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I vincenti e i perdenti
I mass media non servono per dare le notizie al pubblico, ma a impiantare in esso un pensiero, condizionare la sua opinione, influenzare il suo comportamento, il suo voto… Attraverso tecniche collaudate il mondo dell’informazione mente senza mentire e accusa senza accusare. È il quarto potere, bellezza, e fin qui nulla di nuovo. In Numero Zero però lo tocchiamo con mano, tutto ciò. Lo sentiamo nei dialoghi durante le riunioni, possiamo immaginarci le espressioni facciali e i luoghi. Possiamo renderci conto della reale considerazione che l’informazione ha della propria audience.
A più di vent’anni dai fatti del romanzo sembra che le cose non siano cambiate, e così come Manzoni usava i dominatori spagnoli del ‘600 al posto degli austriaci, Eco usa le redazioni degli anni 90 al posto delle attuali. E allora anche lui fa lo stesso gioco: insinuare, parlare d’altri mentre si riferisce ai protagonisti di oggi (il riferimento al magistrato dai calzini turchesi). Ma forse sono sempre gli stessi… Comunque, siamo nel…
Giugno 1992: i telefoni cellulari sono oggetti misteriosi alla portata di pochi, i dati sono salvati su dischetti, Tangentopoli è appena cominciata e, ancora in un mondo senza internet, i quotidiani hanno come unico avversario la televisione. La storia inizia come un thriller, con un omicidio, poi un flashback a scoprire come uno scrittore fallito si ritrovi a collaborare a un progetto fallito in partenza insieme a giornalisti falliti coordinati da un direttore naturalmente fallito anche lui, e a trovarsi inspiegabilmente in una situazione di estremo pericolo.
C’è un filo in effetti che corre lungo tutta la storia: il tema del perdente. Il protagonista, uno scrittore che si è fatto una cultura notevole anche senza essersi laureato, traducendo dal tedesco volumi dai temi più disparati, si ritiene un perdente “I perdenti hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte”. Ma qui tutti sono perdenti, l’imprenditore/editore che deve ricorrere a un giornale potenzialmente ricattatorio per farsi aprire le porte del salotto di chi conta, come anche la giornalista dagli strani ideali esterofili. Siamo perdenti anche tutti noi, abitanti di un Paese che non sa più cos’è l’indignazione.
Nonostante si tratti di un romanzo talmente breve e scorrevole che si legge con comodo in un weekend, la storia è densa di contenuti, affascinante per il suo ricostruire un complotto dal dopoguerra fino agli anni di piombo, con personaggi e dialoghi intriganti (l’imprescindibile Braggadocio su tutti) caratterizzati dal tipico umorismo di Eco.
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Commenti
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Complimenti, condivido anche io il tuo punto di vista sul libro e soprattutto sulla società, il tuo commento mi sembra abbastanza in linea con il mio.
Saluti
Riccardo
Laura
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