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Quer pasticciaccio brutto de via merulana
 
Quer pasticciaccio brutto de via merulana 2013-06-18 06:09:28 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Giugno, 2013
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La vita e questo romanzo sono un “garbuglio”

La vita è un gran “garbuglio” e inutili sono gli sforzi per dipanare la matassa, tanto ciò che è resta e a questo concetto sembra improntarsi l’azione svogliata del Commissario della Squadra Mobile di polizia Francesco “Don Ciccio” Ingravallo, sulla cui esistenza tutto sommato tranquilla cadono pressoché contemporaneamente le indagini per due misfatti perpetrati nello stesso stabile di via Merulana: un furto a colpi di pistola nell’appartamento della contezza Menegazzi e poi addirittura l’omicidio della sua dirimpettaia, l’affascinante signora Balducci, grande amica dello stesso Ingravallo, peraltro nascostamente innamorato di lei.
Siamo negli ultimi anni venti, con il fascismo che ha consolidato il suo potere e che aspira a mostrare al mondo un’Italia ordinata, sicura, senza fatti delittuosi, un po’ con l’efficacia di leggi eccezionali, ma soprattutto con il bavaglio alla stampa che di certe cose non deve dar risalto. Ma se è possibile condizionare i giornali, è assai difficile imbrigliare la voce popolare, sempre sensibile a fatti di sangue, soprattutto quando le vittime non sono personaggi oscuri.
Quindi si deve arrivare il prima possibile alla soluzione, oppure, in caso di esito sfavorevole, si rende necessario calmare le acque, sotterrare piano piano vicenda e personaggi, in modo che il nostro “Mascellone” possa ostentare in tutta sicurezza la sua grinta leonina.
Quasi a passo di gambero procede Ingravallo, nel mentre la vox populi .deforma e amplia la realtà, cosicché tutti diventano sospettati, ma non perseguibili, in quanto del reo o dei rei non c’è il benché minimo indizio. E alla fine questo giallo resterà irrisolto, anche perché la vicenda è solo un pretesto a cui l’autore ricorre per mostrare da un lato le ipocrisie del fascismo e dall’altro per guardare con sospettosa ironia la vita, come se questa fosse una grande opera incompiuta, senza né capo né coda, nonostante che gli uomini si arrovellino, non proprio tutti, ma una buona parte, per trovarne il senso, per venire a capo di un garbuglio che diventa sempre più intricato.
E’ una visione pessimista dell’esistenza sorretta tuttavia da una vena di sottile autoironia che salva l’opera dal rischio di scivolare nel ridicolo, un romanzo che in altre mani sarebbe proceduto veloce e senza intoppi, pur senza giungere a una canonica conclusione, ma che, a mio avviso, risulta gravato da digressioni spesso inutili, non pertinenti, e da un linguaggio del tutto inventato (una sorta di romanesco italianizzato) che se, sporadico, sarebbe caratteristico, ma che invece quasi sempre ripetuto finisce con lo stancare, anche perché l’autore non si propone, bensì si impone al lettore e questo è un grave errore, una mancanza non solo di umiltà, ma anche di professionalità.
Comprendo che lo scrittore ha cercato di coniare un linguaggio nuovo, ma ciò non deve essere fine a se stesso, perché la parola è e deve essere considerata solo un mezzo con cui viene portato avanti un discorso, con cui si lancia un messaggio, un tramite quindi per comunicare.
E pensare che Gadda viene considerato uno dei grandi della letteratura e può anche essere che lo sia, soprattutto per una certa cerchia di critici che ha ignorato a lungo degli autentici “grandi”, fra i quali, tanto per fare un nome, Primo Levi, il più grande scrittore italiano del XX Secolo.
Vorrà dire che io non sono capace di giudicare, né io ho mai avuto del resto la pretesa di essere considerato una voce prestigiosa; in fondo sono un semplice lettore che azzarda delle critiche e se i miei giudizi possono apparire fuori luogo, però da semplice lettore mi permetto di dire che questo romanzo è stato da me scarsamente gradito, sia per i contenuti, per niente profondi, sia per uno stile barocco pesante come un macigno.
Con ciò non voglio dissuadervi dal prenderlo in considerazione, ma è bene che sappiate quello a cui andrete incontro.

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Ciao Renzo, mi trovo perfettamente d'accordo con la tua recensione! Premetto che io ho letto questo romanzo anni fa e poi ho visto anche il film di Pietro Germi (che secondo me è meglio del libro!) e lo trovai poco scorrevole, con una trama ingarbugliata e poco chiara e con un linguaggio che, come anche tu fai notare, appesantisce il tutto. Io sono di Roma e leggo molti libri scritti anche un po' in dialetto ma quello di Gadda non sono riuscita ad apprezzarlo mentre invece l'ho ritrovato in Pasolini (entrambi non erano di Roma).
Letta tutta la critica entusiasta mi sono sempre sentita un po' stupida per non averlo saputo apprezzare ma oggi capisco che non sono la sola!! Grazie
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