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Tutti i colori del mondo
 
Tutti i colori del mondo 2012-10-25 14:03:01 giuse 1754
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giuse 1754 Opinione inserita da giuse 1754    25 Ottobre, 2012
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Il confine tra normalità e pazzia

Io non conosco il confine tra la normalità e la pazzia. A volte la normalità è permeata di sensibilità esasperata, è un sentire che va oltre le apparenze, fino a spingersi avanti nel tempo, a prevedere eventi non ancora accaduti. In alcuni casi la cosiddetta normalità sfiora la pazzia, la anticipa con comportamenti
che non tengono conto della realtà, ma si rivolgono prevalentemente al proprio mondo interiore.
Noi siamo ciò che pensiamo di essere o la nostra essenza è definita da come gli altri ci vedono, ossia: sono gli altri che ci attribuiscono una determinata caratteristica della mente, come può essere la pazzia o questa è una condizione oggettiva?
Tanti sono gli interrogativi che ci si pone dopo la lettura di questo libro, finalista al premio Campiello. Sinceramente all’inizio mi sono chiesta cos’avesse di particolare questo romanzo per essere inserito in una rosa di selezionati tanto prestigiosa.
E’ una lunga, dettagliatissima lettera, che nella prima parte risulta a volte anche un po’noiosa nel suo lirismo puritano di stampo tardo-ottocentesco, che Teresa scrive a Vincent Van Gogh , ospite per qualche giorno della stessa famiglia di Gheel “il paese dei matti”, Giallo in italiano, dove Teresa è stata accolta.
Teresa è figlia di una pazza morta mentre la metteva al mondo e il dottore che l’ha in cura, per non rinchiuderla in un orfanotrofio, la fa passare ufficialmente per matta affinché possa avere un vitalizio e possa essere accolta come da tradizione da una famiglia del posto.
Teresa si innamora di Van Gogh e intuisce in lui le potenzialità del grande artista. A Montanaro piace immaginare che sia proprio lei a regalargli i primi colori.
Poi c’è una seconda parte, dove la vicenda di questa orfanella, alla prese con il primo e immaginario amore, si trasforma in un incubo kafkiano.
La burocrazia , grazie alla quale Teresa Senzasogni ha usufruito di un assegno che avrebbe dovuto servirle a raggranellare la dote, si vendica rinchiudendola in manicomio, dove subirà ogni genere di esperimento e di tortura, con un epilogo decisamente inaspettato.
Quindi, alla fine mi sono dovuta ricredere e ribaltare le mie prime impressioni. E’ un romanzo tutt’altro che banale, non facile forse, ma tocca alcuni dei temi che mi sono più cari: il peso del destino (della nascita in determinate circostanze con tanto di DNA a reclamare il suo peso ) nella nostra vita, la riflessione sul rapporto tra normalità e creatività.

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Grazie per la segnalazione, Giuse!
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