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Il giardino delle farfalle
 
Il giardino delle farfalle 2018-04-17 07:49:55 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    17 Aprile, 2018
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Il giardino infernale delle farfalle

L’agente speciale in capo Victor Hanoverian è nella sala interrogatori dell’FBI. Dall'altro lato del tavolo c’è una ragazza, bella, anzi bellissima, se non fosse per le bende che le ricoprono ampie parti del corpo, ferite ed ustionate. Non dovrebbe neppure essere lì. Dovrebbe essere all'ospedale a farsi curare, come le altre, come quelle che sono sopravvissute. Ma ci sono troppe cose che debbono essere rapidamente chiarite prima che sia possibile darle un po’ di tregua. Così Victor ed il collega Eddington cominciano ad ascoltare da lei l’allucinante storia del Giardino e delle sue Farfalle.
Il Giardino è una splendida serra, piena di fiori dai mille colori, meravigliosi, perennemente rinnovati, e di prati, alberi, con una cascata artificiale, un laghetto, una grotta. Insomma è una specie di eden fittizio come fittizia è la serenità che dovrebbe allignarvi e rallegrare le sue farfalle. Le Farfalle, infatti, non sono i variopinti lepidotteri che tutti conosciamo o, almeno, non sono solo loro. Sono soprattutto ragazze, bellissime ragazze che il facoltoso proprietario della serra ha sequestrato per rifornire la sua collezione. Appena rapita, ognuna di loro è stata sottoposta ad una lunga, dolorosa serie di sedute durante le quali l’uomo, chiamato “il Giardiniere”, ha tatuato sulla schiena enormi ali di farfalla, con vivida precisione e maestria. Dopo di che è stata accolta in quella perversa caricatura di harem per soddisfare i suoi deviati appetiti sessuali, ma anche per consentirgli di dar sfogo ad un distorto desiderio d’amare. Così, in quel carcere con le pareti di vetro, si trovano a convivere forzatamente numerose ragazze a cui è stato strappato il passato, cambiato il nome, che hanno subito l’onta del marchio sulla pelle ed alle quali è stata imposta, ad uso e consumo del solo Giardiniere, una vita artificiale. A termine.
Infatti, è noto, le farfalle, come tutte le cose splendide, hanno vita breve. Anche le Farfalle del Giardino hanno una data di scadenza, come gli alimenti conservati: il compimento del ventunesimo anno di età segna quel confine. Superata quella data fatidica, se già prima non hanno fatto irritare il Giardiniere per qualche loro intemperanza, dovranno entrare a far parte dell’altra collezione, quella degli esemplari inanimati, sapientemente conservati con arte e scientifica precisione sotto vetro e resina.
Oltre al Giardiniere solo altre due persone hanno accesso al Giardino. Inizialmente c’è il figlio maggiore Avery, il quale, però, vuole unicamente sfogare sulle Farfalle il suo mostruoso sadismo: si diverte suscitando in loro paura ed arrecando dolore al punto che alcune di esse saranno da lui così barbaramente “rovinate” da non poter essere più idonee neppure ad essere conservate nella collezione “sotto vetro”. Arriverà, poi, anche Desmond, il figlio minore, il quale è animato da una diversa sensibilità, ma è timoroso di affrontare il padre e di rovinare il nome e la dignità della loro importante famiglia. Potrà mai risiedere in lui l’unica speranza di salvezza per le povere ragazze-farfalla?
E’ raro incappare in un romanzo come “Il Giardino delle Farfalle”, nel quale l’orrore e la tensione sono somministrate, anzi, dosate al lettore in modo graduale e progressivo, sempre con ammirevole tatto e delicatezza, ma con un’efficacia devastante.
Tutta la storia è narrata in un flash-back contenuto nella deposizione di Maya, una delle Farfalle, la più rappresentativa di esse. La ragazza ha un doloroso passato in una famiglia anaffettiva e disinteressata a lei ed una breve parentesi di serenità tra alcune amiche, cameriere di un ristorante newyorkese. Descriverà, con una lucidità ed una chiarezza non consone alla sua giovane età, il lento, doloroso percorso all'interno di quel raccapricciante mondo perverso. Così si viene calati assieme a lei in una realtà allucinante che, gradatamente, con incredibile naturalezza, si arriva ad accettare come una mostruosità inevitabile, proprio come le Farfalle arrivano ad accettare di essere giocattoli nelle mani di un folle e di avere i giorni contati.
La narrazione, mai diretta e lineare, ma tortuosa come sono tortuosi i percorsi mentali di Maya, che ogni tanto deve fuggire dai ricordi più crudi per rifugiarsi in immagini consolatorie, compone con calcolata lentezza il mosaico che solo alla fine apparirà in tutta la sua brutale concretezza.
Scorrendo quelle pagine mi sono sentito come quei cormorani invischiati nelle macchie oleose riversate in mare dalle petroliere. Più cercavo di scrollarmi di dosso quell’orrido viscidume e più ne rimanevo invischiato, più cercavo di emergere per respirare aria salubre e più mi sentivo trascinato verso il basso, avvinto, ma anche affascinato dalla situazione. Perché la cosa più inquietante è che la narrazione riesce ad essere nel contempo orrifica e sensuale in un ossimoro non separabile.
L’abilità dell’Autrice, sta nell’avvolgere il lettore in questo clima surreale ed apocalittico senza mai eccedere nel linguaggio. Mai una volta ci si dilunga nella narrazione delle scene di stupro. Non c’è mai alcuna sadica, compiaciuta descrizione degli strumenti di tortura di Avery. Chi cerca una edizione cartacea del Gran Guignol resterà deluso. Lo stesso dolore delle ragazze viene filtrato con sapiente abilità.
A suscitare orrore sono sufficienti sempre e solo alcune brevissime, asettiche frasi. Tutto viene consegnato alla fantasia di chi legge. Ma proprio abbandonando il lettore alla schiavitù della sua immaginazione si incide ancor più profondamente ed indelebilmente nel suo animo, lasciandolo libero di pensare al peggio e di immaginare che di esso esista un ulteriore lato peggiore; in un crescendo psicologico intelligentemente crudele. Ad esempio, ogni volta che Maya subisce violenza, per conservare sanità mentale recita a memoria le poesie di Poe. Sul lettore, però, il solo imbattersi in pochi versi, abbandonati proditoriamente nel mezzo della prosa, produce l’effetto di una violenta frustata.
Ritengo che “Il Giardino delle Farfalle”, nel suo genere, sia un capolavoro difficilmente eguagliabile. Di solito sono piuttosto avaro nel attribuire i punteggi: questa volta, invece, quasi mi rammarico che non sia possibile attribuirgli almeno sei stelline, perché è perfetta e originale la trama; perché è perfetta ed intelligente la tecnica narrativa; perché è perfetto e coinvolgente il connubio dei vari elementi.
Nonostante ciò mi preme di avvertire che non è certamente un’opera per tutti. È terribile e crudele. Lavora spietatamente sulla psiche e sui sentimenti, tortura e strega: per sopportare la vicinanza al Giardiniere ed alle sue malefatte bisogna essere pronti a scendere all'Inferno, senza garanzia di poter ottenere pure il biglietto di ritorno, perché alcune delle immagini costruite nella nostra mente potrebbero rimanerci appiccicate addosso e continuare a perseguitarci per molto tempo.

Una postilla: so che dal romanzo dovrebbe essere ricavata, a breve, anche una pellicola cinematografica. Temo che sarà un’altra delle malefatte di Hollywood: fatico a comprendere come sia possibile tradurre un opera, che agisce in modo così profondo sulla fantasia personale, con immagini esplicite. Quei fotogrammi, per quanto sapientemente dosati, rischieranno comunque di rovinare l’atmosfera di doloroso mistero che l’A. ha saputo intessere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Sicuramente consigliabile a chi ama i thriller, con l'avvertenza di cui sopra: è un libro molto intelligente, ma terrifico, pur non indulgendo mai in descrizioni crude né tratteggiando a tinte forti le situazioni al limite dell'accettabile che narra, ma facendole solo intuire. In generale va detto che è scritto benissimo e tradotto con molto garbo.
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