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Le tre morti di Aloysius Sagredi
 
Le tre morti di Aloysius Sagredi 2011-05-26 09:57:59 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Mag, 2011
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Una sinfonia fantastica

“Aveva quasi completato il giro delle sale alla Scuola Granda di San Rocco, a quell’ora praticamente deserte, quando si trovò di fronte a un trittico di ignoto dal titolo Le tre morti di Aloysius Sagredi. Il dipinto centrale raffigurava una morte per impiccagione, quello a sinistra per sbranamento da parte di abominevoli animali di fantasia, quello a destra per annegamento. Nella descrizione del trittico la guida parlava di una leggenda risalente al XVI secolo secondo la quale un uomo era stato condannato attraverso un maleficio a subire una triplice morte.”



Il fantastico è un genere in cui, più di ogni altro, è possibile dare sfogo alla propria fantasia e Renato Pestriniero di creatività ne ha in misura notevolissima, come lo dimostra in questo romanzo ambientato in una Venezia non da cartolina quale conosciamo, ma da corpo pulsante, quasi un’entità autonoma a sé, capace di incantare, ma anche di stordire, di far passare senza accorgersi il limite apparentemente invalicabile fra realtà e sogno, in un coacervo di sensazioni che lentamente avviluppano il lettore in una tela di ragno dalla quale si cerca di fuggire, ma nella quale si è contenti di restare.
La vicenda, avvincente e coinvolgente, è di quelle che di certo non ci si aspetta, ma se agli inizi è difficile, anche se non impossibile, esserne attratti, pagina dopo pagina diventa quasi un’ossessione, alla ricerca di una fine che poi ci si domanderà se è quella vera, o se anche noi, stregati da calli e canali, siamo condizionati da un’irrealtà alla quale piacevolmente ci siamo abbandonati.
In una eterna lotta fra il bene e il male si combattono entità sconosciute, l’una tesa a riportare al khaos e l’altra al kosmos universali, e come pedine di un’immensa scacchiera vengono mossi tre personaggi dai cognomi assai simili e che da lì a poco compirano i medesimi anni lo stesso giorno. E’ un combattimento titanico, senza esclusione di colpi, e grondante di sangue, in una città con un fenomeno dell’acqua alta superiore al consueto, in cui tutto sa di astratto pur nella concretezza di una realtà vecchia di secoli.
Non tutto ciò che appare è quel che è, e quel che può sembrare bene è invece il male e viceversa, due facce dello stesso foglio, in cui quella in ombra, se girata, viene alla luce.
Pur se predominante l’aspetto gotico ci sono tuttavia ricorsi alla fantascienza e anche all’horror, quest’ultimo che si trasforma da psicologico a realistico con una moltitudine di ratti di fogna deliranti nel loro continuo appetito e che invadono la città, una scena descritta talmente bene da avere l’impressione di assistere a uno spettacolo cinematografico.
Su tutto, comunque, prevale l’aspetto onirico, con il continuo ricorrere alla metafisica per cercare risposte, per disancorarsi da una realtà troppo restrittiva per poter comprendere i fondamenti dell’esistenza, e questo è l’elemento che più di altri, che pur sono di ragguardevole fattura, impreziosisce e nobilita questo romanzo, che alla fine, a differenza di molti altri di genere, non vuole solo stupire, ma invita, quasi perentoriamente, a riflettere.
Devo ammettere che i primi capitoli non mi hanno attratto in modo irresistibile, complice una certa verbosità nel rapporto fra uno dei protagonisti e una ragazza, ma poi, quasi all’improvviso, ormai calato evidentemente in questo lungo sogno, ne sono diventato parte e allora tutto è cominciato a scorrere come un fiume in piena, rotto ogni indugio, superata ogni apparente difficoltà; mi sono lasciato andare, ho amato quest’atmosfera fra il torbido e l’irreale, e ho proseguito diritto, quasi con impeto, fino all’ultima pagina, un finale che non chiude l’opera, ma che lascia spazio ad altre interpretazioni, spiazzante quindi, ma che proprio per questo mi ritorna ogni tanto, con un invito alle più svariate riflessioni nella infinita ricerca di ciò che siamo.
E come tutti i sogni, il risveglio ce li fa rammentare in una misura non ben definita, un ricordo degli aspetti salienti che si riaffaccia e che invita a porsi domande, uno stimolo inconscio frutto di un’irrealtà che nello scontrarsi con la concretezza di ogni giorno dimostra che l’esistenza non è solo un continuo svolgersi di tempo da un’alba a un tramonto, ma che c’è ben altro che possiamo cercare di scoprire liberandoci dall’arida essenzialità del presente.
Le tre morti di Aloysius Sagredi è un libro stupendo, una perla preziosa che va ben oltre la sua impropria classificazione di romanzo di genere fantastico.


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