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Il pensionato Maigret
Questo ventesimo romanzo della serie, secondo Simenon, sarebbe dovuto essere l’ultimo in quanto l’autore belga era intenzionato a proseguire la sua attività letteraria dedicandosi esclusivamente ai “romanzi duri” senza quindi dare ulteriore spazio al famoso commissario.
Ovviamente (e per nostra fortuna!) questo desiderio non ha poi avuto seguito. In ogni caso il Maigret di questo libro è un ex commissario andato in pensione ritiratosi con la moglie in campagna per godersi il meritato riposo, fino a quando il nipote entrato anche lui in polizia, si affida al famoso zio per essere tirato fuori da un guaio, essendo stato incastrato in una brutta storia di vendette trasversali tra componenti di una banda criminale.
Rispetto agli altri romanzi della serie, qui Maigret ha le armi spuntate non essendo più in attività. Recalcitrante nel dovere per forza tornare a Parigi (“Ma non era certo un Maigret pieno di entusiasmo. E neppure sicuro di sé. Per ben due volte si era girato a guardare la sua casetta che scompariva in lontananza”), una volta nella capitale dimostra comunque di non avere perso il suo buon fiuto. Sa esattamente come muoversi, che posti frequentare, facendo emergere il suo inimitabile talento nell’osservare le persone (“Il commissario studiava il suo interlocutore con la stessa passione che sempre metteva nella conoscenza di tutto ciò che era umano”).
Mirabile il confronto diretto con il capo banda, il mandante di più omicidi, nel quale pur non essendo in servizio dimostra di sapere mettere a frutto anni di interrogatori conducendo allo svelamento dei fatti. Come sempre Simenon delizia il lettore non solo con una storia altamente introspettiva ma anche con le atmosfere a cui ci ha abituati: locali notturni, ambigui pieni di un’umanità caratteristica.
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