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Sofia si veste sempre di nero
 
Sofia si veste sempre di nero 2013-07-25 03:38:19 Bruno Elpis
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Stile 
 
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4.0
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2.0
Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    25 Luglio, 2013
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Evviva i colori, Sofia!

La storia di Sofia, che si veste sempre di nero, viene raccontata in dieci capitoli-racconti, nel corso dei quali cambia anche il registro narrativo (si passa dalla forma impersonale, al tu narrativo, salvo scoprire nell’ultimo capitolo l’identità di Pietro, il narratore).
Sofia nasce in modo piuttosto traumatico, “minuscola e cianotica insieme a un bel po’ di sangue” (Prima luce).
Vive la fanciullezza nella paura che i genitori – Roberto e Rossana - si separino, alleggerita solo in parte dal rapporto con il coetaneo Oscar (Una storia di pirati): “Potranno guardare la loro isoletta senza pensare a questa prima estate, l’età dell’oro della pirateria”. Divorzio, rapimento e tumore sono tre parole incubo nell’infanzia di Sofia.
Dopo un fallito tentativo di suicidio (Due ragazze orizzontali), Sofia instaura un rapporto anticonvenzionale con la zia Marta (Sofia si veste sempre di nero), giornalista ribelle e fuori dagli schemi: “E’ che tu sei comunista dentro. Voi siete come i cattolici, vi fate un culo così perché credete nel futuro. Io voglio essere felice adesso”. In Sofia intanto si radica una certezza: “Io non voglio diventare così”. Così come i genitori.
Il rapporto con il padre (Disegnata dal vento) passa anche attraverso la sua bigamia pluriennale (“Non si sentiva un adultero, piuttosto un uomo devoto a due mogli”): “Un tema in classe dal titolo ‘Parla di tuo padre’. Scrisse che lei suo padre non lo conosceva, perciò non era in grado di svolgere il compito … le sarebbe piaciuto parlare del suo cane …”
L’adolescenza (Quando l’anarchia verrà) passa tra la scuola di cinema (“Sei una bambina ogni volta che rimetti piede in questa casa”) e la malattia del padre, colpito dal cancro: “A sedici anni sei andata via di casa per due motivi: quello ufficiale, per studiare teatro in città; quello reale per stare il più lontano possibile da lei (ndr: la madre)”.
Sofia si trasferisce a Roma (Le attrici), lì convive con altre due aspiranti attrici: la fatale Irene e la materna, protettiva Caterina: “Questa casa è imburrata e infarinata; è imbottita, ovattata, trapuntata, è un nido intessuto di paglia e di piume; è una casa a tenuta stagna, corazzata col piombo e sigillata col silicone”. Dopo la morte del padre, Sofia si guarda allo specchio e si intima: “Piangi”. “Che attrice sei se non sai piangere ogni volta che vuoi?” “Sta lì e si guarda e tutto quello che ha negli occhi è siccità”.
Dopo un flash back sulla figura del padre (Sulla stregoneria: “Roberto, che aveva appena cominciato a morire, si convinse di essere un uomo semplice in mezzo a donne complicate”), è tempo di tratteggiare la figura materna (Le cose da salvare): la scostante, volubile, incompiuta e nevrotica Rossana (“… due colpe: era stata incapace di educare sua figlia, così come di prendersi cura di suo marito”).
Finale tra il metafisico e il bohémien a New York (Brooklyn sailor blues), con avvitamento sulle storie di pirateria infantile.

Il mio giudizio su quest’opera, selezionata sino alla fase semifinale del Premio Strega 2013? Un libro che scava nel disagio esistenziale e lo riconduce ai rapporti familiari, un lavoro certamente non facile. E allora formulo la mia opinione saccheggiando le parole che l’autore mette in bocca al narratore Pietro, quando nell’ultimo capitolo giudica il film del balcanico Iuri: “… molte immagini erano belle: anzi … vere … ma stavano … come un mucchio di fotografie in una scatola: potevi fermarti a guardarne una e ignorare le altre, o sparpagliarle per terra inventando una trama tua …” “E’ un lavoro pieno di idee … Di gusto estetico, di pensiero. E soprattutto di vita. Ma non va da nessuna parte. E questa cosa all’inizio ti affascina, poi ti disturba, alla fine ti annoia e ti fa incazzare.” Al punto che io, Bruno Elpis, se avessi potuto, avrei affrontato Sofia a muso duro, le avrei chiesto di cambiarsi l’abito nero e di indossarne uno variopinto. Magari a fiori, anche fuori moda, purché colorato vivaddio!

Bruno Elpis

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Commenti

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Uh!! La suddivisione delle stelle e dal tuo giudizio alla fine della rece capisco cosa ti ha ammorbato!! Ecco...invece sono state le cose che di più mi sono piaciute...sarà la mia anima rock che lo ha trovato straordinario :PPP Ciao Bruno :))
Anche io sono per i fiori !! E chi se ne frega della moda, suvvia Sofia :-)
Questa volta il tuo commento più che pormi di fronte alla scelta: Lo devo leggere - Non lo leggerò mai... Mi ha posto delle domande e mi ha incuriosito.... Mi sembra di capire leggendoti, che anche tu esci frastornato, dubbioso, innervosito da questa lettura, quindi qualcosa va a toccare nel profondo (che non deriva certo dall'abbigliamento della protagonista)....
Per adesso, non avendolo letto, le consiglierei il grigio!
Grazie Cub e Kair per i simpatici commenti. :)
@ Gracy: ma anch'io credevo di avere un anima (con qualche venatura) rock!
@ Francesca: hai inteso bene! Me la prendo con il vestito come capro espiatorio, ma il mio pensiero è quello dell'ultimo paragrafo, togliendo le virgolette delle citazioni testuali! :)
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