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Insáccatelo e cinghiatelo da solo, grazie
Anche alle persone più solari e spensierate capita di riflettere sulla propria morte, magari fantasticando sulle reazioni di amici e parenti o sul destino dei loro beni, ma solo il caro Stephen poteva arrivare a scrivere un intero romanzo su queste elucubrazioni. Come parecchi suoi lavori, "La storia di Lisey" ha infatti dei chiarissimi contorni autoreferenziali, incentrando la narrazione proprio su una coppia formata da un talentuoso ed apprezzato autore originario del Maine e sua moglie. I protagonisti scrittori sono uno stilema della produzione kinghiana, ma ammetto che la mia curiosità verso questo romanzo in particolare è nata nel momento in cui lo stesso King lo ha definito il suo preferito.
Purtroppo mentirei se mi dicessi d'accordo, ed una delle ragioni si cela proprio nella storia raccontata. La prospettiva scelta è quella di Lisa "Lisey" Debusher Landon, da due anni vedova dell'amato marito Scott, venuto a mancare prematuramente. Nel tentativo di elaborare il proprio dolore, ma soprattutto per le pressioni esterne da parte di persone che sperano di scoprire opere postume del romanziere, Lisey inizia a riordinarne l'ufficio; e questo la porta a smuovere vecchi ricordi, ma anche a rievocare fantasmi passati tutt'altro che metaforici. Tra la preoccupazione per la salute della sorella Amanda "Manda" e la minaccia di un fan dai tratti anniewilkesiani, si procede in un viaggio non sempre lineare tra i momenti più intensi e difficili del matrimonio con un uomo decisamente complicato.
Questa mancanza di linearità è il problema al quale accennavo, e non solo nell'intreccio in sé: i primi capitoli sono caotici, la trama oscilla tra l'essere dispersiva ed il farti chiedere se ci sia davvero, e generi parecchio lontani tra loro (come horror e realismo magico) vengono mescolati senza la necessaria attenzione. Il risultato è una narrazione labirintica che confonde ed ostracizza il lettore, riuscendo comunque ad affascinarlo almeno in parte per la peculiare struttura del volume, parecchio simile ad una matrioska destrutturata. Un altro aspetto che potrebbe rendere la lettura intrigante ed al contempo sfidante è la presenza di un corposo linguaggio familiare, utilizzato soprattutto da Lisey e Scott; all'inizio sembra una trovata carina per creare subito un clima di affetto e complicità tra i due, ma dopo centinaia di pagine farcite di neologismi e battutine ridonanti, l'effetto ottenuto è un po' diverso.
Passando però ai punti di forza veri e propri, abbiamo delle svolte di trama per nulla banali, una rappresentazione alquanto interessante ed allegorica della salute mentale -specie nella delicatezza con cui viene trattato un tema così sensibile-, ed una protagonista non soltanto simpatetica ma capace di emanciparsi dall'ombra creata dalla fama di suo marito. Lisey parte con parecchie incertezze e poco carisma, ma con il procedere del romanzo acquista sempre più risolutezza e coraggio nell'affrontare minacce tangibili e turbamenti psicologici. In poche parole, la personaggia perfetta per una narrazione principalmente introspettiva e riflessiva.
Altro grande pregio è dato dal focus sulla storia della famiglia Landon (e prima Landreau) e sul pericolo rappresentato da "Zack McCool". La prima è davvero piacevole da scoprire un po' per volta, con un giusto bilanciamento tra scene devastanti ed attimi di calore; il secondo non sarà all'altezza delle emozioni suscitate in "Misery", ma regala comunque dei momenti terrificanti e brutali, oltre ad una soddisfacente risoluzione. Approvato anche il comparto personaggi: come succede (quasi) sempre, il caro Stephen riesce con semplicità a delineare dei caratteri credibili e chiari nelle loro motivazioni personali.
Ad avermi un filino delusa è stata invece la poca rilevanza data a Castle Rock come ambientazione principale delle vicende raccontate. In storie come "Il fotocane", "Cujo", e perfino "La zona morta" questa città forniva un contesto molto più rilevante ed immersivo; qui invece è un mero fondale, e le informazioni inedite raccolte sono ben poco impattanti: a chi importa se lo sceriffo non è disponibile perché in luna di miele? Anche il finale ha influito significativamente sulla mia valutazione complessiva, perché gli ultimi capitoli danno l'impressione di trascinare più del necessario la storia. In definitiva, non è stata una lettura del tutto trascurabile, ma credo che l'autore abbia trattato gli stessi temi e delle dinamiche molto simili in altri titoli, con risultati sicuramente migliori.





























