Sabato Sabato

Sabato

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Il 15 febbraio 2003, un sabato, Henry Perowne si sveglia nel cuore della notte in preda a un'inspiegabile euforia. Si avvicina alla finestra e osserva per qualche istante lo spettacolo della piazza su cui si affaccia casa sua. Improvvisamente si rende conto che il cielo notturno è attraversato da una scia di fuoco. Aereo in fiamme, terrorismo, fantasmi dell'Undici Settembre: è questo forse l'attacco su Londra che tutti aspettano, specialmente ora che il governo Blair appoggia l'invasione americana dell'Iraq?



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Sabato 2019-05-06 08:04:00 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    06 Mag, 2019
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SATURDAY, BLOODY SATURDAY

Una delle controversie più interessanti della filosofia politica è quella tra liberali e liberisti. I primi sostengono che ogni individuo dovrebbe affrontare la vita disponendo di una quota uguale di risorse (cosa che costituirebbe un attacco esplicito alle radicate divisioni di classe, razza e sesso della nostra società); in particolare, nella teoria di Rawls le persone dotate di talenti naturali potrebbero beneficiarne solo se questi arrecano un beneficio anche agli svantaggiati, mentre secondo Dworkin le persone dotate dovrebbero elargire agli svantaggiati una sorta di premio assicurativo (sotto forma ad esempio di una tassazione redistributiva). Secondo i liberisti invece gli individui naturalmente svantaggiati non possono avanzare nessuna pretesa legittima sui talenti dei più dotati, e da ciò deriva un netto rifiuto di qualsiasi intervento coercitivo negli scambi del libero mercato. Nozick, in particolare, sostiene che gli uomini hanno il diritto, inviolabile da parte dello Stato, di disporre liberamente dei propri beni, in virtù di un titolo valido di proprietà che permetta di trasferire liberamente ciò che legittimamente si possiede. Ma, replicano i liberali, se la validità dei diritti di proprietà di ciascuno dipende dalla validità dei diritti di proprietà precedenti, allora per determinare la validità del titolo di proprietà attuale occorrerebbe risalire la catena dei trasferimenti fino all’inizio. Ma qual è l’inizio? L’inizio della serie dei trasferimenti coincide evidentemente con la prima appropriazione del bene da parte di un individuo che ne ha fatto la propria proprietà privata, e la storia insegna (si pensi alla spoliazione delle terre abitate dagli Indiani d’America) che l’acquisizione iniziale è spesso viziata dall’uso della forza e dell’inganno.
Cosa c’entra la filosofia politica con “Sabato” di Ian McEwan? C’entra, eccome, se si pensa che lo stato d’animo più frequente in Henry Perowne, il protagonista del romanzo, è una sottile, impalpabile eppur profonda inquietudine mescolata ad un altrettanto subliminale senso di colpa. La paura di veder crollare il proprio universo di agi e di raffinatezze va di pari passo con un sentimento di colpevolezza nei confronti di tutti coloro che da tale benessere sono forzatamente tenuti fuori. E siccome il confronto non è solo tra il suo personale stile di vita e quello di altri individui a lui vicini, ma tra il sistema capitalistico occidentale e lo stato di indigenza in cui versa il resto del mondo, il discorso si amplia fino ad assurgere a una connotazione planetaria. Del resto, è frequente in McEwan la commistione tra privato e sociale, tra individuale e generale, tra storia e Storia (si pensi alla Seconda Guerra Mondiale che fa da sfondo alla tragedia dei protagonisti di “Espiazione”). Qui è la situazione generatasi dopo l’attentato alle Torri Gemelle a fare da cornice storica agli eventi narrati, e la manifestazione pacifista di Hyde Park, i notiziari che scandiscono metronomicamente la giornata, e perfino un incidente aereo senza conseguenze cui Perowne assiste casualmente dalla finestra della sua camera da letto, riportano ogni istante alla mente del protagonista – un affermato neurochirurgo – la ontologica fragilità del proprio mondo (non è un caso che nella sua mente scaturisca il parallelismo con il declinante Impero Romano minacciato dai barbari) e, quel che è peggio, i dubbi – inconsci, certo, ma non per questo meno tormentosi – sulla legittimità del privilegiato stile di vita che conduce con la propria famiglia (moglie professionista, figlia poetessa, figlio musicista, villa a tre piani nel centro di Londra, automobile di grossa cilindrata), quasi un emblema dell’”homo economicus” di successo del terzo millennio. E siccome, kafkianamente, l’uomo è colpevole per definizione, è quasi naturale e scontata la nemesi che il destino gli riserva. Quella minaccia terroristica che pende come una spada di Damocle sulle città americane ed europee dopo quello sciagurato 11 settembre 2001 e che incrina quotidianamente, come un tumore latente, l’ostentato ottimismo di pochi milioni di persone assediate, invidiate e odiate dai miliardi di diseredati del resto del pianeta, si materializza nella vita di Perowne nella figura di Baxter, un giovane teppista da strada, affetto da una malattia degenerativa incurabile, il quale, dopo un banale incidente automobilistico, lo pedina per poi fare irruzione nella sua abitazione e terrorizzare l’intera famiglia riunita per la cena del sabato sera armato di un coltello e di una pericolosa, psicopatica ansia di vendetta. Volendo seguire la logica del simbolismo esposto in precedenza, l’aggressione subita da Perowne potrebbe rappresentare in scala gli attentati suicidi organizzati da Al Qaeda, e la ribellione di Henry e del figlio Theo che disarmano il malvivente facendolo cadere dalle scale la reazione militare dell’America di Bush. Con una differenza, però, una importante differenza che è soprattutto un messaggio di pace e di speranza. Perowne, chiamato d’urgenza in ospedale per operare proprio Baxter, il quale ha una brutta frattura alla scatola cranica, rinuncia alla sua serata di riposo e si prodiga per salvare la vita al suo aggressore, scoprendo di non provare per lui né odio né desiderio di vendetta, bensì una pietà che, lungi dall’aver connotazioni religiose (Henry è un convinto materialista), è la risposta radicale, ricca di umiltà e di pratico buon senso, per riequilibrare una intollerabile situazione di ingiustizia sociale. Non è quindi la logica dell’occhio per occhio dente per dente, bensì la comprensione e l’aiuto fattivo e solidale a chi è più sfortunato di noi, il messaggio non propriamente conformista lanciato da McEwan in questo confuso e turbolento inizio di millennio.
Con questo rassicurante happy end si concludono le densissime ventiquattro ore di Henry Perowne. Sorge quasi spontaneo il paragone con un’altra memorabile giornata letteraria, quella della Mrs. Dalloway di Virginia Woolf, la scrittrice che ritengo sia il grande nume tutelare di McEwan. Già in “Espiazione” c’era infatti un riferimento tutt’altro che casuale allo stream of consciousness de “Le onde”, al cui stile la Briony diciottenne si ispirava nei suoi racconti. In “Sabato” Perowne e Baxter richiamano invece alla mente la coppia, destinata nel romanzo della Woolf solo a sfiorarsi, della signora Dalloway e di Septimus (del cui suicidio Clarissa si sentiva oscuramente responsabile, e che ella sublima proprio grazie a una profonda compassione). Mi spiace di avere in questa recensione privilegiato troppo il versante simbolico e psicanalitico della storia, in quanto “Sabato”, pur con qualche artificiosità di troppo nella trama, è un romanzo ricchissimo di tematiche, alcune, come quella della morte, soltanto sfiorate, eppure decisive per la sua riuscita. Una cosa vorrei però sottolineare prima di concludere, ed è una virtù che McEwan possiede e che è invece raro riscontrare negli scrittori di oggi: la capacità di affrontare tutti gli argomenti di cui parla, anche quelli estremamente specialistici e complessi, con una grandissima competenza e professionalità, dalle quali si intuisce uno scrupoloso e indefesso sforzo di documentazione che gli permette di trattare della ritirata di Dunquerque, di una operazione al cervello oppure dell’esecuzione di un pezzo blues proprio come lo farebbero uno storico, un neurochirurgo o un musicofilo.

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Sabato 2017-03-22 19:03:25 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    22 Marzo, 2017
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Un giorno di ordinaria follia

Nella routine della vita d’un uomo il sabato è il giorno consacrato all’interruzione della routine stessa, è la pausa nello stress settimanale destinata a diventare, paradossalmente, una routine altrettanto rigorosa, fatta di svago, di doveri familiari e sociali puntualmente assolti.
In piedi, davanti alla finestra, già sveglio all’alba, il neurochirurgo Henry Perowne si accinge ad affrontare il suo sabato ricco di impegni, uguale a quello precedente e probabilmente uguale a quello successivo. Il suo sguardo indugia su ciò che vede all'esterno, prima rapida e simbolica premonizione di ciò che sta per accadere. Interno e esterno, tranquillità e caos costituiscono, sin dalle prime pagine, una significativa contrapposizione. Ed è il bagliore improvviso di un aereo in fiamme che illumina il cielo appena rischiarato dall’aurora che colpisce Henry e lo riporta bruscamente alla tragedia delle torri gemelle che ha segnato e cambiato la storia del mondo. È la storia che si impone con prepotenza, è il mondo esterno che invade il privato e non si può ignorare. E d’altra parte è proprio in questo sabato, in cui la figlia Daisy torna dopo una lunga assenza e il figlio Theo ha delle importanti prove per il suo concerto, che Londra è percorsa da una moltitudine di manifestanti contro la guerra in Iraq.
Come sempre nei romanzi di McEwan, la realtà si alterna e integra la finzione dando luogo a una serie di interessanti valutazioni sulle scelte politiche dei vari paesi. Qui, dunque, il protagonista si interroga sull’opportunità di abbattere un regime feroce quale quello di Saddam soprattutto in considerazione delle conseguenze che tale decisione avrebbe determinato. Il dibattito si fa aspro quando vede schierati interventisti e non-interventisti. È sempre il mondo esterno con la sua aggressività che spesso degenera in violenza che invade il pacifico mondo di Henry, quando una banale lite seguita a un altrettanto banale incidente stradale rischia di trasformarsi in tragedia. È la città stessa, con il suo caos dilagante che si contrappone ai ritmi tranquilli della vita familiare di Henry. Tutto sembra doversi concludere in una giornata di orrore e follia nel momento in cui lo squilibrato Baxter irrompe nell’abitazione dei Perowne e si rivela una minaccia reale. Ancora una volta è alla poesia che McEwan affida il compito di ricomporre il caos: sarà infatti la poesia recitata da Daisy a commuovere il balordo Baxter e ad abbassarne le difese.
Nulla sarà comunque più come prima alla fine di questa giornata drammatica, così come ogni cosa sarà diversa al termine della giornata di Leopold Bloom nell’Ulisse di Joyce. Bastano ventiquattro ore per cambiare una vita, per arricchirla di nuove seppur dolorose esperienze, o per privarla di quegli affetti e di quelle certezze faticosamente raggiunte.
Un romanzo che affronta temi importanti che non investono solo la politica, ma anche il sociale. McEwan si dilunga in considerazioni sulla vecchiaia, sulle malattie che affliggono spesso gli ultimi anni di vita degli anziani, con amare osservazioni sulla fugacità della vita.
La conclusione tuttavia lascia uno spiraglio di speranza, perché “alla fine, in caduta, lieve: questo giorno è passato”.

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Sabato 2016-08-05 20:19:38 68
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68 Opinione inserita da 68    05 Agosto, 2016
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Presente e futuro apocalittico e riscoperta di un

È l' alba di un nuovo giorno e Londra si appresta a vivere un sabato particolare, in uno scenario apocalittico con il terrore costante di possibili attacchi terroristici e di un intervento armato in Iraq, divisa tra pacifisti e guerrafondai, giovani manifestanti e conservatori attempati, in un momento storico segnato e stravolto da una neo-percezione del reale e da una quotidianità ormai popolata da incubi ricorrenti.
La citta'( siamo nel 2003 ) e' una megalopoli della contemporaneità', insonne, grigia, glaciale, percorsa da una rumorosa silenziosita', attraversata e percossa da un enorme serpente umano, mentre sirene in lontananza si sovrappongono a rumori molesti ed improvvise scie luminose squarciano il cielo.
Henry Perowne è un neurochirurgo di fama, uomo di scienza, logica, razionalità, avvezzo a salvare vite, a ridare speranza, scansando per principio ogni possibile sogno o artistica divagazione.
Vive di una ricchezza ordinaria, costruita su rigide consuetudini, di rituali borghesi, di un lavoro che richiede ordine, disciplina, self-control, il rispetto di codici e protocolli..
Affacciato ad una finestra all' interno del proprio lussuoso appartamento, osserva l' esterno ed i suoi accadimenti, o presunti tali, scruta se stesso, e le proprie percezioni, chiedendosi quale sia il confine tra lecito ed illecito, reale ed immaginario, etica e deontologia, affetti più' cari e vita vissuta, pericoli incombenti o semplice paura di perdere certezze consolidate.
È in questa realtà ovattata ed ammantata di sacralità ed immobilismo che si appresta a vivere 24 ore di ordinaria follia in un viaggio senza ritorno, che ridefinira' il senso di una vita, pubblica e privata, ed il suo rapporto con gli altri ed il mondo.
Ma gli altri obiettivamente chi sono? Per lo più persone lontane dal suo modus vivendi, con lavori, inclinazioni, cultura differenti, sconosciuti che d' improvviso, per caso, incrociano ed attraversano la sua quotidianità' entrandone ed uscendone a proprio piacimento, uomini soli, abbandonati, disperati, affetti da patologie incurabili, o solo schegge impazzite e fuori controllo.
E poi ci sono i suoi famigliari, una moglie che ama e con la quale da sempre, oberato di lavoro, vive solo i ritagli di tempo, un suocero che fa i conti con la propria genialita' di poeta maledetto, una madre affetta da demenza che stenta persino a riconoscerlo, ed i suoi due figli, che hanno imboccato strade diverse, con velleità' artistiche, la musica e la scrittura, sognatori, ma anche con idee ben radicate di moralità' e civilismo, poco affascinati da lui, dal suo rigido e bieco conservatorismo e da una ricchezza espressione di mera apparenza.
E che dire della realtà' socio-politica nazionale ed internazionale, che fagocita ogni sogno e speranza, tra minacce terroristiche e oscure manovre politiche?
È da qui che nasce e si sviluppa uno psico-thriller che rimescola continuamente le carte in tavola, intrecciando situazioni e ruoli in una suspance protratta, in una attesa che insegue gli accadimenti e da essi e' travolta, azzerata, ridefinita.
Si entra in un tunnel dell' esistenza, come un trapano all' interno di un cervello malato, per cercare di scovare, e rimuovere, quel male invisibile, silente, ivi insediatosi lentamente, e che sta minacciando la nostra vita.
È' una lotta contro il tempo, spettatori di un reale che non ci appartiene totalmente, e basta poco per ribaltare e contraddire sensazioni ed accadimenti.
C' e' una immagine precisa, spietata, terrorizzante, della durata di pochi secondi, che riaccende una coscienza sopita, risvegliandoci da un sonno protratto, quando tutto sembra perduto e poi, quasi per caso, miracolosamente ritrovato.
Allora la vita riemerge, non nel proprio immutato mostrarsi, ma nel suo significato primario e nella nostra percezione di priorità'.
Ci riaffacceremo a quella finestra, 24 ore dopo, tra i fumi di una città' smantellata e provata dagli ultimi accadimenti, consapevoli che lo scorrere del tempo segue una logica solo in parte dettata da noi e che spesso si combattono battaglie che non hanno ragione di essere e che contengono i prodromi della sconfitta.
Siamo impauriti, confusi, esausti, non serbiamo rancore, ne' desiderio di vendetta. La vita scorrerà' nel mare di gioie e dolori, e la nostra inquietudine si placherà' con gli anni e la maturità'.
Londra rimarrà una città indifendibile, in attesa, aihme', della sua bomba, ( ed il futuro dirà' cio') nuovi attacchi saranno inevitabili, perche' i tempi sono terribili, ma queste sono solo ipotesi.
Alla fine della giornata, sfiniti, non resta che aggrapparci alle poche certezze rimaste ed a quello che abbiamo di più caro. " Ci accomodiamo intorno a lei, al suo pigiama di seta, al profumo, al calore, a quel suo corpo adorato, facendoci più' vicini. Nel buio le baciamo la nuca. C'è' sempre questo, ecco un pensiero tra i pochi rimasti. Poi sarà' : c'è' solo questo. E alla fine, in caduta, lieve: questo giorno e' passato."
Un affresco crudo dell' oggi intriso di sensibilita' intellettiva, una moltitudine di idee, ipotesi, dissertazioni tra politica, sociologia, medicina, psicologia, in una narrazione corposa e poliedrica che sconfina nella prolissita' ma che sa anche esprimere egregiamente, con un certo pessimismo di fondo, l' incubo di un mondo impaurito e con certezze negate.

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Sabato 2015-08-16 12:00:46 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    16 Agosto, 2015
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IL FASCINO DEL CERVELLO

Thriller particolarissimo, consigliatomi da una persona per me molto cara. Ricco di particolari dettagliatissimi. Uno stile che si distingue per la lentezza ed il distacco del racconto, un modo di scrivere che dà come il senso dell’estraneità, ma che ti coinvolge e ti abbraccia sempre di più di mano in mano che leggi. La quasi assenza di dialoghi, che contribuisce a farti diventare quasi tutt’uno con il narratore. La sua notte insonne, il pestaggio rischiato, la partita a squash, tutte correnti inarrestabili che, con perfetta sintonia, modificano i vari destini. Influenze vicine e remote e la consapevolezza di quanto le conseguenze di un certo atto possano sfuggire al nostro controllo e generare altri eventi. Una giornata. Una sola giornata raccontata. E tanto mondo narrato dentro questa giornata. Con sullo sfondo il fascino innegabile del mestiere del neurochirurgo, il mare vasto e profondo della sofferenza nervosa, le luci e le ombre della vita. E la scelta, piccola o grande che sia…sempre grande protagonista…

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Sabato 2014-08-29 18:52:48 Alipro
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Alipro Opinione inserita da Alipro    29 Agosto, 2014
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Mamma mia .... che libro!

Mamma mia ... che libro difficile e che libro complicato da commentare! Un libro che comunque non puo' lasciare indifferenti, nel bene e nel male.

Nel bene, perche McEwan scrive in maniera magistrale, perchè il legame con la vita e con il mondo reale è perfetto, perchè alcune frasi singole e la descrizione di alcuni eventi (la partita di squash al primo posto...) sono memorabili.

Nel male perchè a volte la lettura diventa faticosa, quando il livello di introspezione si alza, o quanda i dettagli di un intervento chirurgico o di una disquisizione letteraria portano via qualche pagina di troppo.

La senzazione è quella di trovarsi di fronte a un libro unico nel suo genere, a un libro che sicuramente non si dimentica ... un libro che ha bisogno dei suoi tempi per essere letto... forse solo un po' troppo complesso in alcune parti. Almeno per me .... che ora, per "disintossicarmi", ho bisogno di leggere al piu' presto una rilassante inchiesta del Commissario Maigret.

E, comunque, a mio avviso Mc Ewan resta uno dei più grandi scrittori contemporanei .... I suoi libri non riescono mai ad essere banali. E non si dimenticano.

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Sabato 2012-03-29 21:12:29 mariaangela
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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    29 Marzo, 2012
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essenzialmente perfetto

Ma che bello. che bello quando leggi libri come questo di ian mcewan, semplicemente perfetto. Cosa dire della narrazione di questa "qualunque" giornata non lavorativa del neurochirurgo Henry Perowne: è talmente ovvia nella sua semplicità di avvenimenti e di racconto che ti immedesimi tanto da sentirti tu stesso il protagonista. E la partita a squash con il collega...beh, rimbalzi con lui su quel muro ogni palla. Ma tutto. Tutto il romanzo è talmente ben scritto, talmente elegante, talmente...come sempre vorresti poter leggere che, quando arrivi all'ultima pagina sei un pò triste perchè sai che la perfezione è rarità, ma ringrazi di averlo avuto tra le mani e lo stringi forte a te perchè ti resti impresso.

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