Narrativa straniera Romanzi Tocca l'acqua, tocca il vento
 

Tocca l'acqua, tocca il vento Tocca l'acqua, tocca il vento

Tocca l'acqua, tocca il vento

Letteratura straniera

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Nel 1939, mentre i tedeschi avanzano in Polonia, Elisha Pomerantz, piccolo orologiaio ebreo con la passione della matematica e della musica, scappa nella foresta, lasciandosi dietro la bella e intelligente moglie Stefa. Stefa non si rende conto del pericolo, ma quando la situazione precipita, si chiude in casa, poi viene travolta anche lei dalla tempesta della guerra. Elisha, dopo aver errato per i boschi europei, arriva prima in Grecia e poi in Israele, dove trova rifugio in un piccolo kibbutz, e silenziosamente si rimette a riparare gli orologi, a cercare la musica nella matematica e la matematica nella musica. Stefa, invece, deportata in Unione Sovietica, è costretta a diventare una spia staliniana. E sognano di rivedersi. Tocca l’acqua, tocca il vento è un romanzo insolito per Amos Oz. Venato di realismo magico, ricco di simboli e di speculazioni filosofiche, a tratti misterioso, con momenti di grande dolcezza, racconta la fuga degli ebrei dallo sterminio europeo. Il commovente ritratto di una coppia costretta a separarsi durante la Seconda guerra mondiale e la loro lotta per riunirsi dopo il disastro.



Recensione della Redazione QLibri

 
Tocca l'acqua, tocca il vento 2017-04-21 07:03:08 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    21 Aprile, 2017
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"Tutto come dentro un sogno"

Recentemente è stato pubblicato in Italia "Tocca l'acqua, tocca il vento" di Amos Oz, grandissimo scrittore israeliano.
Si tratta di un'opera dei primi anni '70, agl'inizi carriera dell'allora giovane autore. Il grande ritardo della nostrana operazione editoriale non mi stupisce affatto in quanto siamo di fronte a un testo minore che solo parzialmente soddisfa le aspettative di chi ama gli scritti di Oz. In queste quasi duecento pagine succede poco; si filosofeggia "sul rapporto fra male politico e male metafisico" e su altre questioni più o meno filosofiche, senza però scendere in profondità inesplorate, benché qua e là si possa raccogliere qualche perla di saggezza, come "Il vero pericolo è sempre interiore" , capace di farci riflettere.
Aleggia un'atmosfera fiabesca, tanto che si può appunto parlare di 'realismo fiabesco', definizione basata su un paradosso linguistico (in campo artistico, le frontiere giungono persino al 'realismo isterico' di certa letteratura americana).
Questa scelta però non mi pare del tutto riuscita perché sembra annacquare una vicenda che inizia in un momento fra i più tragici del '900 , non l'invasione tedesca della Polonia, e si dipana fin oltre il dopoguerra, con digressioni fantasiose che smorzano la scorrevolezza della lettura. Diciamo che è riuscito meglio R. Benigni nel cinema con "La vita è bella".

Un orologiaio ebreo appassionato di matematica e di musica fugge dalle atrocità della Storia, lasciandosi dietro la moglie. Lui scappa fra boschi e foreste fino a raggiungere le agognate terre d'Israele (un po' com'è realmente successo al grande scrittore Aharon Appelfeld). Lei parallelamente vive altre peripezie. Non raccontiamo altro, meno che mai il finale.

Il vero pregio del libro è la scrittura, melodiosa ed evocativa, che già preannuncia la bellezza dello stile del miglior Oz, la sua capacità di cogliere poeticamente la realtà e di spalancare porte tramite l'intuizione di immagini colte nelle loro autenticità nel descrivere qui "la potenza della musica o la quiete dei boschi", nell'aggiungere "silenzio al silenzio". "Tutto come in punta di dita. Tutto come dentro un sogno".

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letteratura israeliana
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Tocca l'acqua, tocca il vento 2020-03-23 08:14:37 Elspa_2973
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Elspa_2973 Opinione inserita da Elspa_2973    23 Marzo, 2020
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Il poeta Amos Oz

Lo stile narrativo è già presente in questo libro: uno scrivere denso eppure non complesso.
La storia sembra un acquerello: sgranato, colori pastello, sfocato come in un sogno, poetico. Non si cerchi razionalità nel progredire della storia che pur non scollata dalla realtà sembra che non voglia essere radicata.
È storia che si libra sulla realtà, la guarda da lontano, la epura da contorni netti e la sublima quasi.
Libro impegnativo, per me è stata una lunga e unica poesia

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Amos Oz
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Tocca l'acqua, tocca il vento 2017-04-22 17:21:37 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    22 Aprile, 2017
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Il pretesto della Terra Promessa in Amos Oz

Un grande libro quello appena edito da Feltrinelli da Amos Oz, Tocca l'acqua, tocca il vento, tradotto da Elena Loewenthal. La storia parte dalla Polonia, città di M, dove vivono Elisha Pomeranz, professore al liceo, orologiaio, appassionato di musica e di matematica, brutto, "tozzo con due occhi minuscoli", e Stefa, insegnante di filosofia, bella, fascinosa, che scambia lettere con Martin Heidegger e lavora con l'anziano filosofo Zajczich. Quando nel 1939 i nazisti invadono la Polonia, Pomeranz si rifugia nella foresta, vivendo in una catapecchia come un eremita, in attesa che il pericolo della deportazione abbia termine. Ma ad un certo punto raggiunge la Palestina, e trova rifugio in un Kibbutz, dove alterna la vita da umile pastore con quella di illustre matematico, divenendo ben presto un illustre all'interno del villaggio. Presto la sua fama varca i confini giungendo fino in Europa, e soprattutto arriva fino alla Russia bolscevica. Quella Russia, dove nel frattempo è stata trascinata dai vincitori dell'Armata Rossa, la bella Stefa. Lei diviene un personaggio di spicco dello spionaggio sovietico, finendo per conquistarsi persino l'ammirazione sconfinata di Stalin. Dopo un lungo tempo viene inviata proprio nel kibbutz dove vive Elisha, e lì avviene il ricongiungimento dei due coniugi nella Terra Promessa, ovvero nello Stato ebraico nato dalle ceneri della Shoah europea. Anche se questo in Amos Oz è il pretesto per dire molto di più: "Concentrare l'attenzione sul qui e ora: Tiberiade, estate, terra d'Israele, anno cinquantuno. (...) Alla luce del sole vivono a Tiberiade un sacco di ebrei, allo scoperto, senza necessità di scampo, come se tutto fosse finito una volta per tutte."
Un romanzo vasto pur nella sua brevità. C'è di tutto: filosofia, matematica, storia, natura, violenza, amore, spionaggio, solitudine, tradimento, fuga, poesia, guerra: sono pagine in cui si alterna la narrativa con altre di taglio più saggistico, soprattutto quando parla di Heidegger o di infinito matematico. C'è una visione ampia degli anni, per esempio, della costruzione dello stato di Israele fino alla Guerra dei sei Giorni. Il tutto narrato con una prosa straordinaria. Un grande affresco, un piccolo capolavoro di introspezione psicologica, di grande ed universale umanità. Elevata letteratura, per una voce autorevole.

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Consigliato a chi ha letto Amos Oz, Altrove forse oppure Una storia di amore e di tenebra.
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Tocca l'acqua, tocca il vento 2017-04-07 17:08:47 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    07 Aprile, 2017
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L’illusorio ideale d’una terra promessa

Pubblicato per la prima volta nel 1973 e edito solo ora in Italia da Feltrinelli, “Tocca l’acqua, tocca il vento” è un romanzo-non romanzo, un’opera in cui l’autore, Amos Oz, si serve dei personaggi per esprimere il suo pensiero filosofico sulla natura dell’essere, in un linguaggio spesso immaginifico, che sembra talvolta procedere a singhiozzo, con frasi brevissime e un uso frequente di punti fermi, raccogliendo così l’eredità di Marquez e di Joyce al tempo stesso.
Ciò che rende assai originale questo libro non è, tuttavia, solo lo stile così particolare, ma è la stessa figura dell’ebreo in fuga dalle persecuzioni in atto nell’Europa degli anni quaranta, che si allontana da ogni stereotipo a cui la letteratura ci ha abituato. Pomeranz, il piccolo orologiaio polacco con la passione per la musica e la matematica, abbandona la moglie e il suo paese, in cerca di un mondo migliore, in cerca di quel mondo ideale che egli identifica con Israele, con la terra promessa. La sua scelta lo allontana da Stefa, la bella moglie che subirà le prevaricazioni e le violenze degli oppressori russi, che la costringeranno a collaborare con loro. Non c'è tuttavia ombra di pietismo in questa narrazione. Ciò non significa che nel trattare vicende e personaggi ci sia un freddo distacco, quanto piuttosto una esplicita volontà di metterne in risalto la dignità.
In questo fiducioso e illusorio viaggio verso una terra che possa restituirgli la pace, Pomeranz, che ama definirsi figlio di vergine, con un chiaro riferimento alla figura di Cristo, matura quelle idee filosofiche alle quali lo aveva iniziato la moglie Stefa, idee che ci riportano con tutta evidenza alle teorie ontologiche di Heidegger, suo maestro. E dunque i personaggi di questa vicenda hanno una opinione soggettiva del tempo: “ Anche gli oggetti materiali, a sondarli nel profondo, non sono che vaga sembianza. In breve: le idee non si potranno mai cogliere con i sensi né i corpi concreti afferrare con il pensiero. Ne consegue che nulla esiste.” Pomeranz percepisce il suo stesso corpo come un’energia passeggera.
E’ così dunque che Oz rappresenta la disgregazione dell’anima e del corpo dell’ebreo degli anni quaranta, così descrive la perdita di quella integrità spirituale e psicologica che ha reso più difficile la possibile realizzazione di un mondo poggiato su basi concrete. Ed è in questa prospettiva che si può interpretare anche il titolo di questa opera: Tocca l’acqua, tocca il vento, acqua e aria, due elementi essenziali alla vita, che rischiano in ogni istante di sfuggire se non trattenuti con saggezza e prudenza.

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