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Il sentiero dei nidi di ragno
 
Il sentiero dei nidi di ragno 2015-06-26 10:37:04 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    26 Giugno, 2015
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Casa dolce casa

Opera prima di Italo Calvino, pubblicato poco dopo la fine della guerra, “Il sentiero dei nidi di ragno” è un romanzo sulla Resistenza, ma non è tanto, come si potrebbe pensare, un racconto basato sull'esperienza dello scrittore, una cronaca dettagliata sulla partecipazione dell'autore alla lotta partigiana, anche se certamente ne rievoca i fatti, e quei fatti, quelle esperienze lo hanno ispirato.
Esso è più propriamente un libro sulla guerra in sé, e sui guasti, sulla violenza, sullo stupro che essa esercita sull'animo, sulla sensibilità e nel cuore dei più deboli, sui bambini in particolare.
Se nella “Ciociara” di Alberto Moravia lo stupro descritto non è tanto quello reale cui soggiacciono le vittime innocenti della guerra, ma quello, assai più crudele, perpetrato dall’assurdità, crudeltà e follia della guerra nei confronti della speranza di una generazione, ebbene anche il libro di Calvino in fondo è la storia di uno stupro, della violenza perpetrata verso il candore e l’innocenza dell’infanzia, e forse quindi una barbarie ancora più intollerabile.
Un libro per l’infanzia, a favore dell’infanzia, quindi, in un certo senso, e come ebbe a commentare lo scrittore Cesare Pavese, “Il sentiero dei nidi di ragno” è addirittura un libro fiabesco, un vedere le cose della guerra da un punto di vista di una favola, di un gioco, un gioco assurdo, inutile e crudele di cui neanche si riesce a capire bene le regole, in definitiva è un libro che presenta un punto di vista “basso”, una visione dal basso come appunto è la prospettiva vista con gli occhi dei bambini.
In realtà invece i bambini vedono oltre, usano oltre gli occhi anche il cuore, l’anima, tutto il loro essere, è una visuale ben più alta di quanto si possa immaginare, una visione elevata e perciò privilegiata, nobile, come appunto nobile è l'innocenza dei bambini prima che essa venga stuprata dalle brutture degli uomini.
Per questo, in particolare, i protagonisti non hanno nomi propri ma nomignoli, soprannomi, nomi di fantasia, proprio come nelle favole, quasi a rimarcare il punto di vista del piccolo protagonista: per esempio i partigiani hanno nomi assai coloriti e caratteristici, Diritto, Lupo Rosso, Pelle, Cugino, Labbra di Bue, ecc.
Protagonista è Pin, appena dieci anni e già esperto, a modo suo, delle cose della vita.
Orfano di madre, privo di padre, abbandonato da Dio e dagli uomini e letteralmente costretto ben presto a cavarsela da solo e a badare a se stesso, cresciuto, si fa per dire, dall'unico affetto, la sorella, la Nera del Carrugio Lungo, che esercita la prostituzione, in particolare con i militari tedeschi, e perciò anche a rischio di collaborazionismo.
Pin è quello che si dice un ragazzo di strada, un monello, uno scugnizzo, un guitto; bisognoso di considerazione e affetto, bazzica per le strade liguri in cui vive, frequentando per forza di cose, più gli adulti che i coetanei. Con le logiche conseguenze. Sporco, lacero, cencioso e macilento, vive più per strada e nelle osterie che a casa o a scuola o nella bottega di calzolaio in cui è apprendista, trascorre assai più tempo a discutere e a litigare con i peggiori elementi adulti che a giocare con i coetanei. Pin elegge necessariamente gli adulti a unico esempio e li vede eroi, strani ma degni di fede perché adulti, e li imita, li scimmiotta, assorbe da loro il peggio dell’animo umano.
Eccolo tra i grandi nelle osterie invase dai fumi di sigaretta, eccolo tra gli uomini che annegano nel vino gli stenti e le preoccupazioni di una vita misera complicata e intristita dalla guerra e dall'occupazione tedesca, eccolo cercare di attirare se non l'affetto almeno l'attenzione e la considerazione degli adulti, la sua massima ragione di vita, cantando a voce alta canzonacce da osteria, usare un linguaggio sconcio adattissimo a quartieri malfamati ma non certo sulla bocca di un bambino. Eccolo raccontare storielle divertenti, ambigue e a doppio senso, eccolo prendere in giro tutti e tutto con la sua linguaccia maliziosa e irriverente.
Perchè Pin è piccolo, ma sveglio, è furbo, come tutti quelli costretti a crescere in fretta ed a cavarsela da soli ha la mente rapida e la battuta pronta, cerca in tutti i modi di farsi notare e di farsi apprezzare dal mondo degli adulti nel vano tentativo di mettersi pari a loro, senza invece capire che, in realtà, ha solo assorbito in questo modo quanto di più deleterio risiede nell'animo degli adulti.
E impreca e insulta, dice parolacce, spettegola, urla, canta a squarciagola, trascina la vita imitando chi rappresenta il suo mondo, e in cui testardamente tenta di entrare.
Senza considerare, e senza alcuno che glielo insegni, il suo essere comunque solo un bambino: canta canzonacce scurrili senza in realtà comprenderne il senso, declama la professione della sorella invitando gli astanti a frequentarla, senza capire però che gusto provino gli adulti nelle donne e nelle cose di sesso. Dal suo abituale cantuccio dietro un paravento, spia e sente nella massima normalità la sorella che s’intrattiene con i militari, ascolta, assimila, assorbe quasi fosse consuetudine comune, tutto ciò che di turpe esiste nell'animo umano, senza tuttavia comprenderne il senso, discernerne l'importanza, respingere l'influenza nefasta sulla sua mente e la sua crescita.
Pin è solo un bambino, e come tutti i cuccioli desidera solo, anche se non lo avverte coscientemente, affetto, amore, calore, quello che normalmente solo una casa, un affetto, una madre, un nido fornisce. Non ha casa in senso stretto, Pin, non ha affetto, ed ecco allora che nel suo vagabondare solitario nelle campagne s’imbatte in un sentiero, un sentiero un po' nascosto, un po' più difficile da trovare. E sul fondo di questo viottolo, in una strettoia un po' più nascosta e riparata, i ragni hanno tessuto le loro tele. Per Pin hanno fatto un nido, il nido dei ragni: poca importa al bambino se i ragni facciano il nido o meno, in realtà gli basta aver trovato un posticino riparato che sente solo suo, un posto segreto, un rifugio sicuro, un sentiero dei nidi di ragno, di cui lui solo è a conoscenza, la proiezione inconscia del proprio nido personale di cui sente tanto la mancanza, anche senza saperlo.
Un posto suo, un posto segreto, di cui lui solo è a conoscenza e di cui quindi può permettersi il lusso di condividerlo solo con chi nutre la sua assoluta fiducia.
Gli adulti continuano a considerarlo un bambino, più spesso un moccioso divertente o fastidioso a seconda dei momenti, che fa ridere con una canzonetta o una battuta, o ti irrita con qualche presa in giro stizzosa e crudele; e tuttavia non esitano ad usarlo, ad abusare di lui nella loro grettezza.
Così, quando gli adulti dell'osteria si vedono costretti dagli eventi bellici e dalle pressioni della Resistenza a schierarsi e a dar luogo ad azioni partigiane, non esitano a rivolgersi al bambino, stavolta trattandolo come un loro pari, perchè si appropri della P38, la pistola d'ordinanza del militare tedesco che abitualmente si accompagna con la sorella.
Il bambino, affascinato dai discorsi degli adulti, di cui assorbe avidamente quello che vede come un linguaggio segreto, per iniziati, come per esempio GAP (gruppi di azione partigiana) o Sten (mitragliatore di marca inglese), pur senza nulla comprendere, non esita a portare a termine il rischioso incarico, nascondendo la pistola all'insaputa di tutti appunto nel suo luogo a lui più caro, il sentiero dei nidi di ragno. La pistola rappresenta per Pin il suo personale talismano, il suo lasciapassare per il mondo degli adulti e della loro considerazione. Si vede come un eroe, un coraggioso, uno stimato partigiano invincibile, il fascino malefico dell'arma, provata su un povero rospo, capace di potere di vita e di morte, lascia il suo marchio anche nell'animo innocente del bimbo. Sennonché al furto segue il rastrellamento tedesco, e l'arresto di Pin, rinchiuso in prigione e maltrattato, torturato, picchiato come e più di un adulto, per carpirne informazioni che certo il bimbo non è in grado di fornire. Forse è la prigione il primo incontro di Pin con il lato più brutale e snaturato della guerra, tra le botte, le sofferenze e le torture a cui è sottoposto e quelle a cui assiste propinate ad altri, primo tra tutti il vecchio Pietromagro, il ciabattino suo vecchio datore di lavoro.
Perciò non esita a fuggire insieme al giovane partigiano Lupo Rosso, a nascondersi e a darsi alla macchia, incontrando prima un altro partigiano, Cugino, con cui instaurerà un affettuoso e fiducioso rapporto di confidenza, senza sapere, capire o finanche sospettare di trovarsi di fronte ad un vero e proprio misantropo, un killer partigiano, che eleggerà come amato e adorato unico amico, il surrogato del padre che non ha mai avuto, l’unico di cui è certo non sarà mai tradito né niente gli sarà mai nascosto. Si fida il piccolo Pin solo di Cugino, ed è felice di aver finalmente trovato questo che considera l’unico affetto veramente sincero della sua esistenza, al punto da “prestargli” a richiesta quella che considera la “sua” pistola. Senza sapere, il povero piccolo, che ancora una volta gli adulti forniscono prova della loro miseria, ancora una volta la mostruosità della guerra rende mostri gli uomini: Cugino chiede in prestito la pistola di Pin, assai meno ingombrante di un mitra, all’unico scopo di giustiziare freddamente con questa la Nera del Carrugio Lungo, la prostituta sorella di Pin, rea di collaborazionismo con i tedeschi, con cui in realtà si accompagnava per vivere.
Questo il bambino, voce narrante del libro, non lo sa, non lo dice.
Non sa che finanche Cugino l’ha ingannato, anzi continua il piccolo a sentirsi meravigliosamente felice che il suo unico, vero e sincero amico abbia rinunciato ad andare con la sorella per le incomprensibili cose di sesso per stare invece con lui, non sa il piccolo e innocente Pin che la guerra ha ingannato e stuprato la sua innocenza: e le lucciole nell'aria gli sembra che siano lì apposta per il solo scopo di illuminare il cammino che magari lo porterà, chissà, a un nido, a un suo nido, tutto suo, piacevole, caldo, accogliente, un nido qualunque sia, anche un semplice nido di ragni.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Calvino, Moravia e in generale a chi odia la guerra e i suoi orrori fisici e morali.
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Commenti

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Il tuo commento, Bruno, è davvero interessante.
Condivido il punteggio assegnato. un libro mirabilmente in equilibrio fra immaginazione infantile e cruda realtà.
In risposta ad un precedente commento
Bruno Izzo
29 Giugno, 2015
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In verità, è un libro che lessi per la prima volta parecchi anni fa, e assolutamente per caso, proprio perchè all'epoca ero "preso" da Cesare Pavese, e Pavese ne consigliava la lettura. Un buon consiglio, dato che mi piacque...e sono andato a rileggermelo velocemente di recente. Perchè su questo libro era basata una traccia della prova di maturità di quest'anno; come dire, un deja vu. E di lì a commentarlo qui sopra il passo è stato breve. Ciao!
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