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La biblioteca dei morti
 
La biblioteca dei morti 2014-08-03 11:31:53 F.Angeli
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
F.Angeli Opinione inserita da F.Angeli    03 Agosto, 2014
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DELUSIONE

Non mi piace mai dare una recensione negativa a un libro. Anche quando la storia non mi è piaciuta, come nel caso dei libri "L'ombra del vento" e in parte anche "Il richiamo del cuculo", cerco di dare una valutazione il più oggettiva possibile, analizzando lo stile utilizzato dallo scrittore, l'originalità della storia,e i messaggi che trasmette, perché, ovviamente, un libro scritto oggettivamente bene può non piacere a me, ma piacere ad altri. Nel caso del romanzo d'esordio di Glenn Cooper non riesco in alcun modo a dare un giudizio positivo. Ci saranno delle anticipazioni nella mia recensione, per cercare di analizzare al meglio il libro.

La trama parla di un serial killer che invia cartoline alle sue vittime prima di ucciderle, e queste muoiono in modo inevitabile: ne morirà persino uno davanti agli occhi del detective Will Piper: la vittima infatti inciamperà e nella colluttazione perderà la vita. Il serial killer verrà soprannominato Doomsday, che tradotto significa Giorno del Giudizio. La storia effettivamente è all'inizio interessante e abbastanza fuori dal comune, e questo è uno dei pochi punti a favore del libro. Quello che non funziona nel libro è la caratterizzazione dei personaggi. Lo stile di Cooper è piatto, troppo superficiale e non riesce a delineare la psicologia dei protagonisti in modo buono, anzi mi è sembrato che i personaggi appartenessero a una commedia mal riuscita. Spiego i motivi facendo alcuni esempi.

1 I dialoghi sono molto spesso banali e ordinari, si trovano senza difficoltà scambi di battute del tipo:
"Ciao, come va?"
"Non c'è male. Che hai fatto ieri sera?"
che troppo frequentemente non si evolvono in discorsi interessanti. Cooper poteva anche evitare di scrivere questi dialoghi vuoti a mio parere, non ho visto alcuna utilità se non quella di allungare il brodo. Poi ovvio che anche dialoghi di questo tipo possono caratterizzare i personaggi se usati nel giusto modo, ma non è il caso di Cooper. (Ad esempio in un romanzo di Murakami, 1Q84, un personaggio di nome Fukaeri usa spesso frasi secche e brevi e inespressive, ma vengono riportate nel giusto modo mettendo in evidenza una personalità laconica e chiusa)

2 Che si tratti di sgomento, rabbia, disperazione, rimpianto, impotenza e via dicendo l'autore fa emergere queste emozioni nei personaggi usando tre tecniche principali.

1 Gli fa dire parolacce o imprecare.
2 Li fa piangere.
3 Mette i punti esclamativi a fine di ogni loro frase.

E non mi sembra nemmeno funzionino queste tre tecniche.
Succede spesso che con tutti quei punti esclamativi frasi che dovrebbero essere d'effetto, che dovrebbero creare tensione, perdono valore, diventano enfatiche e risultano innaturali. Associati poi alle parolacce la cosa peggiora ancora di più.
Certo a volte i personaggi diventano interessanti quando Cooper parla del loro passato e delle loro abitudini, ma niente di più. Purtroppo se i personaggi non sono ben caratterizzati a mio parere il romanzo perde parecchio valore, specie se è un thriller, parola che deriva da to thrill (rabbrividire), e inquietarsi non è una cosa che succede se non si riesce ad entrare in empatia con i personaggi.
Poi ho riscontrato altre imprecisioni, molto meno importanti di quello che ho considerato prima ma che riporto lo stesso. Una è uno strano uso degli avverbi e dei complementi di modo, che molto spesso mi sono sembrati superflui e pesanti. Ad esempio ricordo una frase:

"Sbatté con violenza il corpicino a terra."

Sbattere indica già di suo un'azione violenta, non è necessario usare l'avverbio in questo caso.
Poi non ho nemmeno apprezzato le similitudini che usa Cooper, quando ad esempio paragona un ingorgo stradale a una trombosi.
Ultimo punto: la trama, per come viene presentato l'intreccio, risulta assai prevedibile, e inoltre mi ha in un certo modo ricordato una storia di cui ho già sentito parlare. Non si tratta di un libro però, ma di Death Note, un manga in cui il protagonista scopre di potere uccidere chiunque e scegliere il momento del decesso. Sinceramente l'ho preferito dieci volte di più, e anzi forse è meglio vedere la serie animata (molto più seria e intelligente di quanto ci si possa aspettare, ha sorpreso e appassionato persino me che non guardo mai la televisione, un thriller veramente ben congegnato) che leggere "La biblioteca dei morti". Penso sia meglio rivolgere lo sguardo altrove, ci sono autori molto più competenti di Cooper, anche se riconosco che se lo stile di scrittura cambiasse la qualità del libro aumenterebbe parecchio.

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