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Una parete sottile
 
Una parete sottile 2015-12-08 08:56:43 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    08 Dicembre, 2015
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Anima musicale

Di che adolescenza siamo?
Sì, perché l’adolescenza che abbiamo abitato non solo ha contribuito a strutturare la nostra adultità, ma è rimasta dentro come possibilità, come fiamma e lettura del mondo.
Credo a Vittorio Sermonti che ha definito Una parete sottile, un libro-persona. Toglierei il trattino. Non di autobiografia, si tratta, ma del giornalista Enrico Regazzoni, un uomo che scrive partendo da sé, dalla sua lettura della trasformazione e della rinascita. I fatti non corrispondono alla vita dello scrittore, ma il processo di crescita, sì.

Se il primo romanzo prende forma a 67 anni, contiene la sapienza, il sapore degli anni in cui ha germogliato in silenzio la coscienza della vita. Il libropersona, allora, rende testimonianza dei tempi, degli spazi, delle riflessioni nell’adattamento e nell’attaccamento: è l’itinerario che ogni essere umano compie per divenire persona. Come lettrice ho un’adolescenza da ascoltare, da leggere e da utilizzare per capire e per ripartire.

Nel romanzo, un giovane adolescente, con l’orecchio sistematicamente appoggiato alla parete della sua stanza, ascolta le note del pianoforte suonato da una vicina di casa. La musica è la realtà, è l’occasione di accedere al limite, attraverso l’esperienza del dolore quotidiano. E, così, assistiamo, e ognuno/a per sé, partecipiamo alla formazione di un genitore normativo interiore sano.

La lettura affettuosa e tenera dell’adolescenza ripercorre l’idea della morte, del dolore, dell’amore, della vita, rinforzando l’importanza di una pianista personale, di una figura di riferimento che, anche a sua insaputa, ci accompagni, esistendo. Il cammino verso l’autonomia e la libertà si delinea con il desiderio e la fantasia, con la struttura della visione esistenziale, con l’analisi di realtà.

L’invito è a recuperare l’adolescenza come “accademia dell’io”(p.149), come “laboratorio di sogni e di realtà”(p.134), in qualunque momento di vita.

Ci vuole spazio, tempo, ci vuole musica per diventare grandi. La solitudine prepara e precede il cambiamento che, a chi guarda dall’esterno, sembra naturale e che, interiormente, ha avviato nuove trasformazioni armoniose. Spesso, la stanza ritorna come cavità mitologica, come luogo privilegiato dello studio e dell’ascolto, perché “ciò di cui siamo fatti, è stato qualche volta musicale” (Pessoa, Licantropia)

L’augurio della stanza a Sandra. Fuori piove. Per dire, del libro, grazie.
“La percezione del tempo, per quanto ho appreso negli anni, è gemellata con la percezione di sé, e i giorni accelerano la loro corsa man mano che la nostra identità si definisce. Non è tanto l’attività a spronare le lancette dell’orologio, quanto la vita interiore: un essere umano consapevole vive più intensamente, forse, ma di certo più in fretta, perché il pensiero di noi stessi ha una sorta di fissità che ci fa apparire prodigioso il ritmo col quale i minuti ci scorrono a fianco…. E più cresce il passato più si fa ingombrante la riflessione su chi davvero siamo, fra i tanti possibili noi, e il tempo residuo, sempre più esile, è anche sempre più veloce, e la sola diga sarebbe il presente, se sapessimo abitarlo con determinazione.”p.36

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Commenti

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08 Dicembre, 2015
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Bellissima recensione, ricca di spunti, vado subito a rileggerla! Libropersona, coscienza della vita, di che adolescenza siamo...genitore normativo interiore sano, Pessoa...complimenti!!
Grazie. Confidiamo nei libri
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