ai più.
In seguito a una Legge del 1907, i malati vennero assoggettati a ricovero coatto in sanatori posti in località isolate di montagna o su isole remote, immensi conglomerati dove scarseggiavano cibo e cure, dove essi subirono trattamenti durissimi e lavori forzati. Gli uomini venivano sterilizzati e le donne costrette ad abortire, sebbene la lebbra non avesse carattere di ereditarietà. Cambiavano nome, in modo che i congiunti non fossero marchiati dall’onta di un familiare infetto. Dimenticati, sepolti vivi.
Sebbene negli anni Sessanta la medicina trovò una cura efficiente per la malattia, essa non sanò il morbo dell’emarginazione sociale, tanto che la reclusione di persone ormai guarite da molti anni si protrasse fino al 1994. Nel 2001 la politica di segregazione giapponese è stata giudicata anticostituzionale.

Nell’ossario di Nagashina sono sepolte 3600 persone, le cui spoglie non sono mai state reclamate.
Nel sanatorio di Nagashina vivono ancora 204 ultraottantenni perfettamente ristabiliti, “ospiti” di questo centro da più di sessanta anni, liberi di uscire ma senza altra sponda su cui approdare.
Consiglio la lettura del reportage di The Guardian risalente al 2016, prima affrontare di questo romanzo.

A Durian Sukegawa NON va il premio per avere ideato il miglior prontuario di Pinkpasticceria, ma siamogli grati di avere visitato luoghi di dolore, di avere raccolto testimonianze, di avere sofferto. Di avere sollevato e denunciato l’argomento con questo delicato, leggero e commovente romanzo, che si appoggia sì su una storia di amicizia e di ricette, ma che vuole arrivare oltre.
Scrittura lieve dal passo scorrevole ma non priva di intensità e poetica, ho seguito i petali di ciliegio volare liberi, sotto lo stesso cielo di una nonnina intenta ad ascoltare la voce dei suoi fagioli, finchè non sorgerà la luna.

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